Edifici, università ed hotel sono vigilati da pattuglie e poliziotti antisommossa.
In un ufficio situato nel centro di Managua, un gruppo di giovani si riunisce per pianificare un altro “picchetto espresso”. Lo scorso mese questi medesimi ragazzi, tutti laureati, hanno effettuato con successo due azioni di protesta, come dire, senza aggressioni né arresti polizieschi. “Lo facciamo con molta cautela, perché non vogliamo perdere il nostro lavoro e nemmeno che ci mandino a El Chipote”, spiega “Franco”, che con questo gruppo continua a “resistere” nonostante lo stato di polizia di fatto imposto dalla Polizia Nazionale dal settembre 2018.
“Franco” ha partecipato alle proteste fin dal 18 aprile dell’anno passato. “Uscimmo alle cinque del pomeriggio e con il gruppo andammo fino al Camino de Oriente. Il resto è storia. Mi riferisco alla morte, alle distruzioni e alle aggressioni che vennero da parte della Polizia e del Dittatore”, ricorda. Il giovane di 28 anni, ha accettato di parlare con CONFIDENCIAL alla condizione dell’anonimato, e afferma che lui e il suo gruppo continuano a protestare perché “la pressione non deve diminuire”. “Dobbiamo mantenere sveglio questo vulcano”, valuta.
Per effettuare con successo il “picchetto espresso”, “Franco” e i suoi compagni, dovranno tracciare una strategia che non li esponga agli antisommossa. Il pattugliamento e il numero di effettivi sono aumentati nella zona dove sperano di protestare, che è permanentemente sorvegliata. “È la voglia di voler fare la patria. Solo in questo paese non puoi agitare la tua bandiera perché solo qui ti gettano in prigione. È ridicolo”, critica “Franco”, che svelto invia alcune immagini dell’assedio che c’è nelle vicinanze del luogo dove è riunito con i suoi amici.
Dal settembre del 2018, la Polizia della dittatura di Daniel Ortega impone uno stato di polizia di fatto che impedisce ai nicaraguensi di realizzare proteste contro il regime sandinista. Fino ad oggi, sono state proibite sette convocazioni di diverse organizzazioni civili. E questa settimana, il Comitato Pro Liberazione delle Prigioniere e dei Prigionieri Politici ha fatto un altro sollecito, riguardo al quale aspettano ancora una risposta.
L’istituzione poliziesca ha proibito i cortei con un ordine di polizia che minaccia di arrestare e processare le persone e le organizzazioni che convocano le manifestazioni di protesta civica. “Saranno responsabili e risponderanno di fronte alla giustizia, le persone e le organizzazioni che convocano questi spostamenti illegali, attraverso i quali siano state promosse e si cerchino di promuovere, azioni delinquenziali, distruttive e criminali”, ha allertato la nota stampa diffusa nei media governativi.
I punti di assedio permanente
La Polizia non solo rifiuta le richieste di realizzare manifestazioni. Pattuglia anche le strade della capitale, e quelle di diversi municipi del paese, per evitare che coloro che protestano lancino palloncini azzurri e bianchi, e sventolino bandiere del Nicaragua. A Managua, ci sono in modo permanente pattuglie in tutte le rotonde. Hanno una pattuglia nel boulevard e almeno sei effettivi armati.
La presenza poliziesca si è estesa alle vicinanze del Centro Pellas, di LaFise de Carretera a Masaya, di Invercasa, dell’Università Centroamericana (UCA) e dell’hotel Holiday Inn, dove l’Alleanza Civica, l’Unità Nazionale Azzurro e Bianca, e le altre organizzazioni civili e politiche, effettuano riunioni o conferenze stampa.
Nei punti prima menzionati, la Polizia dispiega circa 20 effettivi. In alcuni siti, c’è anche una pattuglia che staziona. Regolarmente, inoltre, transitano per il settore altri cinque pick-up pieni di antisommossa, che sono gli stessi che circolano nei vari punti della capitale.
A Masaya, León, Jinotepe e Matagalpa, la vigilanza poliziesca si estende alle chiese, e sta violando il diritto alla libertà di riunione.
La missione degli ufficiali è di soffocare qualsiasi tentativo di protesta. Se alcuni cittadini lanciano palloncini azzurri e bianchi, allora loro devono acciuffarli e farli scoppiare. Se collocano delle bandiere del Nicaragua con lo scudo puntato in basso, loro devono girarle o semplicemente confiscarle. E se hanno la possibilità di catturare coloro che “causano un così grave attentato terroristico”, lo bastonano per “costringerlo” e lo trasferiscono a El Chipote o alla stazione di polizia più vicina.
“Non abbiamo nessun diritto”
“Ogni volta che noi madri dei prigionieri politici vogliamo uscire a chiedere aiuto al popolo, che ci appoggino, che ci aiutino a protestare per i nostri figli sequestrati, ci acchiappa la Polizia, gli antisommossa, tutto l’apparato che ha questo uomo, ci maltratta ci massacra, ci aggredisce”, afferma Martha Alvarado.
La manifestante aggiunge che la situazione che vive il paese è “incredibile” e polemizza su come si possa “vivere in pace” in un paese nel quale ti si accusa di essere un terrorista se fai una manifestazione pacifica. “Non so come possiamo vivere in questo stato poliziesco, noi non abbiamo nessun diritto di protestare, di sfilare”, protesta.
Per José Merlo, un altro cittadino che si oppone al regime di Ortega, è riprovevole il modo di agire della Polizia, considera che, invece di proteggere i cittadini, stanno intimidendo, minacciando e bastonando.
“Io sono del parere che il popolo abbia già preso una decisione e nessuno lo ferma, faccia quello che faccia. Potrà uccidere, riempire le carceri e i cimiteri, ma il popolo ha già preso una decisione ed è di eliminare la dittatura”, pensa Merlo.
Accordi disattesi
La libertà di mobilitazione e manifestazione è uno degli accordi firmati al momento di sospendere il Tavolo di Negoziato con l’Alleanza Civica, che il regime orteghista non ha rispettato. Lo stato d’assedio poliziesco, prova che il dittatore non ha la volontà di rispettare quanto firmato.
Diana Lacayo, donna di casa e oppositrice del regime, pensa che Ortega non voglia rispettare gli accordi. Per questa donna, la dittatura “non mantiene la parola” e in cambio cerca di continuare ad opprimere il popolo fino alle prossime elezioni.
“Non possiamo vivere in uno stato d’assedio. Non possiamo manifestare, esprimerci. In qualsiasi momento ci attaccano e ci arrestano. Il fatto è che fin dall’inizio questo uomo non voleva rispettare, e ora ancor meno. Io non gli credo”, sostiene la Lacayo.
In una intervista nel programma Esta Semana, la rappresentante di Alleanza Civica, Azahálea Solís, ha ammesso che i diritti di manifestazione ed espressione continuano ad essere tagliati, alludendo allo stato di polizia che prevale nel paese. “Bisogna travestirsi per fare delle riunioni… Noi non possiamo accettare di non avere il diritto di manifestare”, afferma.
Per Juan Sebastián Chamorro, anche lui membro di Alleanza Civica, il fatto che Ortega continui con lo stato d’assedio poliziesco, mette in evidenza l’incongruenza del suo Governo e lo espone di fronte alla comunità internazionale come la forza politica che non vuole una via d’uscita alla crisi nazionale.
“Abbiamo messo allo scoperto l’incongruenza di un Governo che dice di essere democratico, e appoggia le libertà, quando in realtà fa il contrario. Loro stessi hanno firmato l’accordo del 23 marzo e loro stessi lo stanno violando. In questo modo questo costituisce una prova degli inadempimenti degli accordi che sono sottoscritti nella Costituzione Politica”, spiega Chamorro.
Elezioni anticipate senza stato di polizia
Alla fine di agosto, Alleanza Civica ha presentato una proposta di tredici riforme del sistema elettorale, che include a sua volta cinque riforme a livello costituzionale per anticipare le elezioni generali, municipali e regionali, proibire la rielezione, e stabilire il sistema del secondo turno.
Per gli oppositori la proposta di riforma è concepita come un punto di partenza per appoggiare “una unità nazionale”, nel momento in cui la dittatura vuole imporre la propria riforma in modo unilaterale. Assieme alla richiesta di riforme elettorali e dell’anticipazione delle elezioni, i cittadini chiedono come condizione la sospensione dello stato d’assedio.
Per Edwin Carcache, dirigente studentesco, Ortega mantiene un permanente assedio poliziesco perché teme l’unità nazionale del popolo. Aggiunge che, nonostante abbiano “tutto contro”, non smetteranno di lottare per ottenere la libertà del Nicaragua.
“Ortega è sospettoso, Ortega ha paura di vedere che questo muscolo del popolo vuole quanto prima giungere ad elezioni. Questo è quello di cui ha paura Ortega, per questo lo stato d’assedio che attualmente vediamo. Lui non permetterà che la cittadinanza vada ad una urna per il voto, ma come cittadini siamo coscienti del rischio e lotteremo per raggiungere i nostri obiettivi”, afferma Caracche.
In strada, anche la cittadinanza è cosciente del rischio che presuppone andare ad elezioni con uno stato di polizia. “Non possiamo andare ad elezioni con un AK sulla nuca. Qui non c’è sicurezza per nessuno. Per lo meno io -pensa la Alvarado-, che vivo contro questo Governo perché ha sequestrato mio figlio che protestava, se mi vedono entrare in una urna a votare, ti assicuro che mi diventerà impossibile”.
Per questa cittadina, la soluzione passa con il realizzare riforme elettorali una volta che siano stati liberati gli altri prigionieri politici che continuano a stare nelle segrete del regime. Ed è anche fondamentale che non ci sia uno stato di polizia di fatto e che il processo elettorale sia realizzato senza “questo uomo al potere”.
10 settembre 2019
Confidencial
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
“La resistencia bajo el estado de sitio” pubblicato il 10/09/2019 in Confidencial, su [https://confidencial.com.ni/la-resistencia-bajo-el-estado-de-sitio/] ultimo accesso 19-09-2019. |