La “festa della democrazia”: reclamando i diritti umani, e colpendo con le squadracce


CORREPI

Sabato scorso è andata avanti la “festa della democrazia”, e nel suo discorso inaugurale la presidente rieletta si è mostrata senza ipocrisie: ha chiesto ai lavoratori di essere “disponibili” riguardo al diritto di sciopero, e li ha invitati a non “ricattare”, prendendo come esempio di azioni delittuose la lotta degli insegnanti di Santa Cruz e dei ferrovieri.

Cristina, naturalmente, ha taciuto quanto i compagni insegnanti hanno dovuto per vari mesi subire nelle strade gelate, di fronte al rifiuto del governatore di ascoltarli; che hanno dovuto affrontare ripetute volte l’attacco delle forze di sicurezza, le quali più di una volta hanno cercato di ostacolare la lotta, tirando fuori all’alba i delegati dalle loro case o bloccando la carovana di appoggio proveniente da Buenos Aires, senza dimenticarci della repressione subita quando erano accampati nella capitale federale di fronte al ministero.

Nemmeno ha menzionato che, quando il suo governo preferisce non mettere la faccia e pagare il costo politico della repressione aperta, mentre si maschera dietro la bandiera dei DD.UU., a Santa Cruz, come in tutto il paese, appaiono le squadracce della burocrazia sindacale o di altri gruppi simili.

Dove è diventata più chiara l’utilizzazione di questa “terziarizzazione della repressione” è stato precisamente in quello che la presidente ha chiamato “il conflitto con i ferrovieri”, quando la squadraccia sindacale comandata da Pedraza, pupillo del governo, volle zittire con le pallottole la protesta dei lavoratori terziarizzati, uccidendo Mariano Ferreyra.

Così funziona il diritto di sciopero kirchnerista. Sui lavoratori antiburocratici e combattivi, che non si vendono e che lottano per ciò che gli spetta, cade, una volta di più, il bastone dello stato, brandito dalle sue forze della repressione o dalla repressione terziarizzata.

Lo vediamo tutti i giorni, sulla linea 60, che ha appena sofferto un altro attacco di una squadraccia; con i Qom, con Cristian Ferreyra, nell’Indoamericano e a Jujuy, per il bisogno di una abitazione degna; nei sindacati, dove imprese e governo delegano alla burocrazia la repressione.

E, in questi giorni, si è ripetuto sulla linea 135 degli autobus del Gruppo DOTA. Il lavoratore Germán Amor è stato licenziato per la sua attività sindacale, fatto che è stato il motivo della lotta per il suo reintegro. Il compagno ha ricevuto minacce telefoniche che annunciavano che “se non avesse smesso di rompere sarebbe finito nel Riachuelo”. Successivamente le minacce sono state fatte di persona, da parte del delegato sindacale dell’impresa, Rodríguez Leovino, che gli ha detto di “non rompere” più con il processo e di non andare più in azienda. Il 6 dicembre, la scalata è arrivata all’aggressione fisica. Lo stesso Rodríguez Leovino lo ha preso a botte e lo ha minacciato con un’arma da fuoco, dentro l’impresa e con il silenzio dei padroni.

Dal CORREPI chiamiamo alla lotta, in tutte le sue forme, contro la repressione, strumento dello stato per opprimere la classe lavoratrice e il popolo.

16/12/2011

tratto da La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
“La ‘fiesta de la democracia’: a los DDHH rogando, y con la patota dandotraducido para CORREPI por S., pubblicato il 16-12-2011 su [http://correpi.lahaine.org], ultimo accesso 22-12-2011.

 

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