Fu membro dell’Assemblea Costituente della Bolivia del 2006-2007 e Viceministro della Pianificazione Strategica nel Ministero dell’Economia e delle Finanze dal febbraio al settembre del 2010. Filosofo e sociologo boliviano, fece parte del gruppo di teorici politici Comuna di La Paz insieme ad Álvaro García Linera.
– La situazione economica della Bolivia è molto grave, con l’esaurimento delle risorse degli idrocarburi, una forte scarsezza di dollari e il boom delle economie illegali come l’estrazione e l’esportazione d’oro. A che si deve questa debacle quando appena 15 anni fa il paese sembrava avere un futuro promettente?
– Questo 2025 è un anno elettorale, tutti i partiti politici e i gruppi cittadini si preparano alla scelta dei candidati e alle elezioni nazionali, tutte le agende politiche e della comunicazione sono dedite a coprire ed esaminare questo evento. La domanda è: Che classe di evento è questo, delle elezioni nazionali, nella congiuntura algida attraverso cui passa la Bolivia?
Dopo due decenni di gestioni di governi neopopulisti, con un interregno di meno di un anno di un governo di “transizione” neoliberale, che in realtà fu una continuazione delle gestioni del precedente governo e un’anticipazione delle gestioni del governo successivo, è palese la decomposizione dello stato malamente chiamato Stato Plurinazionale della Bolivia, soprattutto è evidente il crollo del MAS, partito di governo in crisi, ora diviso in due ali, anche se una di queste ha perso la sigla.
In quella che viene chiamata opposizione, si è formato un fronte che riunisce varie forze politiche che vogliono essere l’alternativa al MAS, di quello che fu per due decenni il MAS. Anche nell’opposizione, il politico cochabambino Manfred Reyes Villa si trova in campagna elettorale, volendo essere l’opposizione al MAS, anche se gli altri dell’opposizione lo accusano di essere, piuttosto, vicino al partito neopopulista, che ha governato per 20 anni. Anche gli altri candidati minori si trovano nella lotta cercando di partecipare alla consultazione politica, la maggioranza di loro vuole essere anche l’opposizione e l’alternativa al MAS.
Tutte queste forze politiche menzionate, competono nella consultazione elettorale come se non fosse successo nulla durante i due decenni, anche se nei loro discorsi menzionano il cattivo governo. Quello che è successo corrisponde ad una gravità maiuscola, dato che si è persa la grande opportunità della trasformazione istituzionale e strutturale che chiede la Costituzione. Questa gravità mostra tutta la sua drammaticità quando la conclusione di due decenni di gestioni di governo, in modo governativo e clientelare, ha distrutto il paese, lasciandolo praticamente senza risorse di idrocarburi, senza industria petrolifera, trasformandolo piuttosto in un importatore di diesel e benzina. La forma di governo clientelare di cui parliamo è responsabile dell’incendio di più di quindici milioni di ettari di boschi, del saccheggio dei territori dell’Amazzonia, del Chaco, delle Valli e dell’Altipiano. È responsabile anche dell’espansione del capitalismo selvaggio, legato all’attività mineraria, soprattutto per quanto riguarda le mal chiamate “cooperative di minatori”. Allo stesso modo, seguendo questi discorsi sinuosi, coprendo l’assoggettamento di terre, di parchi nazionali, di aree protette, di territori indigeni. La lista può essere più lunga, nonostante ciò menzioneremo un’altra problematica, che ha a che vedere con la distruzione del tessuto sociale e della capacità di lotta del popolo boliviano, estendendo smisuratamente le relazioni clientelari, corrompendo ogni relazione politica tra stato e società.
– A livello internazionale si conosce superficialmente la crisi delle relazioni tra Evo Morales e l’attuale presidente Luis Arce. Quali sono le ragioni di fondo di questo conflitto, dato che non si percepiscono differenze programmatiche.
– Possiamo dire che sono scomparsi gli orizzonti, è stato assassinato il processo di cambiamento, è svanito il futuro. Di fronte a questa evidenza drammatica e tragica in cui si trova il paese, i partiti politici governativi e dell’opposizione mostrano un comportamento politico reiterativo, che evidenzia il proprio distacco per quanto avvenuto, per la drammatica storia della Bolivia, evidenziando un perturbatore oblio, riducendo la memoria sociale a memoria breve, lasciando da parte la memoria media e molto di più la memoria lunga.
Le forze politiche governative e dell’opposizione offrono più o meno lo stesso, ripetere le deplorevoli pratiche di amministrazione pubblica, promuovendo il modello coloniale estrattivista del capitalismo dipendente. Lo facciano con un discorso che vuol essere la continuità di un “processo di cambiamento”, che non è mai avvenuto, o lo facciano con un discorso che vuole “salvare la Bolivia” dal neopopulismo. Effettivamente, ambedue i discorsi, nonostante vogliano essere opposti, occultano una complementarità avversa nel saccheggio della Bolivia.
Qual è la relazione dei partiti politici con il paese, il popolo e la società? Quando parliamo di relazione ci riferiamo all’importanza della relazione con i diversi piani di densità della formazione sociale e culturale. Un partito politico è attore e operatore nell’attività politica di un paese, includendo l’amministrazione pubblica. È anche un organizzatore “ideologico” per quanto riguarda la sua partecipazione nella rappresentanza della democrazia formale e del quadro istituzionale. A sua volta gestisce una certa conoscenza del proprio paese, che potremmo dire è inconsistente. Nella misura in cui sono trascorsi i distinti contesti storico politici, giungendo alla contemporaneità, questa conoscenza è diventata incerta, sopratutto, per dirla in qualche modo, anodina. Anche se è speculativo dirlo, si può valutare la propensione effettiva, dei partiti politici, per il paese per il popolo e la società. Al riguardo, si può dire che ciò che si constata di più è una sopravvalutazione di sé stessi che un attaccamento affettivo impegnato verso il paese. Le sue fluttuazioni affettive hanno a che vedere con le esigenze di quello che abbiamo chiamato il circolo vizioso del potere.
Quale ruolo svolgono i partiti politici nei periodi di crisi molteplice e in una congiuntura algida? Possiamo dire che si tratta più di routine, di pratiche fossilizzate in queste organizzazioni politiche, che ogni volta di più sono anacronistiche. Per nulla si possono interpretare come disposizioni per risolvere i grandi problemi del paese, al contrario sono piuttosto parte del problema. I partiti politici non solo legittimano il modello neolcoloniale estrattivista del capitalismo dipendente, ma lo promuovono, in un modo o in un altro, con un discorso o un altro, stando al governativo o all’opposizione.
– Ad agosto di quest’anno ci saranno elezioni generali. Come osserva il panorama? Per la prima volta dal 2005 può vincere la destra?
– Le elezioni del 2025 non offrono nulla di nuovo al popolo e alla società boliviana. Più o meno lo stesso. Come si dice popolarmente, una guerra di cortile, una bagattella ideologica, una costante improvvisazione di programmi politici, di programmi elettorali, soprattutto pensando ad alleanze circostanziali o, nel suo caso, alla continuità delle relazioni clientelari, che hanno anche esaurito il proprio potere di convocazione perverso e corrotto.
Tenendo conto di questo panorama si può dire che il popolo è solo, più solo che mai, più desolato che mai, più vulnerabile che mai. Senza prospettive senza orizzonti senza alternative e soprattutto senza vie d’uscita. L’atmosfera è contaminata dalla diffusione insolitamente non immanente dei mezzi di comunicazione, che si dedicano al sensazionalismo, alla disinformazione, all’attaccamento commediante di ciò che dicono o non dicono i pretesi candidati delle elezioni nazionali, come se quello che dicessero fosse importante, quando è piuttosto la ripetizione della banalità politica. La Bolivia si è caratterizzata per l’esistenza di movimenti sociali molto potenti, che sono stati protagonisti della guerra dell’Acqua e di due guerre del gas, delegittimarono il neoliberalismo, aprirono le porte ad un governo popolare.
– Che situazione attraversano i movimenti e perché? L’impressione è che i governi del MAS abbiano debilitato i movimenti, attraverso la cooptazione e la corruzione.
– A queste condizioni di impossibilità si aggiunge la distruzione del tessuto sociale, effettuata dalle gestioni di governo neopopuliste. Il MAS, presentandosi come amico del popolo, di più, come un “governo dei movimenti sociali”, incluso come “governo indigeno”, ha conseguito una certa simpatia del popolo che ha creduto di trovare in questo partito la possibilità di realizare la speranza. Anche quando è diventato evidente il suo arretramento con i Contratti di Operazioni con le transnazionali estrattiviste, dove si consegnava il controllo tecnico a queste imprese e si denazionalizzavano gli idrocarburi, il popolo continuò a credere nella possibilità di un cambiamento, sperando che le circostanze avverse si modificassero, in una specie di ripresa del processo di cambiamento. Questo non è mai avvento e non sarebbe avvenuto, dato che stiamo parlando di un partito che ripete la storia del populismo della rivoluzione dal 1952 al 1964. In questo caso preponderò quello che Sergio Almaraz Paz chiama il tempo delle cose piccole. Si andò arretrando passo dopo passo, cercando di difendere la sovranità nell’attività mineraria, ma a costo di consegnare gli idrocarburi all’impresa transnazionale nordamericana Gulf Oil. Sergio Almaraz Paz dice che in questo costante arretramento, in questo sinuoso percorso verso l’incertezza politica, il MNR non si rese conto di quando oltrepassò la linea e che si trovava dall’altro lato del muro andando contro il suo popolo. Qualcosa di simile è successo con il MAS, solo che lo ha fatto in modo più rapido, quasi immediatamente, dagli stessi inizi del cosiddetto “processo di cambiamento”, anche senza che ci sia stata nessuna rivoluzione, né democratica né culturale, peggio ancora senza aver rispettato la Costituzione Politica dello Stato, che stabilisce uno Stato Plurinazionale Comunitario e Autonomistico.
Tenendo conto di queste circostanze è desolante osservare un popolo distrutto nella sua stessa interiorità, con un tessuto sociale sfilacciato, senza capacità di lotta, peggio ancora senza capacità di critica, ancor meno di autocritica. Nella crisi più acuta della storia recente, il popolo e la società boliviana si trovano disarmati.
Una delle conseguenze di quello che diciamo e descriviamo consiste in quanto segue: Non si possono avallare le elezioni nazionali, nelle deplorevoli condizioni in cui avvengono, tenendo conto anche della gravità della molteplice crisi che affronta il paese. Ciò che ci compete è fare appello al popolo a scuotersi dalla propria situazione ed esistenza, che è stata usata in una lunga storia politica ed economica di spossessione. Un chiamata di emergenza al popolo ad appellarsi alla propria memoria, ad uscire dall’addormentamento e dall’oblio, ad uscire dallo stato di immobilizzazione in cui si trova. Questo lo diciamo, nonostante che negli ultimi anni ci siano state costanti mobilitazioni indotte da interessi politici e promosse in modo clientelare.
Come abbiamo detto e scritto in precedenti esposizioni e saggi, la mobilitazione sociale è stata svuotata di contenuto, trasformandola in uno strumento di ricatto politico. Allora si tratta di attivare la potenza sociale, tirarla fuori dal più profondo dei corpi, che si trovano addormentati da questa storia politica di usurpazione, di impostura e di strumentalizzazione delle vittime, di strumentalizzazione demagogica dei simboli culturali.
7 marzo 2025
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “Espesores de la coyuntura boliviana. Entrevista con Raúl Prada Alcoreza”, pubblicato il 07-03-2025 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/espesores-de-la-coyuntura-boliviana-entrevista-con-raul-prada-alcoreza/] ultimo accesso 12-03-2025. |