Alfredo Molano ha percorso questa regione del Norte de Santander per disotterrare le traccie della violenza e rivelare il costo delle cosiddette allenze produttive.
I. Ricordando Luis Carlos Restrepo
Il 5 dicembre 2004, Nicolás, vedendo un elicottero verde dal quale scesero due generali, per mera precauzione – “perché non uno sapeva chi fosse chi” – si riparò in un campo di stoppie. I militari guardarono, misurarono, e quando stavano per andarsene, un altro contadino corse a vedere che era quella agitazione. Faremo un accampamento per la smobilitazione, gli dissero gli ufficiali. Una parola che la gente comprese solo quando arrivarono i primi paramilitari. I militari avevano già preparato il campo, inclusa l’istallazione di alcuni bagni portati da Luis Carlos Restrepo, alto commissario. Il giorno seguente arrivarono i paramilitari: 700 guidati da Mauro; successivamente lo stesso Mancuso con altrettanti. Il 10 dicembre atterrarono i generali, i vescovi, i giornalisti, gli alti funzionari e, chiaramente, i fotografi. Mancuso consegnò una pistola Beretta 9 mm. Si smobilitarono 1.434 e consegnarono 1.115 armi.
Nicolás è un contadino di Ragonvalia che arrivò a La Gabarra nel 1995 per raccogliere la coca. Risparmiò alcuni pesos e si sposò. Quando arrivò il primo figlio lavorò nell’azienda Brisas del Sardinata. In quei giorni la guerriglia aveva attaccato la caserma della Polizia un paio di volte e l’Esercito passava di tanto in tanto. Le Farc erano la legge; comandanti, giudici e sindaci. Facevano estorsioni, raccoglievano imposte da cocaleri, raspachine (raccoglitori di foglie di coca, n.d.t.) e portatori (di coca), anche se a Campo Dos la coca era coltivata su piccola scala. La guerriglia aveva installato un posto di blocco per controllare il passaggio dei passeggeri e della mercanzia.
Quando arrivarono i paramilitari e la guerriglia fuggì – ricorda – riunirono il popolo e informarono che da quel momento comandavano loro. Nicolás racconta: “Alle 5 della mattina bussarono alla mia casa. Mi puntarono un fucile alla testa: ‘Oggi muori, figlio di puttana, prega e piangi’”. Passai 24 ore legato aspettando gli spari. Non mi uccisero, ma toccò servirli: erano arrivate cento unità da La Gabarra. Alcuni guerriglieri diventarono informatori. Per rafforzare la propria autorità uccisero un collaboratore della guerriglia trascinandolo per il paese fino a che non smise di muoversi. Erano abituati al sangue, venivano dopo aver fatto il massacro di La Gabarra. Misero un posto di blocco nello stesso luogo dove funzionava quello della guerriglia.
II. Il bagno di sangue
Il paramilitarismo nel Catatumbo fa parte di una strategia che ha la sua origine nel Magdalena Medio, ad Aguachica e a San Martín, Cesar. Dopo lo sciopero del Nordoriente, la guerriglia aveva molta forza. La prosperità cotoniera era andata in crisi, i raccoglitori rimasero disoccupati, il commercio crollò e le coltivazioni di marihuana e coca si diffusero. Allevatori e commercianti erano sequestrati; la guerriglia reclutava giovani senza lavoro. La situazione divenne insostenibile per gli impresari. Con l’appoggio della Polizia apparirono Los Masetos, comandati dai frattelli Prada. Si allearono con Carlos Castaño, Mancuso e Jorge 40 per invadere il Catatumbo, ricco di coca, petrolio e contrabbando. Nella formazione di questo blocco giocarono un rilevante ruolo il maggiore dell’Esercito Jorge Alberto Lázaro Vergel, comandante di Aguachica, e un tenente del battaglione Santander, di Ocaña. 280 uomini armati, con la protezione dell’Esercito e della Polizia, partirono da una tenuta di Aguachica su 7 camion verso El Tarra, Tibú e La Gabarra.
Era l’epoca in cui monsignor José de Jesús Quintero Díaz, vescovo della diocesi, era stato sequestrato dall’Epl. I paramilitari – ricorda Alcides, testimone oculare – arrivarono vestiti di azzurro, molti con passamontagna e fucili. La luce andò via quando entrarono nell’hotel El Río e presero uomini e donne che – si seppe dopo – erano negozianti di coca. Li assassinarono nell’oscurità. Il parroco cominciò a suonare le campane della chiesa con la speranza che l’Esercito Nazionale giungesse in aiuto. Non udirono nulla. Non avevano finito di assassinare la gente quando tornò la luce. Allora si sparpagliarono a tirar fuori dalle loro case i segnalati e ad ucciderli in strada. Il parroco suonò le campane fino all’alba quando girò per il paese dando le estreme unzioni. Contò 49 cadaveri e 112 scomparsi, molti dei quali dopo tre giorni scesero lungo il fiume squartati. Il maggiore aveva detto che erano meglio gli scomparsi perché i morti facevano molto rumore. Furono denunciate più di 200 scomparse. Al massacro di La Gabarra di quel giorno, 21 agosto 1999, ne seguirono altri che permisero ai paramilitari il controllo totale del Catatumbo, porta orientale di un corridoio che univa il Venezuela con l’ Urabá.
Secondo il rapporto del Collettivo Luis Carlos Pérez, i paramilitari del blocco Catatumbo, tra il 1998 ed il 2005, assassinarono per lo meno 11.200 persone, sfollarono più dei 19.000 famiglie e commisero 60 massacri. Gli scomparsi sono 600, secondo 2.500 denuncie. Le vittime possono essere 114.000. Secondo il Codhes un simile terrore obbligò 40.000 persone a fuggire. Le organizzazioni popolari furono distrutte, le relazioni sociali, interrotte. La gente fuggiva e la terra rimaneva abbandonata, i suoi prezzi crollarono. Le vendite e le permute si generalizzarono. Coloro che godevano della protezione paramilitare o della forza pubblica fecero fortuna. La composizione dei settori proprietari finì con il trasformarsi a fondo. Così fu preparato il terreno per nuovi usi del suolo e nuove forme di possesso.
III. Irrompe la palma
Tre anni dopo l’arrivo dei paramilitari nel Catatumbo nacque il progetto della palma da olio, attraverso il programma presidenziale di sostituzione delle coltivazioni illecite, Plante, preparato fin dal 2001, anche se nel 1995 era già stato annunciato. Un dirigente ricorda: “Noi contadini di La Llana, La Soledad, Llano Grande, Campo Tres e Brisas sollecitammo al Ministero dell’Agricoltura la costruzione di un minidistretto per l’irrigazione. Il viceministro di quell’epoca, Carlos Fernando Barco, disse che quello era molto costoso e che ciò che era stato programmato per il 2005 era di piantare palma e canna da zucchero per produrre biocombustibili”. In effetti, in quasi tutte quelle stesse frazioni del corregimento Campo Dos furono insediate 143 famiglie in 1.000 ettari, come progetto pilota per la sostituzione della coca con la palma, finanziato dall’USAID, con un investimento di 4.353 milioni di pesos, i cui operatori furono Chemonics – impresa chimica statunitense – e la Cooperativa Palmas de Risaralda. Così furono inaugurate le tanto strombazzate “alleanze produttive”, una idea che impose Carlos Murgas quando era ministro dell’Agricoltura di Pastrana: si associavano i contadini a grandi produttori o venditori di palma mediante patti economici.
A Campo Dos, le 143 persone fecero parte dell’Associazione Sindacale dei Produttori di Palma Africana di Campo Dos, Asogpados. I soci non erano tutti contadini né tutti della regione. E non tutti i contadini coltivavano coca, si coltivava mais, riso, cacao e si allevava bestiame; la coca era una attività marginale su piccola scala. Le grandi coltivazioni erano a La Gabarra, a otto ore dalla strada.
Promotora Hacienda Las Flores, di proprietà di Carlos Murgas Guerrero, dava assistenza e forniva i semi di palma, A Montes de María, Murgas sviluppò una identica strategia. In ambedue le parti il successo fu costatabile e pubblico. Oggi ci sono nel Catatumbo 14 associazioni di produttori di palma che coltivano circa 12.500 ettari e producono 125.000 tonnellate di frutti annuali. Promotora las Flores è l’alleato commerciale – o organizzatore – di tutte queste.
Lo schema generale dell’alleanza non è così semplice. Il produttore – piccolo o medio – apporta la terra e la mano d’opera. Gli associati ricevono un prestito dal Banco Agrario – del quale Murgas era stato uno dei fondatori – con fondi della Finagro, che oscilla tra i 4 e i 5 miliardi di pesos, a 12 anni. Il Fondo Nazionale di Garanzia garantisce il credito e l’Incentivo di Promozione Rurale (ICR), l’operazione. Le risorse vengono amministrate attraverso una fiduciaria. I crediti sono solidali, ossia la rispettiva associazione risponde di quelli in prima istanza, ma chiaramente, se il socio non può pagare, l’associazione rimane con la terra, che è il pegno reale dell’affare.
L’alleato commerciale – Promotora Hacienda Las Flores – fornisce i semi, i fertilizzanti – un piano per fertilizzare 10 ettari costa 12 milioni di pesos annuli –, i funghicidi e l’assistenza tecnica. La Promotora amministra i crediti, pertanto sconta i debiti acquisiti dalle associazioni, naturalmente, con la banca; la differenza viene cosegnata ai produttori, che sono obbligati a vendere il frutto alla Promotora Hacienda Las Flores per 25 anni. La frutta è consegnata e pesata a Tibú e trasportata fino all’impianto di estrazione del biodiesel a Codazzi, Cesar. Infine, Las Flores trattiene una quota per la costruzione a Tibú di un impianto di biodiesel che sarà una impresa mista composta per il 49% del capitale dalle associazioni e per il 51% dalla Promotora. L’impianto è stato promesso fin dal 2005 e verrà costruito quando verrà inaugurata la base militare. Per come io intendo le cose, il signor Carlos Murgas, fondatore e principale azionista del gruppo imprenditoriale Hacienda Las Flores – Hacienda Las Flores, Murgas & Lowe-Dami Las Flores, Oleoflores, Fundeflores-Fundemaría, Promotora Hacienda Las Flores S.A. –, che ha lo stesso affare di alleanze produttive nel Magdalena Medio, nei Montes de María e nel Cesar, controlla il processo da un capo all’altro: avalla e gestisce i crediti con il Banco Agrario, succursale El Prado a Barranquilla – agenzia dove è stato messo in moto il programma Agro Ingreso Seguro –, vende i semi e presta assistenza tecnica e dopo compra tutta la produzione di frutta ad un prezzo determinato dalla borsa di Rotterdam. Murgas potrebbe non avere un solo ettaro a palma e amministrare tutto l’affare dato che usufruisce di un vero monopolio istituito e protetto dal Governo. Tutta la palma di quella grande area che attraversa il paese dal Catatumbo ai Montes de María e che si proietta – dico io – a raggiungere la conca del rio Atrato è controllata dalla stessa compagnia.
IV. Il problema della terra
Nel 2009 il Governo scoprì nel Catatumbo un massiccio acquisto di terre da parte di una persona giuridica, Bioagroindustrial de Colombia, amministrata da una persona naturale, il signor Murgas. “Uno degli ultimi terreni acquistati da Bioagroindustrial, la tenuta Finlandia, di 86 ettari, fu pagata 21.7754.000 di pesos. Come dire, a 253.157 pesos all’ettaro”. Lo stesso giornale ha informato che: “L’acquisto massiccio di terre nel Norte de Santander si è esteso a El Carmen, Convención e Gramalote. Anche cooperative di paramilitari smobilitati ci sarebbero dietro le offerte, per progetti agroindustriali”. Nel Catatumbo oggi ci sono circa 20.000 ettari di palma e si pensa di arrivare in un paio di anni a 50.000, date le condizioni di umidità e di esposizione solare. Non tutti i coltivatori lavorano con questo schema. Ci sono grandi produttori che hanno coltivazioni in altre regioni e che non sono obbligati a vendere i frutti a Murgas. E un altro gruppo, Los Costeños, arrivati recentemente nella regione e nell’attività, che – si dice – abbiano legami con il narcotraffico. L’espansione della palma è così rapida e massiccia, che ci sono imprese che hanno comprato intere frazioni come quelle di El Milagro, Líbano, M25, P30. Per questo a Campo Hermoso, Cerro Madera, Caño Indio sono state chiuse le scuole: non ci sono più famiglie contadine nelle zone della palma.
Si potrebbe dire che la maggioranza dei coltivatori di palma ha acquistato le proprie terre e i loro titoli dal 2000 in poi, cosa che mette sul tavolo la storia delle scritture. Il terrore paramilitare attivò il mercato delle terre con una rilevanza nell’offerta di tenute a basso prezzo, quando non la mera sostituzione del possessore o la vendita coercitiva. Così i prezzi della terra prima della Legge di Giustizia e Pace caddero e il prezzo per ettaro arrivò a 50.000 pesos. I contadini abbandonavano la terra o la vendevano a molto buon mercato. I massacri seminarono i terrore e in quel fiume disordinato furono fatte una infinità di transazioni e si creò un vero caos giuridico. Molti erano privi di titoli differenti dal mero possesso; altri, avendoli, li trasferirono e molti altri abbandonarono la terra. Così tra coloro che possedevano la terra e coloro che oggi la possiedono esiste una aggrovigliata storia che può iniziare con un prestanome e terminare con affari in buona fede.
Si tratta di un continuum difficile da chiarire da parte dei giudici agrari che hanno creato la Legge per le Vittime. In ogni modo è un tema di cui nella regione ancora non si è cominciato a parlare, ma già si teme che molto presto scenderanno in campo i difensore armati dello statu quo. Molti affari di terre sono stati ripuliti nelle notarie e negli uffici di registro, ed oggi i loro titolari fanno parte delle associazioni di palmicultori e di una o l’altra grande impresa.
V. Le alleanze produttive
Oggi nel Catatumbo le popolazioni si muovono. A Tibú, La Gabarra, El Tarra, Sardinata, l’attività è frenetica. Non solo a causa della palma, perché le coltivazioni di coca continuano a produrre; il contrabbando di benzina e di bestiame aumenta, lo sfruttamento petrolifero non cessa, come nemmeno quello delle cave e dei fiumi per estrarre materiali da costruzione. Con la crescita dei mercati dell’India e della Cina i prezzi dell’olio di palma si mantengono o crescono poco a poco. La Colombia è il quinto produttore mondiale, con qualcosa più di 350.000 ettari di palma piantata, che Uribe promise di aumentare a 800.000. Nonostante un nuova malattia, putrefazione del cuore (PC), l’offerta aumenta. Nonostante ciò, ci sono serie minacce. Il grande rivale dell’olio di palma è la soia, coltivazione che in Brasile, Perù, Bolivia e Messico è cresciuta molto rapidamente. D’altro lato, la Colombia non può competere con gli olii della Malaysia e dell’Indonesia per le oscillazioni del tasso di cambio, per il costo della terra, per l’infrastruttura dei trasporti e i costi per la sicurezza. In Colombia produrre una tonnellata costa 350 dollari, in Malaysia 250 e in Indonesia 150. Il 70% della produzione di olio di palma si consuma nel paese e pertanto i prezzi per ora si mantengono. Su questo piano ci sono minacce, ma non crisi.
Tutta la produzione legata alle alleanze produttive con Promotora Las Flores è trasformata in agrodiesel nell’impianto di Codazzi, che è di Oleoflores S.A. e che può processare 50.000 tonnellate di olio crudo all’anno. Il biocombustibile ha un mercato assicurato dal Governo che impone al diesel una aggiunta del 20% di biodiesel.
Il panorama sembrerebbe sereno, non solo per i grandi palmicultori, ma per i produttori associati in alleanze produttive e le aziende di commercializzazione. Nonostante ciò, le prospettive aperte dal TLC con gli USA potrebbero cominciare a preoccupare i fabbricanti di biodiesel. Il mercato statunitense di biodiesel è saturo ed ha bisogno di esportare la produzione dei suoi 150 impianti che lanciano sul mercato 1,5 miliardi di litri annuali. Che succederà se il TLC permetterà l’entrata – a dazio zero – della produzione gringa? Semplice: gli estrattori di olio smetteranno di comprare la frutta dai produttori. Detto meglio, sposterebbero il problema sui coltivatori.
Il meccanismo funziona anche con le oscillazioni dei prezzi dell’olio: ogni cambiamento sfavorevole per le aziende di estrazione e di commercializzazione può essere trasferito sui produttori. Oggi il 60% dell’olio di palma è prodotto da piccoli e medi, e le grandi compagnie optano per le alleanze produttive perché permettono di trasferire le incertezze e le contingenze dell’affare sui coltivatori associati, che quando sopravviene questa eventualità non possono difendersi. E la palma non è una coltivazione trasitoria.
In quale altro modo si potrebbe intendere l’interesse dei grandi negozianti di olio di palma e dei produttori di biodiesel per il modello delle alleanze produttive?
3/3/2012
El Espectador
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca |
Alfredo Molano, “Paramilitarismo y palma en el Catatumbo” in El Espectador, pubblicato il 03-03-2012 su [http://www.elespectador.com/impreso/judicial/articulo-330074-paramilitarismo-y-palma-el-catatumbo], ultimo accesso 23-04-2012. |