Qualunque sia il risultato finale, il movimento studentesco sta provocando un risveglio della società cilena. Nell’illuminare quanto di cavernicolo c’è nell’attuale sistema educativo ed il suo legame con l’insieme del sistema economico-sociale imposto a sangue e fuoco dalla dittatura e consolidato pacificamente dalla dirigenza della Concertazione, sta permettendo alla società cilena di prendere coscienza della propria realtà.
Che viviamo in una falsa democrazia, che l’orientamento effettivo del sistema politico, sociale e culturale lo realizzano pochi grandi gruppi economici e non la grande maggioranza nazionale.
Ancor di più, questo movimento ha cominciato a svelare che l’ordine politico-istituzionale non è riformabile dall’interno e che, affinché il popolo possa decidere il sistema educativo che vuole (e quello lavorativo, previdenziale, sanitario, ecc.), serve, in definitiva, un plebiscito o un’assemblea costituente che certamente non sono contemplati nella Costituzione imposta allora da Pinochet ed oggi sottoscritta – dopo alcune modifiche – da Ricardo Lagos!
Così, il movimento studentesco, oltre a mettere in dubbio il governo bipartitico (alleanza-concertazione), ha sbriciolato il monopolio della comunicazione progettato da quello, di modo che oggi possiamo sapere che il sistema universitario cileno è per i gruppi familiari il più caro al mondo; che il Cile è praticamente l’unico paese del mondo che ha una educazione pubblica universitaria a pagamento (per cui migliaia di giovani cileni vanno a studiare in Argentina o in Uruguay); che l’affare universitario permette in pochi anni di fondare imperi di milioni di dollari (come vediamo nel caso di Rocha); che i debiti relativi all’educazione universitaria rappresentano – oltre che ad un pingue affare per il sistema finanziario – un carico esorbitante per il patrimonio di centinaia di migliaia di famiglie e di futuri professionisti; che di circa un milione di studenti il 40% abbandona senza portare a termine i propri studi rimanendo in ogni caso con grossi debiti, e che il restante 60% termina lavorando in attività non corrispondenti alle proprie carriere; che lo stato ha finito di offrire un esiguo contributo al finanziamento delle università pubbliche; e che “l’industria” universitaria privata rappresenta la terza posizione negli avvisi pubblicitari arrivando alla somma di 60 milioni di dollari annuali.
Quest’ultimo ha avuto effetti così mostruosi che una stessa leader di estrema destra come Evelyn Matthei, che quando era senatrice tre anni fa sollevò in un libro una dura critica al fatto – completamente accettato dalla dirigenza della Concertazione – che le università private producessero dei profitti violando sfacciatamente la legge, finisce col denunciare – essendo oggi ministro –, che praticamente non fu in grado di raggiungere nessun mezzo di comunicazione di una certa importanza che comunicasse le sue denunce!
Allo stesso modo, il movimento studentesco è servito a che la popolazione cominciasse a rendersi conto dell’estremo grado di subordinazione a cui è arrivata nei suoi 20 anni di governo la dirigenza concertazionista nei confronti della destra economica e delle Forze Armate. Certamente a ciò ha aiutato la rivelazione di scandali come la collusione con le grandi catene di farmacie, le esazioni della Polar, le irregolarità di Hidroaysén, l’abbondanza di impianti termoelettrici contaminanti del decennio passato, e soprattutto la presa di coscienza della perdita di decine di miliardi di dollari per le politiche di privatizzazione del rame ideate dalla dittatura e sviluppate dai governi della Concertazione.
Già si sta anche comprendendo che, quando i governi della Concertazione ebbero la maggioranza parlamentare in ambedue le camere (Lagos, tra l’agosto del 2000 ed il marzo del 2002 per le illegalità combinate di Pinochet ed Errázuriz; e Bachelet, dal suo inizio fino a più di due anni dopo), non solo non fecero nessuna trasformazione della legge sulle università, ma nemmeno delle leggi sul lavoro e sindacali, delle leggi previdenziali, delle leggi sanitarie, delle leggi tributarie, del sistema finanziario, della legge di amnistia, della legge antiterrorismo, ecc.
Tutto questo sta portando a che significativi e crescenti settori della popolazione abbiano perso ogni fiducia in ambedue le “coalizioni bipartitiche”. In modo tale che persistenti indagini indicano che una grande maggioranza della popolazione non si identifica più né con la Concertazione né con Alianza. E che progressivamente lo stanno mostrando in manifestazioni pubbliche convocate al margine delle direttive politiche e dove sono minoritari gli emblemi che li identificano.
Naturalmente il passo successivo sarà – presto o tardi – la costituzione di un ampio movimento sociopolitico – effettivamente di centrosinistra – che abbia come finalità principale ed irrinunciabile il riconoscimento all’insieme del popolo cileno del suo diritto fondamentale ed inalienabile di elaborare ed approvare una Costituzione democratica per il nostro paese che permetta successivamente la creazione di strutture e la progettazione di politiche economiche che creino gradi ogni volta maggiori di giustizia sociale.
23 agosto 2011
El Ciudadano
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Felipe Portales, “Saldos de la represión política en México” traducido para El Ciudadano por S., pubblicato il 23-08-2011 su [http://www.elciudadano.cl/2011/08/25/chile-esta-despertando/], ultimo accesso 01-09-2011. |
http://www.elciudadano.cl/2011/08/25/chile-esta-despertando/