Di nuovo Stefanoni e il pachamamismo


Hugo Blanco

Nel continente la avanguardia nello sviluppo della lotta contro il sistema la occupa indubbiamente il movimento indigeno.

Nonostante l’educazione che tutti abbiamo ricevuto: che sono culture primitive che da molto tempo sono state superate dallo sviluppo dell’umanità, sempre più gente tra coloro che lottano contro il sistema constata questa irrefutabile realtà.

Il sistema, conoscendo il pericolo che per esso comporta l’estensione del rispetto e della solidarietà che queste lotte suscitano nei popoli non indigeni del mondo, si sforza di combatterlo, appellandosi ai pregiudizi da lui stesso sostenuti. Non ci sorprende che faccia così né che la popolazione addomesticata da lui ci disprezzi.

Però mi sono allarmato quando ho visto in pagine ribelli di internet l’articolo razzista del “progressista” Stefanoni.

Cominciamo dal titolo: “Dove ci porta il pachamamismo?”

Il termine Pachamama (Madre Terra o Madre Natura) ha profonde implicazioni per la nostra cultura. Negli ultimi anni, ripeto, i popoli indigeni si sono messi alla testa della lotta contro il saccheggio della natura che fa il sistema governato dalle grandi imprese multinazionali, del quale la maggior parte dei governi non sono altro che suoi servi.

Vedendo questo, chi agisce contro il sistema appoggia la nostra lotta, usando precisamente il termine di natura nel mio idioma che non è altro che uno dei molti dei nostri popoli: Pachamama.

Cito la famosa ecosocialista catalana Esther Vivas: “Bisogna, inoltre, integrare le richieste dei popoli originari, il controllo delle loro terre e dei beni naturali, e la loro cosmovisione e rispetto della “pachamama”, la “madre terra”, e la difesa del “vivere bene”. Valorizzare questi apporti che mostrano un nuovo tipo di relazione tra l’umanità e la natura è fondamentale per affrontare il cambiamento climatico e la mercantilizzazione della vita e del pianeta”.

Questa parola è la nostra bandiera di lotta.

Ed è questa parola che lui usa in termini dispregiativi, denigrandola. Che funzionari governativi e ONG la usino per fini contrari ai nostri è certo, precisamente la usano conoscendo le grandi implicazioni che ha per i nostri popoli. Sono d’accordo nel denunciare questo uso spurio,  però questo non implica la denigrazione di qualcosa di sacro per i nostri popoli.

Ma ciò è solo l’inizio della lotta di Stefanoni verso i nostri movimenti. Dopo viene il disprezzo per la nostra lotta, per la nostra agricoltura ecologica, per cui si è incominciato a parlare di “vivere bene”. La lotta per il recupero della nostra identità è qualificata come costruzione di un marginale e infine ci screditano nella lotta per un cambiamento di sistema.

La risposta di Stefanoni alle mie critiche è una non risposta.

Lui ha detto: “Molti degli errori ufficiali nella conferenza non sono estranei all’aver consegnato ai pachamamici il tema del cambiamento climatico”.

Gli ho risposto: “Nessuno ha consegnato agli indigeni il tema del cambiamento climatico, sono loro che giorno dopo giorno vanno a lottare e a morire come a Bagua, Perù, in difesa della Madre Terra e contro la contaminazione ambientale che produce l’azione delle grandi imprese multinazionali. In questo momento, per la sua politica estrattivista, gli indigeni ecuadoriani sono passati all’opposizione del “Socialismo del XXI Secolo” di Correa”.

Se si riferisce al presidente: “Morales dopo il suo corretto intervento a Copenaghen, che concordava esattamente con il sentimento dei 100.000 che protestavano di fronte all’inazione dei governi, è stato l’unico presidente che ha convocato alla conferenza non solo gli indigeni ma la popolazione mondiale”.

Non risponde se insiste sul fatto che qualcuno ha consegnato il tema della difesa della natura o riconosce che siano stati gli indigeni coloro che con la loro lotta hanno conquistato quel luogo o se Morales è stato o no l’unico presidente che abbia fatto una convocazione ad una riunione sul cambiamento climatico.

Critico che non segnali l’importanza delle lotte indigene in difesa della natura e che pensi che coloro che riciclano l’immondizia abbiano più autorità di loro nel guidare la difesa della natura: “In Europa c’è molta più coscienza sul riciclaggio dell’immondizia (incluse le plastiche) che nel nostro paese, dove in molti sensi c’è tutto da fare, e un ecologismo informato – e tecnicamente solido – sembra molto più efficace che guidare il cambiamento climatico attraverso una supposta filosofia originaria, spesso un alibi di alcuni intellettuali urbani  per non abbordare i problemi urgenti che sta vivendo il paese”.

Non risponde se continua a considerare che nella lotta per la difesa dell’ambiente il riciclaggio dell’immondizia sia più importante di battaglie come quella di Bagua.

Egli ha annunciato: “Io mai ho visto, però forse mi sbaglio, un blocco per il ‘vivere bene’”.

Gli ho risposto: “In Perù le battaglie menzionate in difesa dell’ambiente, sono fatte per il ‘vivere bene’ contro l’insegnamento che il capitalismo ci dà di ‘guadagnare più denaro nel minor tempo possibile’, poco tempo fa un donna che lottava ha dichiarato: ‘non mangerò oro’”.

È l’unica cosa a cui mi risponde: “Le altre critiche (Hugo Blanco) sottolineano  che ci sono lotte per il ‘vivere bene’, per esempio, riguardo all’industria mineraria tossica. È certo, ma è anche certo che in Argentina quelle lotte combattive e di massa contro le multinazionali ed il modello estrattivista sono effettuate anche da comunità moderne e occidentali che non vogliono che i propri paesi siano avvelenati dal cianuro”.

Fortunatamente riconosce che “è certo” e sottolinea che quelle lotte siano portate avanti anche da comunità “moderne e occidentali”. Questo lo riconosciamo, non ho detto che non fosse così; considero per esempio, che indigeni e non indigeni debbano apprendere molto dall’intelligente e creativa lotta della popolazione di Andalgalá in Catamarca, Argentina.

Egli ha detto: “il dibattito sulla decolonizzazione non può mettere da parte la tensione tra la sopravvivenza della marginalità (sotto forma di preservazione dell’identità e della cultura ‘ancestrale’ o delle teorie dell’indigeno ‘buon agricoltore…”

Gli ho risposto che la rivendicazione della nostra identità indigena non implica “la sopravvivenza della marginalità” e ho indicato vari esempi, lui non risponde, non dice se insiste che il rivendicare la nostra identità implichi o no la sopravvivenza della marginalità.

Gli ho anche risposto che effettivamente siamo buoni agricoltori, che lavoriamo la terra senza deteriorare l’ambiente a differenza della “moderna” agricoltura praticata dalle grandi imprese agricole multinazionali che uccidono il suolo con le monoproduzioni, i transgenici, l’uso dei pesticidi e che ha inventato il “terminator”, il meraviglioso seme che non germina.

Al riguardo non dice nessuna parola, non si sa se riconosce che l’agricoltura indigena (e del piccolo contadino non indigeno) sia migliore per la natura o considera che lo sia l’agricoltura “moderna” delle multinazionali.

Afferma: “La posa di autenticità ancestrale può essere utile per sedurre i turisti rivoluzionari in cerca di ‘esotismo familiare’ latinoamericano … però non sembra capace di apportare nulla di significativo in termini di costruzione di un nuovo stato, di messa in marcia di un nuovo modello di sviluppo, di discussione su un modello produttivo percorribile o su nuove forme di democrazia e partecipazione popolare.”

“la sua genericità ‘filosofica’ non fa nessun cenno sul superamento del capitalismo dipendente, sull’estrattivismo o la finanza, né sulla costruzione di un nuovo stato”.

Ho confutato questa affermazione, le lotte indigene non sono solo in difesa dell’ambiente ma anche in difesa della propria organizzazione collettivista, autenticamente democratica, cosa che appunto significa difendere gli embrioni di quello che in occidente si chiama socialismo, ma a cui gli indigeni non danno quel nome poiché a volte stanno lottando difendendosi contro governi chiamati “socialisti” come lo è stato quello di Bachelet ed ora lo è quello di Correa, ho posto l’esempio del Chiapas (dove da più di 15 anni stanno costruendo un potere alternativo al capitalismo) e di altri.

Nemmeno una parola di risposta a questo, né negativa né positiva!

È necessaria una risposta che sia veramente una risposta.

2.8.2011

Lucha Indígena

Fonti
Hugo Blanco, “Nuevamente Stefanoni y el pachamamismo” in Lucha Indígena, pubblicato il 02-08-2011 su [http://www.luchaindigena.com/2010/06/nuevamente-stefanini-y-el-pachamamismo/], ultimo accesso 08-05-2012.

 

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