Con le massicce rivolte popolari in tutto il Cile durante l’ultimo trimestre del 2019 e la successiva crisi economica e sanitaria causata dalla pandemia di COVID-19, la figura del progresista Gabriel Boric si ergeva come la soluzione democratico-borghese ai problemi prospettati durante la rivolta del 2019 e la successiva crisi della pandemia.
Dopo poco tempo il governo di Boric rese chiare le sue intenzioni: proseguire a dare continuità alle politiche neoliberali di saccheggio portate a termine da Piñera e dalla Concertazione. Con 65 leggi di sicurezza, il governo di Boric si incorona come l’amministrazione che ha più progetti approvati in questo settore dal ritorno alla democrazia nel 1990. Alcune di queste leggi le possiamo nominare: legge anti occupazioni (la legge sulle usurpazioni stabilisce pene di carcere per coloro che occupano un terreno per cui criminalizzano gli abitanti di occupazioni e accampamenti), legge Nain Retamal (che stabilisce la legittima difesa privilegiata per i funzionari di polizia che facciano uso delle loro armi per legittima difesa), modifica della legge antiterrorismo (il delitto di favoreggiamento dell’associazione terrorista, sanzioni per casi di terrorismo individuale, tecniche speciali di indagine) tra le altre.
Non è casuale l’approvazione di tutte queste leggi di sicurezza pubbliche approvate durante questo governo, dopo una rivolta popolare con un massiccio concorso, basta indagare un poco nella storia dei movimenti popolari e sociali: dopo un periodo di grande mobilitazione, come possono essere le rivolte, viene un periodo di controrivoluzione e di tagli dei diritti sociali. È il contraccolpo della classe dominante, è la sua rappresaglia di fronte all’autodeterminazione e all’autorganizzazione dei poveri e popolari.
Con il trascorrere del tempo, il fantasma di una domanda dentro il movimento popolare cileno si fa presente prima o poi: Come può essere accaduto che ci abbiano smobilitati? Durante la rivolta, era senso comune sapere che ‘i pacos (polizia) uccidono e violano’, o che ‘i politici mentono e rubano’, e ciononostante si impose “l’Accordo per la Pace e la Nuova Costituzione”, dove trasversalmente la grande maggioranza dei partiti politici rappresentati in parlamento firmarono per salvare lo status quo.
Come dice il proverbio popolare: la storia non si ripete, ma fa rima. Di fronte a questo scenario è inevitabile guardare le esperienze passate, che sebbene molti di questi processi abbiano sfumature e dettagli totalmente differenti quando si comparano con gli altri, le similitudini sempre ci rimandano a loro per cercare qualche guida o carta di navigazione e per non ripetere i medesimi errori: passando dalle rivolte operaie e spartachiste nella Repubblica di Weimar dove il socialista Ebert, a base di una brutale repressione zittì ogni tentativo rivoluzionario popolare, lasciando aperto il cammino al nazismo (Boric sta lasciando la porta aperta a un prossimo fascismo?) o cercando esperienze più vicine alla latinoamericana, abbiamo l’Argentinazo, la massiccia mobilitazione che sfociò in un governo progressista/peronista per mano di Nestor Kirchner (aprendo il cammino ai progressismi latinoamericani), e così ridirezionando tutto lo sviluppo del movimento sociale e popolare dentro i margini proposti dallo status quo a cui è stato attaccato.
Si potrebbero incolpare quei meccanismi elettorali che hanno cooptato la lotta sociale delle strade, ma si trascura l’autocritica di noi stessi, come movimento politico-sociale: se non abbiamo risposte e soluzioni concrete ai nostri problemi, difficilmente potremmo superare l’orizzonte democratico del progressismo, quel guardiano gattopardesco del sistema che cambia tutto per far sì che tutto rimanga uguale.
Ogni quattro anni, in ogni elezione siamo obbligati a votare, e in ciascuna delle volte si finisce sempre con un appello a votare per il male minore. Il giornalista afroamericano Glen Ford spesso diceva che Obama e i democratici non erano il male minore, ma erano il male più efficace; efficaci per portare a termine la volontà dei ricchi, delle corporazioni e del complesso industriale militare mentre davano l’apparenza di opporsi a loro. Il passato 11 marzo si sono compiuti tre anni da quando Gabriel Boric si è insediato alla presidenza del Cile, per molti di loro questo governo significò lasciare da parte la logica di continuare a votare per il male minore, ma votare per un governo che si ergeva come l’amministrazione che avrebbe portato a termine tutte le riforme delle richieste fatte dalle mobilitazioni della rivolta, fatto che in realtà era un’uscita democratica che ha avuto la classe dominante per pacificare la rivolta del 2019. In fin dei conti Boric, il fronte ampio e il progressismo sono sempre stati il male più efficace dentro l’illusione democratica. Ci rimane da chiederci e di fare l’autocritica in cosa abbiamo sbagliato e la cosa più importante: Come non tornare a cadere nella trappola della democrazia del capitalismo?
16 aprile 2025
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Nico Castañeda, “La derecha promete, el progresismo cumple: tres años de gobierno de Gabriel Boric”, pubblicato il 16-04-2025 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/la-derecha-promete-el-progresismo-cumple-tres-anos-de-gobierno-de-gabriel-boric/] ultimo accesso 18-04-2025. |