“Il comandante che ogni mese non ottenga come risultato dei morti, avrà una adeguata sanzione “


Un tenente denuncia la pratica sistematica dell’esercito di uccidere i civili. Civili assassinati per poi travestirli da “guerriglieri abbattuti in combattimento”. Queste uccisioni di civili disarmati da parte dell’esercito, per usare i loro cadaveri in montature, sono conosciuti in Colombia con il nome di “falsi positivi”…

(Tenente Colonnello Wilson Ramírez, XIV Brigata dell’Esercito)

Juan Diego Restrepo

Secondo colui che denuncia, il tenente Flórez Maestre, le uccisioni obbediscono ad una politica sistematica, e tanto la parte della presa di contatto con le vittime, quella delle uccisioni, come la parte della montatura sono dettagliatamente organizzate.

“Ciascun comandante di compagnia deve garantirmi ogni mese un morto in combattimento e la seconda sezione deve garantirmi tre morti al mese. In questo momento la guerra si misura a litri di sangue, il comandante che ogni mese non ottenga dei morti come risultato avrà una sanzione adeguata e sarà riportata sul suo stato di servizio”. Con queste parole il tenente colonnello Wilson Ramírez Cedeño, aggregato alla Brigata XIV dell’Esercito, di stanza nel municipio di Puerto Berrío, Antioquia, istruiva le sue truppe.

Le parole dell’ufficiale sono contenute in una indagine per una denuncia presentata il 15 dicembre 2009 a Medellín davanti alla Procura Generale della Nazione dal tenente Edgar Iván Flórez Maestre. Edgar Iván viene processato per aver diretto l’ 8 luglio 2008 alcuni soldati che uccisero sommariamente un contadino nella frazione Jabonal Alto, nello Yondó, Antioquia.

Secondo la sua versione, si consegnò alla giustizia una volta saputo che avevano emesso un ordine di cattura contro di lui. La sua intenzione fu quella di chiarire i crimini commessi in quella guarnigione militare, “affinché non rimangano nell’impunità e con l’unica volontà di fare giustizia”. La deposizione di Flórez Maestre assume oggi importanza mentre nel Congresso della Repubblica si sta dando corso ad un progetto di legge attraverso il quale si richiede che lo Stato difenda quei militari, in servizio e ritirati, che siano denunciati presso la Corte Penale Internazionale per delitti come il genocidio, crimini di lesa umanità e crimini di guerra.

Nonostante le minacce che pendono sulla sua vita ed il timore di qualcosa che possa accadere alla sua famiglia per le rilevazioni fatte, il tenente Flórez, dà conto di tre questioni concrete: le pressioni che ricevevano dagli alti comandi per ottenere operazioni con un esito, il modus operandi per legalizzare le morti di civili, che includeva la predisposizione di missioni tattiche false, gli incentivi per coloro che causavano “caduti”, l’impiego di danaro per le spese riservate e la strategia giuridica sviluppata dal Ministero della Difesa per difendere coloro che fossero sottoposti ad indagini penali per questo tipo di uccisioni.

I fatti narrati da Flórez Maestre compromettono, a partire dal secondo semestre del 2007, ufficiali, sottufficiali e soldati appartenenti alla XIV Brigata dell’Esercito. In quella guarnigione militare, questo ufficiale fu il comandante dei gruppi Aniquilados 2 e Demoledor 51 del battaglione Batalla de Calibío, agli ordini del tenente colonnello Néstor Javier Camelo Piñeros, uno degli ufficiali destituiti nell’ottobre del 2008 quando le esecuzioni extragiudiziali, che avevano coinvolto diversi giovani del municipio di Soacha, raggiunsero una dimensione insostenibile per il Governo nazionale.

Flórez Maestre iniziò la narrazione di fronte al Pubblico Ministero descrivendo la preoccupazione di uno dei suoi compagni d’armi: “Egli mi raccontò delle attività che stavano portando avanti nel battaglione, della “legalizzazione”, ossia, dei morti (civili) presentati come morti in combattimento o malamente detti falsi positivi. Mi disse che era molto arrabbiato perché tutti coloro che provocavano dei caduti ottenevano una licenza, gli facevano fare corsi e gli davano onorificenze. Allora mi disse che aveva pensato di fare un lavoro, che già aveva coordinato l’indagine, che già si era procurato l’arma”.

Per ottenere quel tipo di “lavori”, l’ufficiale disse che attraverso un soldato che chiamavano ‘Yolombó’, appartenente al plotone Aguerrido Uno, sotto il comando di un tenente di nome Rodríguez, si procuravano le potenziali vittime: “A questo soldato gli davano trecentomila pesos, lo mandavano là nella città di Medellín, quel denaro lo raccoglieva Rodríguez tra i soldati della controguerriglia e veniva dato al soldato ‘Yolombó’ affinché andasse a Medellín a reclutare i futuri morti”. Secondo il tenente Flórez, il soldato conosciuto come ‘Yolombó’ arrivava nella capitale antioquegna e cercava determinate persone: “venditori ambulanti o persone che non avessero famiglia, gli offriva denaro e lavoro in una azienda agricola a Puerto Berrío e gli diceva che dovevano andare a Puerto Berrío”.

Quando le vittime erano vicine a questa città, li faceva scendere dall’autobus, in un posto chiamato Puerto Nare, venivano arrestate da soldati di professione, che allora procedevano ad informare gli ufficiali dei servizi di intelligenza che, a loro volta, riferivano al comandante del battaglione, il colonnello Camelo Piñeres, affinché avallasse l’operazione: “Allora nella sezione operativa si elaborava la missione tattica affinché la svolgesse il gruppo speciale, ed in essa veniva inclusa la quantità di militari che avrebbero partecipato ma in realtà era falso, perché, se nella missione tattica si diceva che il 02-01-10 sarebbero andati, ossia un ufficiale, due sottuficiali e dieci soldati, questo era falso perché andavano solo quelli che avrebbero fatto il lavoro, che in certe occasioni andavano perfino in borghese”.

Nel suo racconto, Flórez Maestre fece riferimento ad un ufficiale, di nome Rodríguez, comandante di compagnia, che frequentemente faceva questo tipo di operazioni: “Uccise 5 persone e mi disse che quando abbatté la prima sarebbe stato meglio che i morti fossero stati più di uno perché così sarebbe apparso più reale, da allora negli altri due interventi fece ogni volta due morti, queste persone le portava sempre il soldato ‘Yolombó’”. Una volta fuori da quella guarnigione militare, e già verso i mesi di luglio o agosto, il tenente Flórez descrisse una conversazione che ebbe con un soldato di nome Hernández, che in quell’epoca era la scorta del colonnello Camelo Piñeres: “Io mi incontrai con quel soldato e mi svelò che era molto preoccupato perché il mio colonnello Camelo lo aveva inviato da quello con il soldato Ñerín, il sergente Lara, il sergente Vega ed altri soldati a fare anche una operazione di ‘legalizzazione’, il soldato Hernandéz mi disse: ‘hanno trasferito da qui il mio sergente Lara ed il mio sergente Vega e ci hanno lasciati soli con questa cotica bruciata a risponderne giuridicamente e senza soldi per pagare gli avvocati’, ed io dissi al soldato perché?, ed egli mi disse che io sapevo come qui vanno queste cose, che ci aveva dato l’ordine di fare quella cosa e che ora li aveva lasciati soli a risponderne”.

Una espressione simile a quella espressa dal colonnello Ramírez fu detta, secondo Flórez Maestre, dal colonnello Juan Carlos Barrera Jurado, che comandò la Brigata XIV e l’ 8 ottobre 2008 fu anche destituito dal Governo nazionale: “In un programma radiofonico disse a tutti i comandanti di battaglione che, se il battaglione in 90 giorni non avesse fatto dei morti o dei combattimenti, avrebbe fatto cacciare dall’esercito il comandante per negligenza o incapacità operativa, in quel momento la pressione cominciò ad essere sempre più forte, fino ad un livello che ci contavano i giorni in cui stavamo senza combattere”.

Secondo quanto narrato da questo ufficiale, oggi detenuto nel carcere di massima sicurezza di Itagüí, in Antioquia, nel centro operativo tattico della XIV Brigata esisteva un tabellone in cui si riportavano le statistiche delle compagnie. Lì, si sommavano i morti e si contabilizzavano i giorni che stavamo senza combattere e senza morti. Ed aggiunse: “il comandante della Brigata diceva che uno degli incentivi che sarebbe stato concesso ai comandanti della controguerriglia di ciascun battaglione era una licenza per tutto il mese di dicembre, per i plotoni che avessero totalizzato più morti nell’anno.

Inoltre, continuò l’ufficiale: “Fu detto che il soldato che avesse fatto più morti sarebbe stato favorito inviandolo nel Sinai o ad un corso fuori del paese.

Riferendosi al denaro per spese riservate, il tenente Flórez Maestre ha detto che il suo uso è stato chiarito da un capitano che si chiama Javier Alarcón, che a quel tempo era un ufficiale dei servizi di intelligenza del battaglione Batalla Calibío, anche lui destituito nell’ottobre del 2008: “Questo è ciò di cui parlai con il mio capitano. Egli mi disse: ‘Veda Flórez se vuole c’è una informazione su un miliziano che è stato identificato, le procuriamo la guida, lei si procura il denaro per comprare il KIT per la legalizzazione (ossia le armi e le uniformi per travestire il civile assassinato), negli ordini operativi viene stabilita la missione tattica e così si fa l’operazione e lei recupera il denaro con il pagamento dell’informazione, lei parla con la guida, la inquadra e gli dice che gli da $200.000 affinché firmi ed il resto del denaro lo prende per sé per recuperare, o l’altra possibilità è che lei stesso procuri tutto, la guida, il KIT e l’informazione, però lei ci procura uno che venga a firmare dandogli $100.000 e tutto è a posto’”.

D’accordo con Flórez Maestre, nelle spese riservate “si parla di un milione di pesos per un morto con arma corta e di due milioni di pesos per uno con arma lunga”.

L’ufficiale ha aggiunto che questa prima riunione servì anche per preparare un successivo incontro, programmato per ottobre, con l’allora ministro della Difesa, Juan Manuel Santos, il comandante delle Forze Militari, generale Fredy Padilla de León, ed il comandante dell’Esercito, generale Mario Montoya Uribe, tra altri ufficiali di alto grado. Effettivamente, l’incontro si fece.

Flórez Maestre ha spiegato che “questa riunione fu pianificata con lo scopo di analizzare i casi più significativi per stabilire quale era la situazione delle Forze Militari dal punto di vista legale e decidere quale soluzione si sarebbe trovata agli scandali che stavano venendo fuori per questi casi”.

Questo ufficiale ha assicurato che in quella riunione, il generale Padilla de León disse al Ministro della Difesa che sarebbe stata formata una commissione per analizzare tutti i fatti perché, secondo lui, “l’Esercito nella sua grande maggioranza aveva casi simili a quelli che furono esposti quel giorno e avevano bisogno di proteggere il personale delle Forze Armate”.

Nonostante questo proposito, a quanto sembra espresso da Padilla de León, non fu messo in evidenza quando Flórez Maestre decise di consegnarsi alle autorità il 16 ottobre 2009. Quel giorno gli fece visita un avvocato militare con lo scopo di diventare il suo rappresentante legale: “Io gli dissi, racconterò tutta la verità su quanto so riguardo le legalizzazioni, metterò questo materiale a disposizione della Procura, egli mi disse di stare molto attento a ciò che avrei detto, che pensassi alla mia famiglia, che io sapevo che ci sarebbe potuta essere qualche rappresaglia contro di me e la mia famiglia”.

Dato che l’ufficiale prese quelle parole dell’avvocato militare come una minaccia contro la sua vita e quella della sua famiglia, furono poste a conoscenza del procuratore 50 dell’Unità Nazionale per i Diritti che porta avanti il caso di Flórez Maestre.

Nonostante ciò, nella sua rimostranza di fronte alla Procura Generale della Nazione, il tenente reiterò la sua volontà di collaborare con la giustizia, non senza prima aver sollecitato la sicurezza per lui e la sua famiglia: “a partire dall’istante in cui presi la decisione di collaborare con la giustizia, di portare alla luce del sole ciò che io sapevo circa i così mal chiamati falsi positivi, l’integrità della mia famiglia e la mia stessa si trovano in pericolo e temo per una futura rappresaglia contro di noi, per questo richiedo protezione e che l’informazione che do sia investigata e che non rimanga nell’impunità, senza aspettare alcun beneficio in cambio, oltre che la realizzazione della giustizia e conservare la sicurezza della mia famiglia e la mia”.

16-12-2010

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Juan Diego Restrepo, “Comandante que no tenga resultados de muertos por mes, tendrá sanción correspondientetraducido para Rebelión por S., pubblicato il 16-11-2010 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=118683&titular=”comandante-que-no-tenga-resultados-de-muertos-por-mes-tendrá-sanción-correspondiente“-], ultimo accesso 25-01-2011.

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