Chi ha ucciso Javier Valdéz?


Rafael de la Garza Talavera

Il recente assassinio del giornalista sinaloense Javier Valdéz conferma, una volta di più, che le aggressioni alla libertà di espressione in Messico non sono un danno collaterale frutto della violenza sociale che ci soffoca. No, al contrario, sono parte essenziale della dinamica repressiva del narcostato messicano, il quale è caratterizzato dall’alleanza strategica tra i governanti e i cartelli del narcotraffico per mantenere in funzione la dinamica di accumulazione attraverso la spoliazione.

Per nessuno è un segreto la profonda relazione che c’è tra i politici e i narcotrafficanti a tutti i livelli di governo; tanto nel municipio, dove è più visibile, come a livello statale e nazionale. Il caso Ayotzinapa ha dimostrato che la relazione perversa tra politica e narcotraffico percorre tutte le istituzioni dello stato e invece di indebolirsi si rafforza. Vincere elezioni richiede molto denaro, e se viene dal narcotraffico per evitare il suo rinvenimento, meglio. È così che si stabilisce il carattere dello stato, in cambio dell’appoggio economico i politici sono molto disposti a dare ai cartelli una patente di corsa.

In questo senso non siamo di fronte ad una carenza dello stato, conseguenza di cattivi politici che sono superati dal narco, ma di fronte al modo in cui lo stato liberale in decadenza ha cercato di imporre il modello di accumulazione. Se si ammette che lo stato liberale esiste per garantire le condizioni di riproduzione del sistema economico, bisognerà accettare che detto stato è capace di qualsiasi cosa per compiere la propria missione: guerre, terrorismo, spionaggio, omicidi, alleanze con chi sia, colpi di stato, campi di concentramento e massacri di bambini donne e anziani.

In Messico l’assassinio del giornalista ha un doppio fine: silenziare con i proiettili un settore strategico della società e, soprattutto, continuare a manipolare la libertà d’espressione per favorire i potenti. Perché tutti sappiamo chi favoriscono simili azioni: sì, i politici e i loro padroni, che sarebbero i principali danneggiati di fronte ad un contesto dove la libertà d’espressione rispetti uno dei suoi ruoli più importanti, cioè, svelare l’illegalità e l’impunità di politici e impresari, indispensabile per rendere effettivi i grandi affari.

Che il lavoro sporco lo facciano i cartelli è fondamentale nella dinamica in questione giacché risulta una eccellente cortina di fumo per evitare che si possa vedere ciò che c’è dietro di loro. Il fatto è che, sebbene il narcotraffico sia un tipico esempio di accumulazione per spoliazione -giacché non solo si alimenta con la spoliazione di terre per la semina di droghe ma con l’estorsione, il sequestro, il furto, come dire in ricchezza prodotta da altri- non per questo si possono perdere di vista i benefici che forniscono all’economia “legale” i fiumi di denaro che i cartelli gestiscono.

Ma oltre ai “benefici” economici ci sono quelli ottenuti grazie all’ambiente di terrore che i cartelli mantengono per sottomettere la popolazione, che sono tanto o più apprezzati dai padroni del denaro e dalle loro marionette di vari colori, dato che spianano il cammino all’impunità e al furto legale, essenza dello sviluppo del capitale. È in questo senso che il ricorrente assassinio di giornalisti in particolare, e di migliaia e migliaia di persone in generale, realizza l’obiettivo di negare la libertà d’espressione e di mantenere un clima di terrore indispensabile a mantenere la sistematica spoliazione, estranea a resistenze e critiche da parte della popolazione.

Con quanto detto sopra non si vuole negare la responsabilità dei capi del narcotraffico nella guerra civile che opprime il paese, nemmeno negare la loro relativa autonomia dallo stato e dai suoi dirigenti. Ma se qualcuno ha beneficiato della guerra sono i padroni del denaro e i politici che li servono. Sono loro che hanno aperto la porta affinché gli omicidi di giornalisti e di migliaia di persone rimangano impuniti e così poter usufruire dei privilegi che danno il potere e il denaro. Per questo, e anche se a molti non gli piace, di fronte alla domanda del titolo non rimane altro da rispondere: È stato lo Stato!

16 maggio 2017

Colectivo la Digna Voz

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Rafael de la Garza Talavera¿Quien mató a Javier Valdéz?” pubblicato il 16-05-2017 in Colectivo la Digna Vozsu [http://lavoznet.blogspot.mx/2017/05/quien-mato-javier-valdez.html] ultimo accesso 22-05-2017.

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