Mapuche


I mapuche sono il gruppo indigeno più numeroso del paese: 800.000 persone su 16 milioni di cileni. Chiedono la restituzione del loro territorio ancestrale nelle regioni del Bío Bío e dell’araucanía, nel sud del paese, la cui conquista da parte dell Cile s’è completata solo nel XX secolo. Altri 400.000 mapuche vivono nello stato argentino. In totale i mapuche sono 1, 2 milioni, molto più degli abitanti di Cipro e il quadruplo di quelli dell’Islanda.

I mapuche in Cile

I mapuche, chiamati dagli spagnoli araucanos, all’arrivo dei conquistadores occupavano un territorio vastissimo che arrivava al nord fino al río Choapa e a sud fino alle isole di Chiloé. Furono una delle popolazioni indigene che oppose maggiore resistenza agli europei, fino al ottennero di bloccarli fino alla metà dell’Ottocento sulla riva settentrionale del Rio Bío-Bío dove venne fissata la frontiera prima con l’Impero spagnolo (pacto de Quilín, en 1641) e poi con lo stato cileno fino al 1925 (Tratado de
Tapihue). Ciònonostante a partire dal 1863 i governi cileni lanciano l’offensiva per l’occupazione dei territori a sud del Bío-Bío, conclusa nel 1883.

A titolo di paragone molti paesi oggi indipendenti come Algeria, Indonesia, India sono stati colonizzati dagli imperi europei prima di quella data, e negli stessi anni avveniva la spartizione dell’Africa e la conquista di molte regioni asiatiche sempre da parte degli europei.

Le terre strappate ai mapuche, il 95% della regione annessa con il nome di Araucania, viene assegnata a proprietari cileni che vi costituiscono grandi latifondi. Nei settant’anni seguenti i mapuche vengono privati del poco che gli era rimasto, stranieri in un paese di cui con difficoltà parlano la lingua soffrono un processo di pauperizzazione che li relega in fondo alla stratificata società cilena.

Solo con il governo di Eduardo Frei Montalva (1964-1970) viene iniziata una riforma agraria (1967) che porta a un parziale recupero di terre, e durante il successivo governo di Salvador Allende (1970-1973) vengono restituiti 200.000 ettari alle comunità mapuche. Ma il golpe del ’73 di augusto Pinochet interrompe questo processo: la restituzione delle terre viene bloccata, vengono incarcerati e spesso uccisi i leaders mapuche che avevano collaborato con la riforma agraria, il 65% delle terre restituite vennero riconsegnate ai loro vecchi proprietari, vendute o incamerate dallo stato.

Nel 1978 venne stabilita per legge la divisione e la vendita delle terre rimaste alle comunità mapuche, nel decreto attuativo si affermava inoltre che esse “cessavano di essere considerate terre indigene, così come si cessava di considerare indigeni i loro proprietari o i loro compratori”. Contemporaneamente le foreste della regione venivano disboscate per piantare pini ed eucalipti, alberi che non sono originari del Sud America.

Per contrastare le minacce di assimilazione dello Stato cileno e contemporaneamente alla nascita di organizzazioni indigene in tutto il continente i mapuche fondano a partire dal 1978 propri centri culturali e associazioni di diverso orientamento politico, il dialogo tra i diversi gruppi sbocca nel 1987 nella composizione di un Coordinamento Nazionale Mapuche a favore di un riconoscimento costituzionale della loro autonomia ed esistenza come popolo. Assieme alle organizzazioni delle altre etnie indigene del paese viene costituito un Consiglio Nazionale dei Popoli Indigeni.

Nel 1990 dopo 27 anni finisce la dittatura di Pinochet, per 20 anni alla presidenza della repubblica si alterneranno esponenti del partito Socialdemocratico e di quello Democristiano alleatisi in una coalizione chiamata Concertacion. I capi politici mapuche scelgono di trattare con il governo, nel Patto di Nueva Imperial (1 dicembre 1989) ottengono la promessa del riconoscimento costituzionale dei popoli indigeni, della creazione di un fondo per lo sviluppo amministrato da una corporazione indigena, la ratifica della Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro che riconosce il diritto dei popoli indigeni al proprio territorio, quello ad essere consultati per i provvedimenti che li riguardano, quello di conservare le proprie strutture economiche e la propria identità culturale, linguistica e religiosa. Tutt’ora il Cile è uno dei pochi paesi dell’America latina, assieme ad Uruguay, Salvador e Panama a non aver ratificato la convenzione.

Anche le altre promesse non vengono mantenute, sebbene nel 1993 venga creata una Corporazione Nazionale di Sviluppo Indigeno (CONADI) essa è costituita tanto da rappresentanti indigeni quanto del governo e, quando nel 1997 il suo presidente esprime la propria contrarietà alla costruzione della diga di Ralco nell’Alto Bio Bio viene destituito dal governo.

È proprio la costruzione della diga che serve una centrale idroelettrica da 570MW a segnare un importante cesura nella lotta per l’autodeterminazione dei mapuche. Molte comunità pehuenche, uno dei popoli mapuche, vengono trasferite, il lago artificiale creato dalla diga sommerge il loro territorio, i loro cimiteri e luoghi cerimoniali. Da questo momento numerosi mapuche scelgono di uscire fuori dai binari delle trattative istituzionali e di intraprendere anche azioni illegali per difendere il proprio territorio come incendiare le strutture delle compagnie forestali che operano nella regione.

Alcune delle comunità più colpite dal disboscamento, dal danneggiamento dell’ecosistema provocato dalla piantagione di pini e eucalipti e dalla conseguente povertà crearono il Coordinamento Arauco-Malleco (CAM) che nel dicembre 1997 realizzò la prima occupazione di un terreno di una compagnia forestale. I suoi dirigenti, accusati dell’incendio di tre camion, vennero incarcerati. Da quel momento la repressione dello Stato nei confronti delle rivendicazioni mapuche s’è fatta più forte, ed iniziò ad essere applicata agli indigeni la Legge di Sicurezza Interna dello Stato, che limita largamente la possibilità di difesa durante i processi.

L’incendio di presidi forestali e l’occupazione di terre sono state il passaggio successivo, ed il governo ha risposto con la Legge Antiterrorista, promulgata durante la dittatura di Pinochet. Fino ad ora gli unici abitanti del paese condannati da questa legge molto criticata sono stati mapuche. Una legge che trasforma l’incendio o la minaccia di incendio in crimini punibili con 10 anni di carcere.

Al contrario la politica governativa è sostenuta dai mass media e i poliziotti colpevoli di gravi violenze godono della sostanziale impunità. Un anno fa, il 12 agosto 2009, un ufficiale del Gruppo d’Operazioni Speciali di Polizia (GOPE) ha sparato alla schiena ad un giovane mapuche disarmato dopo un occupazione di terre. Le indagini sono ancora in corso, ma non ci sono grandi speranze che il processo si risolva diversamente da quello intentato contro un altro ufficiale del GOPE per un omicidio simile, colpo alla schiena, del 2008. L’ufficiale è stato condannato a due anni di carcere subito commutati in obbligo di firma.

Intanto aumentano i prigionieri politici mapuche nel giugno 2010 erano 96, di cui 2 donne e 21 minorenni. Effettivamente in carcere, processati con la legge Antiterrorismo, sono 57. Questa legge, promulgata dalla dittatura di Pinochet consente l’esistenza di testimoni anonimi, l’annullamento della libertà condizionale e più alte condanne di carcere.

Approfondisci su

http://www.nodo50.org/weftun/

http://www.ecomapuche.com/

http://www.contralatortura.cl/

http://www.rebelion.org/apartado.php?id=152

Fonti
Comisión Ética Contra la Tortura,Informe de derechos umanos 2010, pubblicato tra 06-2010 e 08-1010 su [http://www.contralatortura.cl/informe_2010.pdf], ultimo accesso 01-09-2010.

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