Guerra contro il narcotraffico: politica di dominio del regime messicano


Ramón I. Centeno

Avviata per superare la debolezza iniziale del governo di Felipe Calderón, la guerra contro il Narco si è trasformata nella principale strategia di dominio politico del regime messicano. Con la Nazione in primo piano, diminuisce il contrasto tra le classi sociali. Il Messico non è la Colombia, però quando Washington richiede questo paragone, i suoi effetti comportano rischi che debbono essere combattuti. La sinistra è obbligata a proporre una uscita all’attuale situazione, ma limitarsi ad esigere il ripiegamento dell’Esercito è insufficiente e pericoloso. La sfida – inusuale, senza dubbio – è contendere al potere il suo monopolio nella risposta alle richieste di sicurezza delle famiglie. 2006: preludio dell’attuale situazione

In Messico il 2006 fu un anno molto sconvolgente. A gennaio iniziava L’Altra Campagna, capeggiata dall’EZLN. Fu un movimento che attrasse molte simpatie, che ottenne il posizionarsi, a livello nazionale, di una alternativa di sinistra alla sinistra del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD). Lo Stato messicano, allora capeggiato da Vicente Fox, decise di attenuare tale minaccia, che ottenne con la dura repressione a San Salvador Atenco. Molti caddero prigionieri, inclusi i principali dirigenti del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra. Il Subcomandante Marcos, da parte sua, finì col chiudere l’episodio, decidendo di interrompere il suo giro per il paese. Secondo round. Poco dopo vennero le elezioni presidenziali. Il candidato del Partito di Azione Nazionale (PAN), Felipe Calderón, sconfisse Andrés Manuel López Obrador (AMLO) con un minimo margine, approfittando degli ampi spazi politici resi possibili dalla campagna trionfalistica del PRD, centrata sullo slogan “già stiamo vincendo”. In ogni caso il politico di Tabasco lanciò una seria sfida al regime, accusandolo di frode elettorale. Con ciò, il prossimo nuovo Presidente, senza essersi ancora insediato, si caricava della pesante macchia di una legittimità messa in questione. Però mancava il terzo ed ultimo round dell’anno. A Oaxaca, proseguiva un avanzamento delle masse iniziato a giugno, che fu sul punto di incrinare il dominio del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), che in questo stato governava come aveva fatto a livello nazionale fin dall’anno 2000. Il governatore Ulises Ruiz Ortiz si scontrava con la combattiva XXII Sezione del Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione, che richiedeva la sua rinuncia. I maestri oaxaquegni furono la colonna vertebrale dell’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO), che arrivò ad annullare per diverso tempo, da luglio ad ottobre, le istituzioni statali. Nonostante ciò, anche questo germoglio insurrezionale più tardi, alla fine di ottobre, fu sconfitto con la violenta repressione della Polizia Federale Preventiva (PFP).

La guerra: mutazione da tattica a strategia

Tre fatti, tre sconfitte, che misero in pericolo lo status quo. Allo stesso tempo, tre dati ineludibili per ristabilire una governabilità sicura. Per ciò la soluzione passava attraverso il superamento della debolezza con cui iniziava la gestione di Felipe Calderón. A dicembre del 2006 il nuovo governo dichiarava la guerra al Narco. Il nuovo governo, appellandosi alle preoccupazioni di tutti i gruppi sociali circa la sicurezza, esaltava la propria figura come incarnazione degli interessi della Nazione. L’allora Segretario di Governo, Fcp. Ramírez Acuña, presentava l’avvio dell’Operazione Congiunta Michoacán, come un compito del Presidente per “mettere fine all’impunità dei delinquenti che mettono a rischio la tranquillità di tutti i messicani e, soprattutto, delle nostre famiglie” (Ramírez, 2006). Questo orientamento non ha cessato e persiste fino ad oggi. Questo gesto politico con cui fu inaugurato il sessennio, ebbe l’effetto di mettere in un lontano secondo piano i temi che avevano dato vita all’esplosività dell’anno che stava terminando. Veniva riorganizzata l’agenda politica del paese. Le lotte del 2006 ponevano la società di fronte a discorsi che polarizzavano le “elite” contro il “popolo”. Per porre fine a questa situazione, il regime convocò tutta la società, la Nazione, che avrebbe dovuto dibattere sulla propria esistenza di fronte al nemico comune: il crimine organizzato. Nello scambiare le immagini di divisioni intestine con l’unità di fronte ad una minaccia esterna, Calderón alzò una cortina di fumo sulle lotte di classe. La grandezza del potere politico si può misurare nella sua capacità di definire i temi su cui una società discute (Lukes, 2007). Non si tratta di valutare se l’analisi di Calderón sul tema Narco è corretta. Ciò che è reale per lo Stato, è reale nelle sue conseguenze. L’Esercito e la Polizia Federale uscirono dalle loro caserme per iniziare una guerra che si è trasformata nel principale tema di conversazione in Messico, facendone il principale fatto politico del paese. La stessa cosa che è accaduta in Irak agli Stati Uniti, è stato dimostrato che è più facile tirare fuori le forze armate dalle caserme che riportarle dentro. Ciò che è iniziato come una tattica per mettere fine, a breve termine, alla messa in discussione della legittimità del nuovo governo, si è trasformato in una strategia, a lungo termine, per garantire il dominio politico del regime.

La militarizzazione del Messico

La rivista Foreign Affairs è pubblicata dal Consiglio per le Relazioni Estere, degli Stati Uniti. In quella scrivono i principali teorici della politica estera di questo paese, offrendo analisi congiunturali sulle varie regioni del mondo su cui è urgente dare un orientamento al corpo diplomatico gringo. Dal 2006 non si pubblicava niente sul Messico, fino a che a luglio del 2010 apparve il punto di vista degli Stati Uniti sulla guerra contro il Narcotraffico. L’autore segnala che “due decenni fa, la Colombia fronteggiava con una lotta simile” contro i narcotrafficanti (Bonner, 2010). “Ma in meno di un decennio, il governo colombiano li sconfisse, con l’aiuto di Washington. Gli Stati Uniti giocarono un ruolo essenziale nell’appoggiare il governo colombiano, e deve fare la stessa cosa con il Messico”. Nella loro logica, se i narcos messicani vincono, sarebbe a rischio la democrazia messicana e la stabilità dell’America Centrale e del Sud. Nonostante ciò, la comparazione con la Colombia manca di fondamento (Escalante, 2009). Ma quando è Washington che lo dice, ci sono conseguenze pratiche. Poco importa che i portavoce di Calderón abbiano rifiutato questa comparazione quando un anno fa la fece Hillary Clinton, per allontanare da sé il sospetto di uno Stato fallito. Il fatto sostanziale è che la politica statunitense per il Messico e la politica interna del regime messicano sono allineate. Il Piano Mérida – accordo di cooperazione militare tra i due paesi, firmato nel 2008 -, è la forma concreta che assume la convergenza nella politica, aumentare il ruolo delle forze armate nel territorio nazionale. La militarizzazione del Messico è, pertanto, sufficientemente decisa. Basta osservare i due principali attori che la tengono in piedi – e le loro ragioni per mantenerla così -, per comprendere le difficoltà di un sollecito superamento.

Esigere “la pace” o organizzare la resistenza?

Esigere l’uscita dell’Esercito, e basta, non è una parola d’ordine convincente. Primo, implica stare zitti di fronte agli attori del narcotraffico. Secondo, implica, nel frattempo, rimanere immobili di fronte al fuoco incrociato. Circa la prima negligenza, l’uscita dalla guerra è relativamente semplice. La legalizzazione delle droghe dissolverebbe i narcos. Trattare le droghe come si fa con merci simili, come l’alcol o il tabacco, assoggettandole alle leggi del mercato, farebbe cadere i prezzi. Finirebbe di essere un attraente affare illegale la cui esistenza ha bisogno delle armi. In quanto al secondo lato trascurato, è necessario che la sinistra stia in prima linea nella lotta per la sicurezza delle famiglie. Finché non si ottenga la smilitarizzazione, il fuoco incrociato e gli abusi di ambedue le fazioni debbono essere combattuti. Questo indebolirebbe il discorso del regime, disputandogli quella legittimità che dà una base sociale alla guerra. Circa il primo punto, si è scritto molto e bisogna continuare a farlo. Circa il secondo, è necessario cominciare ad esplorare le sfide che comporta. Si tratta di organizzare la resistenza. In alcuni luoghi, secondo le condizioni locali, potrà essere più o meno aperta, però dove la minaccia ai militanti è sempre più intensa, porterebbe a tattiche organizzative più rigorose. In questo senso, lo stato di Chihuahua si profila come emblematico. I suoi principali centri urbani cominciano a vivere, più a Ciudad Juárez che nella Capitale, una situazione che il trotskismo locale qualifica come occupazione militare da parte di un esercito autoctono (La Gota). Riguardo alla città di frontiera, è l’urbe più violenta del mondo; più di Bagdad sotto l’occupazione statunitense, o i territori palestinesi, occupati dall’esercito israeliano. Se questa definizione diventa più chiara, la tattica della resistenza implica la proposta di autogestione della sicurezza. Ciò assomiglia alle possibilità che la Lega Socialista Rivoluzionaria ha pensato per il quartiere di Villas de Salvarcar, dove un anno fa l’esercito assassinò tredici giovani, e che è frequentemente oggetto di aggressione. Esperienze di polizia comunitaria, sono esempi che possono offrire un modello a partire dal quale apportare varianti specifiche.

23-01-2011

Riferimenti

Bonner, Roberto. 2010. “The New Cocaine Cowboys” en Foreign Affairs, no. jul-ago.

Escalante, Fernando. 2009. “¿Puede México ser Colombia?” en Nueva Sociedad, no. 220.

Lukes, Steven. 2007. El poder: un enfoque radical. Madrid: Ed. Siglo XXI.

Ramírez, Francisco. 18-dic-2006. El Gabinete de Seguridad presenta informe de acciones sobre la Operación Conjunta Michoacán. México: Presidencia de la República. Consultado el 12-ene-2011 en http://www.presidencia.gob.mx/movil/index.php?contenido=28419

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Ramón I. Centeno, “Guerra contra el narco: política de dominación del régimen mexicano” traducido para Rebelión por S., pubblicato il 23-01-2011 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=120773&titular=guerra-contra-el-narco:-política-de-dominación-del-régimen-mexicano-], ultimo accesso 02-02-2011.

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