El Quimbo – “Ho portato alla luce un mostro politico ed economico”: Bladimir Sánchez


L’autore di “Il video che il Governo non vuole che noi vediamo”, è vittima di minacce che lo costringerebbero all’esilio. Il motivo: un suo reportage, pubblicato martedì, mostra come varie persone siano scacciate violentemente dalla Forza Pubblica dalla diga “El Quimbo”.

L’intera Colombia e vari paesi stranieri sono stati testimoni degli abusi che ha commesso la forza pubblica durante uno scontro contro i cittadini del Huila, grazie a “Il video che il Governo non vuole che noi vediamo”. Le immagini mostrano la resistenza che ha fatto un gruppo di cittadini di fronte lo sgombero portato avanti dal Governo per proseguire le opere di costruzione della diga “El Quimbo”, nelle frazioni situate lungo le rive del rio Magdalena nel dipartimento del Huila.

Il video è passato attraverso le reti sociali e in tre giorni ha raggiunto più di 700.000 visite e sta venendo tradotto in cinque lingue. Il suo autore, Bladimir Sánchez, è stato chiamato, tra i vari paesi,  dagli Stati Uniti, dal Brasile e dalla Francia per conoscere meglio l’argomento, e alcune università straniere vogliono inserire la registrazione di quanto accaduto a “El Quimbo”, tra le loro materie di studio sui diritti umani.

Nonostante ciò, Bladimir, di 29 anni e che da quattro anni sta indagando sul caso della diga di “El Quimbo”, non ha potuto approfittare di questo successo per colpa delle minacce che gli farebbero abbandonare il paese.

Semana.com: Si sarebbe immaginato ciò che avrebbe passato dopo aver pubblicato il video?

Bladimir Sánchez: Delle minacce? Sì. Chi ha letto la storia di questo paese sa che chi osa denunciare una verità è vittima della persecuzione. Ed io ho portato alla luce un mostro economico e politico.

Semana.com: A causa della gravità delle sue denunce qualcuno la ha persuasa a non rendere pubblico il reportage?

B.S.: Sì, c’è stata molta gente che non era d’accordo sul fatto che lo pubblicassi perché volevano proteggere la mia vita ed altri perché avevano molta paura. Io ho osato rivelare al paese e al mondo una verità con l’intenzione che non si continuino a ripetere queste atrocità e che questo non rimanga impunito. Sono un professionista della comunicazione e da molto tempo sono nel giornalismo comunitario.

Questo conflitto va avanti da quattro anni e ho sempre indagato tutti questi eventi, registrando tutte le assemblee. Ho elaborato sette progetti sullo stesso tema, tutti sono su YouTube, ma questo è stato quello che più ha richiamato l’attenzione.

Semana.com: Come sono cominciate le minacce?

B.S.: Il secondo giorno dopo aver pubblicato il video mi hanno telefonato e mi hanno minacciato, ma quelle che sono avvenute il giorno seguente sono state più forti, mi dicevano che ora mi avrebbero fatto sparire.

Semana.com: Ora ha la protezione da parte dello stato?

B.S.: Il governo non si è fatto vivo, lo hanno fatto alcune Ong ed i loro portavoce mi hanno detto che il Ministero degli Interni mi avrebbe chiamato ma non lo ha fatto. Approfitto di questa conversazione per dire allo stato che ho bisogno che mi proteggano.

Semana.com: Aveva pensato che il video avrebbe avuto in così pochi giorni quasi un milione di visite?

B.S.: Questo è il risultato di un processo di quattro anni di molto lavoro e finalmente si è riusciti a mostrare l’evidenza di una chiara violazione dei diritti umani, di come la Forza Pubblica abbia aggredito tutto un popolo. Ci sono state più di 700.000 riproduzioni e sta venendo tradotto in cinque lingue. Mi hanno chiamato giornalisti degli Stati Uniti, della Francia, e di altri paesi. L’obiettivo era di mostrare al paese che la locomotiva mineraria non è questo ma che è demolitrice, che lascia senza lavoro più di 400 famiglie, 3000 persone, e che il Governo non ha voluto sentire le comunità.

Semana.com: Come hanno reagito i pescatori e le persone che si sono scontrati contro gli squadroni dopo aver visto il video?

B.S.: Loro non conoscono Internet e non hanno accesso al video, ma questa mattina ho avuto l’opportunità di parlare in una emittente locale e di raccontare tutto ciò che era successo, allora mentre stavo ritornando a casa mia ho ricevuto una telefonata da uno dei pescatori, che mi ha detto che era molto felice che si fosse conosciuto ciò che era avvenuto. Ora loro sono soli perché ero io che li accompagnavo, ma per questo conflitto mi tocca ritirarmi qui senza poter uscire.

Semana.com: Conosce altra gente che abbia ricevuto delle minacce?

B.S.: C’è un’altra giornalista che è ugualmente minacciata.

Semana.com: Quali sono state le motivazioni che ha avuto per fare questo lavoro?

B.S.: Mettere fine all’impunità, perché qui si stanno danneggiando migliaia di persone e non solo qui nel dipartimento del Huila. Nella Guajira, a causa delle miniere di carbone sono stati assassinati 500 indigeni e non succede nulla poiché questo continua impunemente. Questo video ha incoraggiato altre associazioni a pubblicare ciò che sta succedendo in differenti parti.

Semana.com: Qual è il passo successivo che pensa di fare per continuare questa denuncia?

B.S.: A livello nazionale si stanno indicendo cortei in difesa del territorio e, personalmente, chiedo protezione allo stato e che le organizzazioni internazionali per i diritti umani verifichino questa protezione. È necessario il sostegno internazionale poiché se in Colombia si fa una indagine approfondita dove viene denunciata la partecipazione di politici, in questo paese non esistono le garanzie sufficienti.

24 febbraio 2012

Semana.com

video: http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=BFv4HG8ALeA

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
“’Saqué a la luz un monstruo político y económico’: Bladimir Sánchez” traducido para Semana.com por S., pubblicato il 24-02-2012 su [http://www.semana.com/nacion/saque-luz-monstruo-politico-economico-bladimir-sanchez/172676-3.aspx], ultimo accesso 27-02-2012.

 

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