Ollanta Humala e l’etnocacerismo in Perù


Ollanta e Antauro Humala

La famiglia Humala ha fondato la dottrina politica dell’etnocacerismo che alcuni hanno etichettato come razzismo indigenista. Ollanta Humala ha moderato il suo discorso con principi nazionalisti e multiculturali ed è diventato l’avversario politico della neoliberale Keiko Fujimori alle elezioni di domenica.

Anibal Garzón Baeza
19-04-2011 Rébelion

Ancora ci sono politici in Perù che vogliono vendere la “vittoria” bellica contro la guerriglia maoista Sendero Luminoso come difesa della “democrazia”. Keiko, figlia dell’ex presidente, incarcerato per violazione dei diritti umani, Alberto Fujimori, e candidata nelle elezioni generali dello scorso 10 aprile, ha fatto campagna elettorale pronendo l’approvazione di un piano integrale antiterrorista, ispirato alla strategia militare e paramilitare del padre, affermando che i sovversivi sono rinati per la debolezza del governo di Alan Garcia. Inoltre ha accusato senza prove Lourdes Flores, conservatrice ex sindaco di Lima, di appoggiare la guerriglia, a cinque giorni delle elezioni municipali del 3 ottobre scorso.Mentre i politici hanno fatto campagna elettorale contro un terrorismo scomparso si sono scordati della violenza strutturale e dei suoi alti indici di povertà. Con una popolazione di 28 milioni, più i 10 milioni vivono in povertà, con un aumento del 60% nell’ultimo quinquennio. Tra i cittadini più svavoriti ci sono le comunità indigene che rappresentano tra il 25% e il 48% della popolazione secondo la Banca Mondiale [1]. E poi, un terzo della popolazione non dispone di acqua e servizio sanitario, Lima ha uno degli indici più alti del mondo di malati di tubercolosi e di infetti da dengue, e una denutrizione infantile del 30%, secondo lo studio “Stato dell’Infanzia in Perù” dell’UNICEF [2]. E all’altro lato della medaglia, più di 37 miliardi di dollari sono usciti dal paese a beneficio delle multinazionali dell’industria estrattiva, tra 2006 e 2010 [3].

I poveri e le popolazioni indigene del Perù non vogliono parlare di piani contro il terrorismo, visto che loro stessi possono essere etichettati come tali quando fanno parte di movimenti sociali critici con il governo, ma chiedono miglioramenti sociali e cambiamenti politici ed economici. Sembra che dei principali candidati al primo turno delle elezioni generali del 10 aprile scorso – Ollanta Humala, Keiko Fujimori, Alejandro Toledo, Luis Castañeda e Pedro Pablo Kuczynski – l’unico che ha saputo incentrare il suo programma sulle deficenze della struttura sociale neoliberale del Paese è stato Ollanta con il suo progetto di etnocacerismo moerno. I risultati elettorali [4] sono indicativi, visto il vantaggio di Ollanta con il 31,7% dei voti, lasciano dietro la neoliberale Keiko con il 23,5%, con la quale disputerà il secondo turno il prossimo 5 giugno. Dopo di loro Kuczynki, 18,5%, l’ex presidente Toledo, 15,6%, e ultimo Castañeda con il 9,8%. Si eleggevano anche i 130 deputati e i 5 rappresentanti al Parlamento latinoamericano, dove con quasi l’80% di seggi scrutati vince Ollanta con 49 scranni al parlamento nazionale e 2 a quello continentale.

La famiglia Humala

Nell’ottobre 2000 il capitano Ollanta si sollevò, assieme al fratello Antauro e ad altri 70 militari, contro il governo di Fujimori dopo la scoperta dei casi di corruzione del consulente Vladimir Montesinos e la successiva fuga di Fujimori in Giappone il 13 novembre 2000 per evitare il processo. Gli Humala offrirono al presidente transitorio, Valentín Paniagua, la deposizione delle armi in cambio dell’amnistia, al momento del ritorno del paese alla stabilità. Così Ollanta tornò alle sue funzioni militari, prima come aggregato in Francia e poi in Corea del Sud, ritirandosi dall’esercito nel 2004 quando i fratello Antauro tornò ad assaltare un commissariato in Andahuaylas chiedendo la rinuncia del presidente Toledo e il ripristino della Costituzione del 1979, cosa per la quale è stato arrestato e condannato a 25 anni di prigione. Attraverso questi casi mediatici, non solo il cognome Humala è stato conosciuto dalla popolazione ma anche l’ideologia che fondò il loro capostipite Isaac Humala: l’etnocacerismo.

La dottrina politica dell’etnocacerismo è ispirata da una parte un nazionalismo etnico preispanico dell’impero Inca – Tahuantinsuyu – e dall’altra dall’ammirazione per il Generale Andrés Avelino Cáceres per la sua resistenza nella Guerra del Pacifico (1979-1883) contro l’invasione del Cile. Isaac militò inizialmente nel Partito Comunista Peruviano e poi nel Movimento della sinistra Rivoluzionaria, creando, più tardi, il Comitato ristrutturatore del Partito comunista Peruviano sostenendo la necessità di lavorare nelle file dell’esercito. Infine, negli anni Ottanta, fondò il Movimento Etnocacerista, sommando il nazionalismo militare alla lotta indigenista. L’etnocacerismo classico si riassume nella riaffermazione dell’identità andina dell’impero Inca contro l’élite bianca e asiatica, anche attraverso valori xenofobi e razzisti, ristabilire la pena di morte e rientrare in guerra contro il Cile. A livello economico si oppongono alle multinazionali statunitensi ed europee, a favore della nazionalizzazione dell’industria peruviana, e per la legalizzazione della coltivazione di coca. L’ideologia dell’etnocacerismo è riassunta dall’opera di Antauro “Esercito Peruviano: millenarismo, nazionalismo e etnocacerismo”, pubblicata in parte nel giornale del Movimento, chiamato “Ollanta”, diffuso in tutto il paese da riservisti militari per ottenere nuove adesioni. Ma nella famiglia Humala s’è creata una rottura e alle elezioni del 2006 oltre a Ollanta, con una visione più moderna, presentatsi con il Partito Nazionalista Peruviano, si è presentato anche il fratello Ulises, facente le veci del più radicale Antauro, a capo della formazione politica Avanza País. Sia Isaac che Antauro e Ulises hanno criticato duramente Ollanta per aver moderato il suo discorso rispetto alla radicalità etnica pro inca, qualificandolo semplicemente per un nazionalista in più che patteggia con la burocrazia politica di centrosinistra. Le critiche sono sfociate addirittura in accuse familiari quando Ulises ha affermato, il 2 aprile scorso, che “appena arrivato al potere Ollanta cercherà di instaurare una dittatura sotto l’influenza della moglie Nadine Heredia”.

Ollanta e il suo progetto elettorale

Nelle elezioni generali del 2006 Ollanta arrivò primo al primo turno con il 30,6% dei voti, e la sua coalizione ottenne 45 parlamentari su 120, ma al secondo turno perse contro il 52,6% di Alan Garcia. Ollanta spera di non ripetere la sconfitta contro Keiko e per questo ha creduto necessario “allontanarsi” dal presidente venezuelano Hugo Chávez, affermando duramente che “non consegneremo il Perù a Chavez, ne seguiremo il suo modello”. Nel 2006 infatti, dopo l’appoggio ricevuto a Chávez, i mezzi di comunicazione della destra politica fecero una dura campagnia contro Ollanta etichettandolo come socio del “dittatore militare comunista”. L’affermazione di Ollanta probabilmente è “demagogia” elettorale per ottenere la vittoria al secondo turno con i voti di parte della borghesia nazionale considerata antichavista e poter arrivare a patti con Castañeda – con il quale giù si riunito a casa sua il 12 aprile – e Kuczynski per ricevere il loro appoggio elettorale. Piaccia o no, la realtà politica latinoamericana è totalmente dialettica, o si stà con l’estremo dell’impero degli Stati Uniti, le multinazionali e il modello neoliberale, come propone la rivale Keiko, o si sta con il modello di costruzione del socialismo del secolo XXI e lo sviluppismo nazionale. Il risultato delle elezioni del 5 giugno definirà il destino politico del Perù.

 

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Anibal Garzón Baeza, Ollanta Humala y el etnocacerismo en Perú, pubblicato il 19-04-2011 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=126737&titular=ollanta-humala-y-el-etnocacerismo-en-per%FA-], ultimo accesso 03-06-2011.

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