Ríos Montt, processo per genocidio in Guatemala


  Kate Doyle

Il Giudice Miguel Ángel Gálvez ha dichiarato terminata l’udienza di quattro ore che ha avuto luogo oggi lunedì, accettando, nel processo per genocidio all’ex dittatore del Guatemala Efraín Ríos Montt, tutti i testimoni, i periti e i documenti portati come prova dalla procura. Alla difesa, al contrario, non è stato possibile apportare né i suoi periti né le prove documentate a favore del suo cliente, anche se il Giudice ha approvato vari testimoni della difesa.

Questo verdetto significa che il caso ora andrà al Tribunale per le Sentenze, nella ricerca di una decisione su quando iniziare la fase dibattimentale, finale, di questa inusitata azione contro il generale in ritiro e il suo capo dei servizi segreti, José Mauricio Rodríguez Sánchez. Ambedue gli uomini sono accusati di essere stati i cervelli di una campagna militare di “terra bruciata” contro le forze ribelli durante il periodo 1982-1983, che massacrò centinaia di civili Maya abitanti dell’Ixil, regione nordoccidentale del paese.

L’udienza ha avuto luogo al 14° piano della Torre dei Tribunali di Città del Guatemala, alla presenza di difensori dei diritti umani, attivisti Maya, giornalisti ed altri osservatori. Ríos Montt è rimasto seduto dietro i suoi tre avvocati, ascoltando lo svolgimento del processo e prendendo appunti, mentre il Procuratore Orlando López e quattro rappresentanti delle vittime condividevano un lungo tavolo di fronte a lui.

Anche se il pomeriggio è stato dominato dal Giudice che a voce alta leggeva i nomi delle centinaia di testimoni proposti dal Pubblico Ministero –molti di loro sopravvissuti ai massacri–, il suo rifiuto di accettare una parte sostanziale delle prove presentate dalla difesa ha creato una risposta accalorata degli avvocati di Ríos Montt, Francisco Palomo, Danilo Rodríguez e Marco Cornejo, che si sono scagliati contro la decisione, dicendo che la causa sembrava un “linciaggio” e protestando che la Corte “viola il diritto alla difesa del nostro cliente”. “Non è possibile dare inizio ad un processo senza periti”, ha protestato Palomo, “specialmente se la procura conta su 64 di loro”.

Il Giudice Gálvez ha sottolineato che avevano presentato i nomi degli esperti (come il generale in ritiro José Luis Quilo Ayuso) senza accludere le loro analisi o rapporti di esperti, per cui li ha invalidati. Il Giudice ha anche spiegato che invece di portare documenti come prove, gli avvocati di Ríos Montt hanno presentato all’ultimo minuto istanze dei registri del Ministero della Difesa, che speravano di ottenere con un ordine giudiziario.

Il Giudice, in effetti, stava facendo notare che l’equipe della difesa non aveva fatto il lavoro richiesto dal caso. Quando Palomo ha protestato di non aver avuto sufficiente tempo per prepararsi, il Giudice ha replicato che il caso di genocidio contro Ríos Montt e i suoi principali ufficiali è stato originariamente aperto nel 2001. (Per gli eccellenti precedenti del caso in spagnolo, vedere il riassunto del Centro per l’Azione Legale sui Diritti Umani (CALDH), una delle organizzazioni che rappresentano le vittime del genocidio).

Il Giudice Gálvez ha anche rifiutato le obiezioni dell’equipe della difesa per quanto riguarda l’ammissione dei piani e dei registri militari connessi all’Operazione Sofía, violenta offensiva militare nel Triangolo Ixil, nel luglio e agosto del 1982, che finì con la distruzione degli insediamenti Maya e la morte di civili. Giustificando questa decisione, ha sottolineato che la Corte Interamericana aveva ripetutamente deliberato che il Guatemala non poteva nascondere le prove nei processi per crimini sui diritti umani, sulla base del “segreto di stato”. Tra quelli, Gálvez ha citato la sentenza della Corte per l’assassinio nel 1990 di Myrna Mack, “caso Myrna Mack Chang v. Guatemala”, (25 novembre 2003), nel quale la Corte scrisse:                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

… nel caso di violazioni dei diritti umani, le autorità statali non possono ricorrere a procedure come il segreto di stato o la riservatezza dell’informazione, o in virtù dell’interesse pubblico o della sicurezza nazionale, in modo di evitare la presentazione dell’informazione richiesta dalle autorità giudiziarie o amministrative, incaricate di una indagine o di un processo in sospeso. (Vedere paragrafo 180)

È molto probabile che i documenti e i piani militari dell’Operazione Sofía, ammessi oggi come prove da Gálvez, svolgeranno un ruolo fondamentale nel lavoro della Procura di suffragare le accuse contro Ríos Montt e Rodríguez Sánchez.

Il caso per genocidio ora si trasferisce alla Corte per le Sentenze, “Tribunale Primo A di Maggior Rischio”, che è presieduto dalla Giudice Jazmín Barrios. Nei prossimi giorni, il tribunale stabilirà quando comincerà la fase dibattimentale del processo, molto probabilmente nei prossimi tre quattro mesi.

Alla Giudice Barrios le è toccato presiedere alcuni dei giudizi più importanti sui diritti umani in Guatemala, incluso quello sugli ufficiali militari nel caso dell’uccisione di Myrna Mack nel 1990, dell’assassinio del Vescovo Juan José Gerardi nel 1998, come anche i casi dei massacri di Dos Erres e di Plan de Sánchez.

La giustizia va avanti

In Guatemala il 31 gennaio si è avuto un avanzamento della giustizia, con l’apertura dell’importantissimo caso criminale nei confronti di Ríos Montt, ex dittatore, per genocidio e crimini contro l’umanità. Ríos Montt, insieme a José Mauricio Rodríguez Sánchez, suo capo dei servizi segreti militari, sono accusati di aver ordinato e sovrainteso ad una sanguinaria campagna di contro-insurrezione mentre governava tra il 1982 ed il 1983, decidendo di spazzar via le forze guerrigliere e chi le appoggiava. L’accusa incolpa i due generali in ritiro, della responsabilità di quindici massacri nella Regione Ixil, nel nordovest del Dipartimento del Quiché, che provocò la morte di 1.771 uomini, donne e bambini disarmati.

La Procura presenta circa 142 testimoni –tra loro, familiari delle vittime e sopravvissuti del massacro, così come 64 periti, inclusi analisti militari, esperti forensi, antropologi, specialisti, investigatori e psicologi. Tra i documenti sono stati ammessi i registri militari, i piani delle campagne contro-insurrezionali, i rapporti sul terreno inviati dai luoghi dei massacri ai comandi superiori, come anche i risultati delle indagini compiute dalla Commissione di Chiarificazione Storica, auspicata dalle Nazioni Unite. Nel 1999, questa Commissione ha concluso che nel conflitto morirono o scomparvero 200.000 civili durante un periodo di 36 anni. La Commissione per la verità ha anche sottolineato che l’esercito, la polizia e le forze paramilitari del Guatemala erano responsabili del 93% delle violazioni dei diritti umani avvenute durante la guerra.

A gennaio del 2012 Ríos Montt è stato accusato di genocidio. Nonostante ciò, un fiume di ricorsi, richieste di amnistia e altre tattiche dilatorie da parte della difesa, hanno impedito che il caso andasse avanti. Quando il Giudice Gálvez ha deliberato l’inizio del processo per lunedì, ha rifiutato 13 ricorsi che ancora erano pendenti. Uno degli avvocati di Ríos Montt, Francisco Palomo, ha ieri riferito ai giornalisti che la sua equipe legale ora prepara un ricorso contro la decisione del giudice per l’apertura del processo, che ha chiamato “linciaggio politico”.

“Non c’è un documento o testimonianza, che possa provare che il mio cliente partecipò ai crimini di cui è accusato dal Pubblico Ministero”, ha detto Palomo. Si è riferito al fatto che le motivazioni del Pubblico Ministero sul caso vengono alla luce per il fatto che è “pieno di ex guerriglieri”, riferimento implicito alla Procuratrice Generale, Claudia Paz y Paz, della quale i militari dicono che i suoi familiari erano membri della ribellione.

La difesa sembra basarsi sulla sua capacità di separare la funzione di Ríos Montt come precedente capo di stato, dai crimini sui diritti umani commessi dai suoi soldati che operavano sul terreno. La tattica ignora la famosa rigida gerarchia militare che agiva nei momenti culminanti del conflitto armato, con ordini che fluivano dal comandante in capo verso i suoi ufficiali nelle zone militari, che a loro volta inviavano i loro rapporti sui risultati delle proprie azioni, per mezzo della struttura di comando.

Uno dei pezzi chiave della prova che sarà presentata dalla Procura è un insieme di registri militari relativi all’Operazione Sofía, un violento rastrellamento contro-insurrezionale nella Regione Ixil nel luglio e agosto del 1982. I documenti di Sofía, che furono ottenuti nel 2009 dal National Security Archive (Archivio della Sicurezza Nazionale) da una fonte confidenziale, successivamente autenticati e forniti agli avvocati del caso per genocidio, dimostrano fino a che punto le brutali tattiche usate dalle truppe che radevano al suolo gli insediamenti Maya alla ricerca del nemico, erano controllate dall’alto comando del Guatemala. I rapporti contengono molteplici riferimenti a omicidi di civili disarmati, paesi distrutti, massacri di animali, incendi di coltivazioni, bombardamenti indiscriminati di rifugiati che scappavano dalla violenza.                               

I sopravvissuti di tali operazioni terrestri da trenta anni lottano per il riconoscimento e la giustizia, con l’illimitato appoggio del CALDH, Centro per l’Azione Legale sui Diritti Umani, dell’Associazione per la Giustizia e la Riconciliazione, AJR, così come anche di altre organizzazioni locali e internazionali. La partecipazione del National Security Archive è iniziata nel 1994, mentre si svolgevano i colloqui di pace, quando l’Archive organizzò un progetto di documentazione, con lo scopo di ottenere registri declassati dagli Stati Uniti, che avrebbero offerto nuove informazioni sulla storia occulta del conflitto in Guatemala, sui meccanismi della repressione statale e sull’azione degli Stati Uniti in appoggio della campagna contro-insurrezionale dell’esercito guatemalteco.

A seguito dell’accordo di pace del 1996, la Commissione di Chiarimento Storico, sulla base dei registri degli Stati Uniti e del Guatemala, come anche di migliaia di testimonianze, dei risultati delle esumazioni e dei rapporti sui diritti umani, ha aperto la porta all’azione legale internazionale nel 1999, dichiarando che nel territorio Maya del paese, tra il 1981 e il 1982, si registrarono “atti di genocidio”, incluso nel Triangolo Ixil. La conclusione convinse la famosa attivista Maya, Rigoberta Menchú, Premio Nobel per la Pace, a presentare un caso di genocidio alla Corte Nazionale della Spagna, che era appoggiato dal National Security Archive con testimonianze verificate e documentazione.

13-02-2013

CIPAméricas

*Kate Doyle, è Direttrice del Progetto Messico. I suoi resoconti di attualità sul processo si possono trovare nel blog del National Security Archive.

Traduzione di Maria Stella Dabancens

Fonte: http://www.cipamericas.org/archives/8920

Per maggiori informazioni e aggiornamenti:

Libro in pdf: Guatemala, la utopía de la justicia di Antonio Cuesta

– Unredacted, National Security Archive unedited and uncensored”, blog: http://nsarchive.wordpress.com/ per rintracciare i documenti  della “Operazione Sofía”.

– Il sito web di notizie del Guatemala, Plaza Pública, pubblica corrispondenze dal vivo in spagnolo delle azioni legali, attraverso twitter. https://twitter.com/PzPenVivo

– Documentario del 2011, Granito: How to Nail a Dictator.

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Kate Doyle, “Ríos Montt, juicio por genocidio en Guatemalapubblicato il 13-02-2013 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=163731] ultimo accesso 14-02-2013.

 

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