La creazione di “nemici interni”, la paura e l’impunità


Pablo Ruiz

Intervista a David Barrios, dell’Osservatorio Latinoamericano di Geopolitica della UNAM

A fine gennaio a Ciudad Juárez, in Messico, organizzazioni sociali e per i diritti umani hanno fatto un digiuno per rendere visibile e sollecitare il governo ad azioni più risolutive per frenare la violenza e le morti che là ci sono.

 

La situazione è preoccupante per la quantità di uccisioni, specialmente giovani e donne, per il clima di insicurezza in cui vive la popolazione e per l’aumento della militarizzazione nel tentativo di risolvere il problema, la qual cosa ha più a che vedere con questioni strutturali che con il narcotraffico in quanto tale.

Parte della popolazione esclusa ha finito con l’arruolarsi lì, e perfino gli incaricati di far rispettare la legge. Perciò le parole corruzione, complicità e impunità suonano forti qui.

Parliamo di questi temi con David Barrios Rodríguez, che fa parte dell’Osservatorio Latinoamericano di Geopolitica della UNAM.

– Qual è attualmente la situazione del Messico in materia di militarismo e diritti umani?

– Lo Stato e le Forze Armate del Messico hanno una lunga storia di repressione dei movimenti sociali e di violazioni dei Diritti Umani in cui ha generalmente primeggiato l’impunità più assoluta. Nonostante ciò, a partire dal 2006 siamo entrati in una nuova fase. Secondo i rapporti ufficiali, da quell’anno fino ad oggi sono state assassinate in Messico più di 34.000 persone. Numerosi rapporti sui Diritti Umani, come quello di Human Rights Watch, segnalano che le Forze Armate in Messico ricorrono sistematicamente alle esecuzioni extragiudiziarie, alle violenze sessuali ed alle torture. Recentemente l’ONU ha espresso il proprio allarme poiché negli ultimi quattro anni sono stati assassinati in questa guerra 1.000 bambine e bambini messicani. Si stima che annualmente siano sequestrati in Messico circa 18.000 emigranti. In questo lasso di tempo il nostro paese si è trasformato in uno dei posti più pericolosi per i difensori dei Diritti Umani e per i giornalisti, che a decine sono scomparsi o sono stati assassinati. Allo stesso tempo, in Messico cominciamo ad osservare fenomeni come l’apparizione di gruppi paramilitari che sembra compiano massacri riguardanti la “pulizia sociale”.

– Il Plan Mérida ha avuto effetti negativi?

– Lo Stato messicano ed il governo nordamericano sono complici di questo bagno di sangue. La guerra contro i narco e l’Inziativa Mérida sono state sviluppate in un sistema di corruzione a tutti i livelli che ha permesso molta opacità nell’informazione e che assicura impunità per quanto riguarda le violazioni generalizzate contro le garanzie della popolazione. La condotta del governo nordamericano è stata oscillante, giacché anche se in determinati momenti ha minacciato di fermare l’iniezione di risorse a causa delle denunce per le violazioni dei Diritti Umani in Messico, ha sempre affermato (come è accaduto con Hillary Clinton una settimana fa a Guanajuato) che difende la Guerra contro il narcotraffico benché i suoi effetti siano “dolorosi”.

– Perché a Ciudad Juárez ci sono tanti crimini e violenza?

– Si deve all’unione di vari fattori. Ricordiamo che a partire dall’anno 1993 in quella città si sviluppa un fenomeno di violenza contro le donne, (conosciuto come femminicidio), che fino ad oggi continua nell’impunità. Si tratta dell’uccisione di centinaia di donne, che in molti casi furono prima torturate, mutilate e violentate sessualmente. Al di là delle linee di indagine che ci sono state date (assassini seriali, violenza intrafamiliare), si percepisce un clima di violenza generalizzata, diremmo capillare, contro le donne. Ho la sensazione che negli ultimi anni questa esperienza si sia ampliata al resto della popolazione, nel senso che si tratta di distinte violenze che si articolano, dove certamente la base è la violenza strutturale del modello economico e sociale che genera ogni volta maggiori livelli di esclusione.

D’altro canto, Juárez ha una grande importanza strategica per la sua condizione di frontiera e di passaggio naturale verso gli Stati Uniti. Negli ultimi anni, quando gli antichi cartelli della droga si sono frantumati in varie fazioni, la “piazza” di Juárez è diventata un luogo di disputa importantissima e per ciò concentra enormi livelli di violenza. Nonostante ciò, come ti ricordavo un momento fa, molte delle esecuzioni sono dirette contro centri di riabilitazione dei drogati, contro i lavoratori delle costruzioni ed in generale contro gente molto umile, la qual cosa fa pensare che stiano agendo gruppi di pulizia sociale. La cosa che è veramente preoccupante è che tutte queste morti sono incluse nel totale dei morti per la guerra contro il narco (qualcosa che denunciava Marisela Escobedo sulle cifre del femminicidio, prima di essere assassinata a dicembre).

– Tu credi che si stia creando o architettando artificialmente una situazione per avere la giustificazione per militarizzare il Messico?

– Credo è che la militarizzazione sia anche utilizzata con l’obiettivo di controllo sociale, sia per preservare la diseguaglianza imperante sia per reprimere i movimenti sociali del paese. Questi sarebbero gli obiettivi nascosti dell’incremento della presenza militare nelle strade. Come dire, che questo stato di guerra è funzionale al saccheggio delle risorse strategiche, all’attacco alla classe lavoratrice e in modo molto più importante per cercare di legittimare una classe politica parassitaria e corrotta. La costruzione di nemici (come il terrorismo o il narcotraffico) o la sensazione di caos, sono sempre accorgimenti disponibili per generare società tolleranti o anche complici con l’autoritarismo. Nel 2006 la repressione ad Atenco e in Oaxaca parla anche dell’intenzione dello Stato messicano di zittire la dissidenza nel paese attraverso metodi più violenti.

– La situazione di Ciudad Juárez si riscontra anche in altri luoghi?

– Sfortunatamente la violenza e la militarizzazione si sono generalizzate praticamente in tutti gli stati del paese. La situazione è specialmente delicata nel Nuevo León, nel Michoacán, nel Guerrero o ne Tamaulipas, ma in tutti gli stati ci sono esecuzioni ed una crescente presenza militare.

– Come è andato il digiuno a Ciudad Juárez? C’è stato un risultato?

– Per prima cosa è necessario segnalare che il digiuno è stato fatto con l’obiettivo di commemorare il primo anniversario della morte di 15 giovani della città che furono massacrati nel quartiere di Villas de Salvárcar il 31 gennaio 2010. Ha avuto come tema anche l’anniversario della morte del Mahatma Gandhi e la rivendicazione della resistenza non violenta attiva. Considero che siano lodevoli gli sforzi che a Ciudad Juárez abbiano come prospettiva la richiesta di pace con giustizia, perché esiste anche un movimento “bianco” che esige più militarizzazione.

Nonostante ciò in questo momento è abbastanza grande l’inquietudine per la presenza della Polizia Federale e dell’Esercito nella città. Durante il digiuno si è riflettuto sulla necessità di scontrarsi con la paura che si diffonde tra la popolazione e di cominciare ad organizzarsi per richiedere il ritorno dell’Esercito e della Polizia Federale nelle caserme. In questo senso il digiuno ha ottenuto un risultato, perché abbiamo fatto accampare nel centro della città circa 60 o 70 persone. Nonostante ciò, una cosa che vorrei segnalare è che tra il 30 ed il 31 gennaio, come dire, mentre facevamo il digiuno, nello stato di Chihuahua sono state assassinate 7 donne. Tra loro una giovane di 16 anni che a Villas De Salvácar è stata colpita da 6 proiettili della Polizia Federale mentre usciva da una festa. Come con l’aggressione a Darío Álvarez nell’ottobre del 2010, sarebbe ingenuo pensare che si tratti di una coincidenza. Lo Stato messicano cerca di intimorire l’organizzazione della popolazione contro la militarizzazione.

– Qualche altro commento …

– Qualcosa che mi sembra cruciale è diffondere ciò che sta succedendo nel mio paese, in questo senso è molto importante che organizzazioni come SOAW e le varie reti internazionali contro la militarizzazione e a favore dei Diritti Umani alzino la loro voce contro ciò che avviene in Messico. In particolare credo che sia necessario dare protezione agli attivisti di Ciudad Juárez e di altre zone del paese. Il modo in cui furono assassinate Marisela Escobedo e Susana Chávez mostra il cinismo e l’impunità in cui viviamo in Messico. L’opinione pubblica internazionale ha una grande responsabilità perché può far pressione in modo efficace sui governi del Messico e degli Stati Uniti. Per quanto riguarda la società messicana, ci sono sempre più iniziative per fermare la guerra, però è indispensabile organizzarle. Tutti gli sforzi per fermare questa guerra sono necessari se vogliamo evitare una catastrofe ancora più grande.

04-03-2011

  

Questa intervista si trova nel Boletín electrónico Encuentro entre los Pueblos.

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Pablo Ruiz, La construcción de “enemigos interno”, el miedo y la impunidad”  traducido para Encuentro entre los Pueblos por S., pubblicato il 04-03-2011 su [http://encuentronortesur.files.wordpress.com/2011/02/boletin5.pdf ], ultimo accesso 14-03-2011.

, , ,

I commenti sono stati disattivati.