Qualcosa si muove in Honduras


Intervista del giornale digitale salvadoregno CONTRAPUNTO a Juan Barahona, vice coordinatore del FNRP.

Fernando de Dios

Il governo di Lobo cerca di negoziare il suo reingresso nell’OEA. Il vice coordinatore generale del FNRP riferisce sulla situazione.

SAN SALVADOR – La situazione economica dell’Honduras è disperata. Gli alti prezzi delle materie prime, soprattutto del petrolio, stanno spingendo il governo di Porfirio Lobo Sosa a cercare l’appoggio dei paesi latinoamenricani, che non riconoscono la sua legittimità, per rientrare nell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA).

Il suo obiettivo è che il rientro avvenga durante l’Assemblea Generale dell’OEA che avrà luogo il prossimo 5 giugno a San Salvador.

Questo permetterebbe al governo hoduregno di accedere ai prestiti di istituzioni multilaterali come la Banca Interamericana di Sviluppo (BID). Di beneficiare anche delle vantaggiose condizioni di finanziamento per il petrolio che offre Petrocaribe, l’impresa costituita in seno all’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA), guidata dal presidente del Venezuela Hugo Chávez.

Lo scorso 9 aprile, in modo inaspettato, Lobo Sosa è apparso a Bogotà come invitato ad una riunione tra Chávez ed il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos.

Questo atto diplomatico, auspicato dal governo degli Stati Uniti, ha subito determinato l’impegno di Chávez e Santos a mediare in un negoziato che permetta il rientro dell’Honduras nell’OEA.

Ha anche chiarito che la diplomazia statunitense è arrivata alla conclusione che la situazione dell’Honduras non può avere una soluzione all’interno del paese, per cui cerca una via d’uscita coinvolgendo altri personaggi di primo piano nel continente.

Pochi giorni dopo, il 16 aprile, il presidente venezuelano ha ricevuto a Caracas il deposto presidente Manuel (Mel) Zelaya e rappresentanti del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare dell’Honduras (FNRP), che gli hanno consegnato per iscritto le loro richieste come movimento politico di opposizione al regime nato dal colpo di stato del 28 giugno 2009.

Queste consistono nel ritorno in Honduras di Mel Zelaya e dei rimanenti esiliati, tra i quali ci sono rilevanti figure politiche come l’ex cancelliera Patricia Rodas, il rispetto dei diritti umani e la riparazione degli abusi commessi dopo il golpe, la convocazione di una Assemblea Nazionale Costituente che rediga una nuova Costituzione dopo la quale dovranno essere convocate le elezioni, ed il riconoscimento del FNRP come organizzazione politica che possa partecipare a queste votazioni.

Due mesi fa il FNRP ha consolidato la sua organizzazione realizzando un’assemblea generale in cui sono stati nominati quattro dirigenti per i 18 dipartimenti del paese ed è stata concordata una linea politica di azione unitaria contro il regime che governa dal colpo di stato del 29 giugno 2009.

Il FNRP riunisce numerosi settori sociali, professionali e politici di sinistra oppositori dell’attuale regime.  Denuncia la repressione e le intimidazioni che subiscono gli oppositori e chiede lo scioglimento del governo e la convocazione di una Assemblea Nazionale Costituente che riporti l’Honduras nell’ordine costituzionale.

A capo del movimento si trovano Mel Zelaya come coordinatore e Juan Barahona come vice coordinatore generale.

A San Salvador, Juan Barahona ha spiegato a ContraPunto cosa significa questo processo aperto in Honduras e cosa si può sperare da esso.

Perché è venuto nel Salvador?

Siamo presenti in Salvador per far conoscere la situazione politica del paese. Affinché ciò che sta accadendo nel paese non vada oltre, soprattutto la repressione che stiamo vivendo. Ultimamente l’immagine che si ha da fuori dell’Honduras è che si viva in un paese con democrazia e ordine costituzionale e, in questo momento in cui qui in Salvador ci stiamo avvicinando all’Assemblea Generale dell’OEA, questa è l’immagine che più viene fatta conoscere. Allora, il nostro interesse qui è di far conoscere la realtà del paese in cui viviamo, una realtà di repressione permanente, di crimini provocati dal colpo di stato e, nel momento in cui si giunge all’Assemblea dell’OEA, che tutte queste cose siano trattate, siano conosciute. Perché non vogliamo che l’Honduras torni nell’OEA senza che là ci siano stati cambiamenti per tornare all’ordine costituzionale.

Dal 28 giugno 2009 in Honduras si vive in un regime di fatto e non è possibile che, dopo essere stato espulso all’unanimità, torni nell’OEA senza aver prodotto cambiamenti. Come Fronte, ultimamente abbiamo prospettato, attraverso il presidente Chávez ed il presidente della Colombia Santos, la nostra posizione riguardo a Porfirio Lobo Sosa, per poter giungere nel paese ad un accordo che permetta di tornare all’ordine costituzionale attraverso una (Assemblea Nazionale) Costituente, il rispetto dei diritti umani, il ritorno degli esiliati, e che il Fronte venga riconosciuto come una organizzazione politica.

Questo argmento è la grande novità. Sembra che si stiano aprendo tra voi come FNRP ed il governo di Lobo delle trattative, ma in che termini viene prospettato questo negoziato, dato che non riconoscete come legittimo il governo di Porfirio Lobo?

I dialoghi non sono direttamente con il FNRP, ma attraverso dei mediatori, il comandate Chávez e il presidente della Colombia Santos. Ciò che noi abbiamo fatto è stato di presentare a questi due presidenti un documento scritto dove prospettiamo la posizione e le richieste del Fronte. Loro le faranno conoscere a Porfirio Lobo Sosa per vedere se c’è la volontà di arrivare ad un accordo. Se ci sarà la volontà, si firmerà un accordo tra Santos, Chávez, Lobo Sosa e Mel Zelaya, come presidente vittima del golpe e come coordinatore generale del FNRP.

Questo movimento diplomatico è avvenuto in Colombia nell’ambito di una riunione tra Santos e Chávez in cui, diciamo in modo insperato, è apparso il presidente Lobo, e si suppone che questo gesto è dipeso o sostenuto dallo stesso governo honduregno. Voi lo interpretate come una reazione alla recente assemblea del FNRP e al suo consolidamento come movimento politico, più organizzato di quanto lo sia stato fino ad ora?

Questo si dà nell’ambito di quella riunione e, per lo meno telefonicamente, Porfirio Lobo ha manifestato a Chávez e a Santos di essere d’accordo sui quattro punti che il Fronte ha prospettato. Se questo fosse certo, speriamo di vedere qualche indizio positivo questa settimana, poiché per poter avanzare nell’accordo dovranno annullare i due processi che ci sono contro Mel Zelaya, processi politici che dovrebbe esserci prima dell’Assemblea dell’OEA che ci sarà in Salvador, poiché a loro interessa di ritornare nell’OEA durante questa assemblea.

Perciò questo cambiamento dell’atteggiamento di Porfirio Lobo Sosa è il prodotto di due fatti. Uno, l’assemblea che abbiamo avuto il 26 e 27 febbraio, che è stata una assemblea molto ferma dove si è visto il consolidamento del Fronte a livello nazionale nei 18 dipartimenti, nei 298 municipi. Questo dà una dimostrazione di forza interna nel paese e lì c’è un cambiamento nell’attuale regime. Però questo atteggiamento di Lobo Sosa è anche il prodotto della situazione economica che c’è nel paese. Nel paese non c’è denaro e loro sperano che, una volta tornati nell’OEA, di poter avere accesso agli stanziamenti economici attraverso prestiti, che sono bloccati, donazioni o quel che sia. In Honduras c’è una crisi economica molto forte, molto sentita. Il governo è senza fondi.

C’è anche il tema dell’accesso al finanziamento che Petrocaribe dà per il petrolio, che è un accordo che era stato firmato ed ora è bloccato dal colpo di stato. Però oltre ad ottenere fondi per far risollevare la situazione economica, individuate in questo negoziato qualche altro punto che il governo di Lobo Sosa porrà sul tavolo?

No. Noi crediamo che loro stiano cercando di avere accesso ai vantaggi di Petrocaribe. In Honduras i derivati del petrolio hanno un prezzo a cui mai erano arrivati. Dopo il riconoscimento nell’OEA ed aver firmato un accordo, loro cercheranno di ottenere i benefici di Petrocaribe, e questo gli stessi impresari lo hanno già affermato. Gli stessi impresari che hanno fatto il colpo di stato dicono che si possono fare affari con Chávez, affari economici, ma fuori dell’ALBA, perché l’ALBA è comunismo.

C’è un dibattito anche all’interno del FNRP, soprattutto riguardo al fatto di presentarsi o no alle prossime elezioni come partito politico. La proposta che voi fate di riconoscere il Fronte come organizzazione politica va verso la trasformazione in un partito politico che possa concorrere? E, dato che state anche chiedendo il ritorno al paese di Mel Zelaya, sarebbe il vostro candidato?

Zelaya è un leader nel paese, un leader nella resistenza che lo ha portato ad essere il coordinatore generale (del FNRP), riconosciamo questo. Nei quattro punti che stiamo prospettando, stiamo chiedendo che il Fronte sia riconosciuto come una organizzazione politica che possa partecipare alle prossime procedure elettorali. Ma per prendere parte a dei processi elettorali in elezioni generali, per prima cosa dobbiamo aver partecipato ad una Assemblea Nazionale Costituente per tornare all’ordine costituzionale, poiché viviamo in un regime di fatto. Questo viene prospettato. Speriamo che siano accettati questi punti, che fanno parte di una discussione che si è avuta all’interno dell’assemblea, da cui alla fine siamo usciti bene perché l’assemblea ha convenuto che si debba partecipare ad un processo elettorale se precedentemente abbiano rispettato alcune condizioni. Le condizioni sono che ritorni Mel Zelaya, che sia cambiata la Legge Elettorale e che sia cambiato il Supremo Tribunale Elettorale. Su questo siamo d’accordo e se con questa mediazione otteniamo questo, abbiamo raggiunto l’obiettivo che è stato discusso nell’assemblea. Tutto ciò che stiamo prospettando è all’interno dell’ambito politico stabilito dall’assemblea.

Bisogna dire che una premessa fondamentale è che ci sia una Assemblea Nazionale Costituente. Se non ci fosse una Assemblea Nazionale Costituente voi non prendereste parte ad alcuna elezione?

Molto difficile, molto difficile, perché questo significherebbe che parteciperemmo in condizioni disuguali rispetto a tutta una struttura golpista operante. Ciò per noi sarebbe come avvalarla.

E dato il clima politico di repressione ed intimidazioni che c’è nel paese, come vede, in definitiva, la possibilità che l’Honduras affronti un processo di queste caratteristiche senza che si producano più conflitto sociale e più morti?

In Honduras c’è un problema sociale molto profondo, molto netto. La lotta sociale in Honduras è nell’ambito della lotta di classe. E ciò che c’è lì è una lotta frontale tra due classi, una per mantenere il potere e l’altra per tirarli giù dal potere. Questo ci porterà più repressione e più morti, questo non è da scartare, questo è in linea con la lotta. Però bisogna farlo, bisogna farlo. La nostra lotta è concepita con il metodo della lotta pacifica, questo noi abbiamo tenuto saldo e questo continueremo a tenere saldo, con la lotta pacifica. Perché è la lotta che ci ha permesso di mettere insieme tutto il popolo honduregno, tutta l’opposizione contro il Colpo di Stato, includendo membri dei partiti tradizionali. Allora, ciò che abbiamo ottenuto è di rafforzare e di organizzare una forza politica sociale, prima contro il Colpo di Stato, ed ora con obbiettivi chiari di presa del potere politico.

Però su questo obiettivo ci sarà sempre una reazione, che è la stessa che ha prodotto un colpo di stato e più repressione.

Se l’oligarchia fa un colpo di stato per abbattere un governo che proveniva dalla loro stessa classe, dalla classe dei proprietari terrieri, da cui proviene Mel Zelaya, lo abbattono violentemente poiché stava facendo piccoli cambiamenti, piccole riforme – non erano cambi profondi quelli che faceva Mel Zelaya, erano piccoli cambi. Però nella situazione di ritardo economico e politico che c’è nel paese questi cambiamenti erano stati molto ben visti e molto accettati dal popolo honduregno. Questo non lo hanno tollerato. Come tollereranno ora di vedere che il potere gli sfugge dalle mani e che lo vanno a consegnare all’opposizione? Sicuramente lì ci sarà repressione, lì ci sarà morte, questo ci è chiaro.

Chiaro, questa è la grande difficoltà di tutto questo processo, perché un accordo tra il FNRP ed il governo di Porfirio Lobo presuppone che almeno alcune delle vostre rivendicazioni siano attese, soprattutto, si intende l’Assemblea Costituente. Fino a che punto il governo di Porfirio Lobo potrà fare questo passo affinché ci sia un accordo?

Non sappiamo. Per lo meno lui verbalmente, per telefono, ha manifestato a Chávez e a Santos di essere d’accordo sui quattro punti. Però Profirio Lobo Sosa dice una cosa e ne fa un’altra, per questo non gli si crede. Per noi è importante avere un accordo. Che ritornino gli esiliati e con un accordo firmato, questo ci dà anche lo stimolo per continuare la lotta. La cosa fondamentale è l’accordo.

Come rappresentanti dei due poli del gioco che c’è nel continente sono stati inclusi nella mediazione Chávez e Santos, ma ci sono altri paesi che non riconoscono il governo di Porfirio Lobo nè appoggiano il suo reingresso nell’OEA, come il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay, la Bolivia, l’Ecuador … Voi siete a conoscenza di altri movimenti diplomatici affinché anche questi paesi sostengano questo processo?

In questo momento noi stiamo cercando di informare tutti questi paesi della situazione dell’Honduras e della posizione del Fronte, perché speriamo che questi paesi, che sono paesi che hanno mantenuto una posizione molto ferma dallo stesso giorno del golpe, ora non siano sorpresi di votare a favore del rientro dell’Honduras nell’OEA senza che si sia cambiato nulla in Honduras, rimanendo il golpe e la struttura golpista intatta. Allora non avremmo concluso nulla. La nostra speranza è che tutti questi paesi, che non hanno riconosciuto Porfirio Lobo Sosa e che hanno mantenuto una posizione contro il colpo di stato, non votino a favore dell’Honduras se non ci saranno stati cambiamenti interni in Honduras.

Però è difficile che da qui a giugno si vedano questi cambi, perché gli accordi si firmano, ma è un’altra cosa che siano rispettati.

Il 5 giugno, quando ci sarà l’Assemblea dell’OEA, dei quattro accordi forse uno potrà essere rispettato, che è il ritorno degli esiliati. Ma gli altri richiedono più tempo. La convocazione della Costituente richiede più tempo. Il riconoscimento del Fronte come strumento politico è un processo che deve essere attuato internamente, secondo quanto stabilisce la legge. E il rispetto dei diritti umani è un processo quotidiano, permanente.

Bisogna cambiare le dinamiche che sono all’interno delle distinte forze del paese, le forze di sicurezza, l’Esercito, il Potere Giudiziario …

Giusto, perché ora tutti i poteri dello Stato cono collusi con il golpe, come l’Alta Corte, il Pubblico Ministero, il Congresso Nazionale, la cupola delle Forze Armate, la Polizia … tutti sono collusi su una sola linea per difendere il golpe. E dietro a questo c’è il potere economico degli impresari oligarchi.

Da questo regime golpista, erede del colpo di stato, noi lavoratori non possiamo sperare nulla di positivo. È un regime che obbedisce agli interessi degli impresari.

Per questo, affinché avvenga ciò di cui stiamo parlando, dovrebbe esserci uno smantellamento di tutto questo. Fino a che punto è possibile? Che loro stessi vadano a sacrificarsi?

È giusto. Che loro stessi vadano a mettersi in prigione?

Chiaro, poiché le richieste del FNRP comprendono sempre che si paghi per le violazioni dei diritti umani che sono avvenute dal giugno del 2009 …

Corretto, però il generale golpista Romeo Vásquez Velásquez lo tolgono dallo Stato Maggiore Congiunto ed è gerente dell’azienda più redditizia del paese, che è l’impresa di telecomunicazioni. Lì è l’amministratore. E così gli altri. É probabile che in questo regime non ci sarà castigo per nessuno di loro, perché oltre a ciò è stata approvata una amnistia per la cupola delle Forze Armate, ma sarà difficile che questi delitti siano dimenticati. Un giorno dovranno pagare ed il paese non potrà continuare a vivere eternamente in questa situazione. Cambiamenti ci dovranno essere e verranno i castighi.

Alla fine, vorrei che desse la sua opinione sul ruolo che il governo del Salvador gioca su tutta questa questione, sull’appoggio esplicito che fin dall’inizio ha dato al governo di Porfirio Lobo.

Noi vediamo il trionfo del FMLN in Salvador come qualcosa di positivo, come un avanzamento importante per le forze della sinistra latinoamericana, soprattutto nella regione centroamericana. Però sappiamo che a livello interno il Fronte ha fatto accordi e concessioni e che chiaramente non aveva tutte le pedine del gioco. Nonostante ciò, comprendo che sono per il FMLN le elezioni più votate, dove è avanzato di più, dove ha più potere nello stato e, a livello interno, ha quel negoziato con l’Esecutivo che non gli permette di tenere una politica internazionale come noi avremmo sperato. Nonostante ciò, fin dal primo momento del colpo di stato noi abbiamo ricevuto tutta la solidarietà del partito, del FMLN, della sua base, dei suoi quadri, del suo movimento sociale e conosciamo questa tendenza del presidente per una politica, diciamo, più conservatrice, di più per quanto riguarda la politica internazionale nordamericana. Però questo non deve confondere, ciò che c’è qui in Salvador è un avanzamento delle forze politiche progressiste della sinistra che è positivo soprattutto per il popolo salvadoregno e per la regione centroamericana. 

Tutti conosciamo la divisione tra il FMLN e l’Esecutivo, però riguardo al ruolo da protagonista del presidente Mauricio Funes nell’appoggiare il ritorno dell’Honduras nell’OEA, come lo valutate?

Noi possiamo aspettarci una risposta dai militanti della sinistra latinoamericana, da coloro che non sono stati militanti non possiamo aspettarci una risposta. E per questo abbiamo fiducia nella mediazione di Chávez, per questo abbiamo fiducia nelle azioni che governi come quello cubano hanno fatto a livello internazionale per reintegrare il FNPR, per esempio nel Foro di San Paolo, nelle istanze internazionali dove la sinistra discute, dove la sinistra si incontra. Ma non possiamo credere né abbiamo fiducia nelle azioni che a livello internazionale provengono dalla politica nordamericana. Per questo la congiuntura per noi è chiara e noi conosciamo bene la situazione interna del FMLN. Siamo stati popoli vicini al popolo salvadoregno. La sinistra honduregna ha collaborato allo sviluppo del FMLN ed anche allo sviluppo del Fronte Sandinista. Da quell’epoca continuano le relazioni. Molti dei nostri militanti hanno una famiglia salvadoregna, i nostri popoli sono fratelli, le frontiere sono fittizie. E sappiamo come qui si stianno sviluppando le cose e sappiamo, come ti dico, di chi possiamo aver fiducia e di chi no, dove c’è volontà politica e dove no.

ContraPunto

26 aprile 2011

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Fernando de Dios, “Algo se mueve en Honduras”  traducido para La Haine por S., pubblicato il 26-04-2011 su [http://www.lahaine.org/index.php?p=53209], ultimo accesso 12-05-2011.

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