Colombia: Governo, impresari e movimenti pacificano la lotta per la terra


Raúl Zibechi

Con il Processo di Liberazione della Madre Terra

Mesi addietro, l’11 ottobre, è stato firmato il “Patto per la Difesa della Vita, del Territorio e della Convivenza nel Norte del Cauca”, sud della Colombia, tra il governo, le organizzazioni imprenditoriali e i movimenti contadini, indigeni e neri. La firma è stata promossa dalla vicepresidente e Ministra dell’Eguaglianza e l’Equità, Francia Márquez, e dai ministeri dell’Interno e dell’Agricoltura.

Il Cauca è un territorio dove predomina l’agro-negozio della canna da zucchero che è andata sostituendo la diversità di coltivazioni contadine e la biodiversità, allo stesso tempo è un territorio ad alta violenza implementata da gruppi paramilitari, narcotrafficanti e dissidenze delle guerriglie che, nei fatti, lavorano insieme difendendo i medesimi interessi legati all’estrattivismo.

Uno degli aspetti centrali del Patto è “la risoluzione per via istituzionale delle pretese territoriali”, giacché un settore del popolo nasa organizzato nel Processo di Liberazione della Madre Terra, nell’ultimo decennio sta occupando delle tenute dell’agro-negozio della canna con la conseguente esasperazione imprenditoriale.

Nel 2022 fu insediato un Tavolo di Dialogo composto da imprenditori e governo, ma anche da una diversità di organizzazioni sociali del dipartimento come l’Associazione Nazionale degli Utenti Contadini (ANUC), l’Associazione delle Giunte Indigene del Norte del Cauca Cxhab Wala Kiwe (ACIN), l’Associazione dei Consigli Comunitari del Norte del Cauca (ACONC), la Federazione Nazionale Sindacale Unitaria Agropastorale (FENSUAGRO) e il Processo delle Comunità Nere (PCN). Insomma, dalla maggioranza delle organizzazioni del Cauca. Non fu presente il Processo di Liberazione della Madre Terra perché, come vedremo, l’accordo cerca di mettere un limite ai recuperi delle terre.

Il governo, inoltre, riconosce “il debito sociale e storico con la riforma agraria integrale e la mancanza di garanzie nel prestare attenzione alle richieste sociali”, mentre il medesimo settore agroindustriale riconosce “le fratture sociali, ambientali ed economiche che impediscono di potenziare le capacità umane del territorio”. Il documento firmato da questa varietà di organizzazioni, punta al dialogo tra imprenditori e lavoratori mentre il governo promuove lo sviluppo dell’agroindustria.

Per oliare questi avvicinamenti sono stati consegnati 1.440 ettari di terre produttive a comunità indigene, nere e contadine, fatto che in fondo cerca di “implementare un piano in armonia con la visione dei differenti settori”. Un piano che secondo un membro del Processo di Liberazione della Madre Terra si sta sviluppando fin dal governo di Duque, circa un decennio fa.

La reazione del Processo di Liberazione

Un anziano di Corinto ha detto a Desinformémonos che c’è stata una profonda riflessione collettiva e conclude che “nei governi progressisti i processi sociali si consegnano molto più rapidamente che sotto i governi tradizionali della destra perché si crede che sia un governo amico e si smette di lottare, per cui il capitalismo avanza. Questo accordo, firmato da dirigenti senza consultare le basi, “ad un certo punto si rompe perché è basato su interessi economici, non per risolvere il problema sociale e la necessità di terra delle comunità nasa”.

Come è successo in altri governi progressisti, coloro che continuano a lottare sono più isolati giacché le frange maggioritarie dei movimenti abbandonano la difesa dei propri interessi, fatto che favorisce il grande capitale per avanzare e controllare i nuovi territori. Nonostante ciò, l’anziano ha detto che in vari luoghi si continua ad occupare le terre, da parte di famiglie e comuneri spinti dalla necessità, giacché la popolazione continua a crescere e le terre scarseggiano, giacché i popoli originari sono stati relegati verso i pendii e le terre poco o per nulla produttive.

La situazione è più grave anche per l’avanzata delle coltivazioni della canna, per cui i “liberatori” sostengono che la terra “è sequestrata e sta venendo maltrattata”, da lì nasce l’idea di liberare la madre terra.

Altri “liberatori” sostengono che con la violenza “il problema non è più liberali e conservatori ma il reclutamento e lo sfollamento della nostra gente”. Restii a dire il proprio nome per la situazione che vivono, dicono che “noi popoli originari ci siamo dati differenti strategie, perché nessuno viene a risolverci il problema ma noi stessi con la nostra scommessa politica”. Hanno percorso i territori del CRIC (Consiglio Regionale Indigeno del Cauca) per riflettere collettivamente nei congressi, ma anche marce fino alla capitale, blocchi delle vie e altre azioni “perché nessun governo neppure questo progressista ci restituirà i nostri diritti”.

Dalla nascita del CRIC, 54 anni fa, i popoli originari si sono dotati di un proprio governo designato dalle comunità, fatto che ha impedito che tengano “molti compagni privati della libertà e sotto processo, sfollati ed esiliati”. In questo senso, bisogna ricordarsi che quando al governo di Gustavo Petro rimane poco più di un anno di gestione, ha appena realizzato il 25% delle promesse della campagna elettorale, esattamente 146 dei 195 impegni assunti sono rimasti senza essere risolti. Dopo tre anni del primo governo progressista nella storia della Colombia, alcuni movimenti come il Processo do Liberazione ratificano che le soluzioni non verranno dall’alto.

Sono coscienti che la terra è per produrre alimenti e non combustibili, che bruciare la canna, metodo tradizionale che si utilizza ampiamente, influisce negativamente sul riscaldamento globale, per cui “l’unica strada che abbiamo come popoli originari è mostrare al mondo che la terra deve essere libera da ogni contaminazione”.

Sostengono anche che il Patto è un discorso e una messa in scena, che utilizza un linguaggio che accomoda le cose e fa finta di risolvere i conflitti. “Qui a Corinto stiamo occupando 4 tenute, stiamo in mezzo a due fiumi ma al confine con Caloto ci sono altre tenute occupate. Le 4 fanno circa 1.600 ettari. Ma molti si sono confusi o si sono uniformati perché l’idea che non ci debba più lottare ha preso forza”.

Un altro “liberatore”, di nome Wilson, ci dà una visione globale degli ultimi dieci anni di recuperi dell’organizzazione. “Sono stati recuperati 12.500 ettari nel Norte del Cauca (Corinto, Caloto, Guachené, Miranda), in un processo autonomo delle comunità che sono entrate nelle tenute che erano terra di canna dell’agroindustria. Di fronte alla preoccupazione di questo settore per la crescita delle occupazioni di tenute, si inventano una via istituzionale che si conclude nel Patto, che non è stato sottoposto a consultazione con le comunità, nonostante che ci stiano lavorando da sei anni e che quando fu fatta la domanda nel 2019 le comunità non accettarono.

Uno degli obiettivi non dichiarati nel Patto è quello che segnala Wilson affermando che tanto il governo come l’industria vogliono che nelle terre che hanno comprato per i popoli, nel quadro della riforma agraria, si torni a seminare canna in una “alleanza” industria-comunità, ossia che si approfondisca il modello estrattivo, ora con la partecipazione dei “liberatori”. “La dirigenza indigena collabora a controllare il processo di lotta attraverso la promessa di progetti. Sia l’organizzazione indigena che il governo di Petro hanno comprato la proposta dagli agroindustriali che la promuovono attraverso il tavolo di dialogo”.

D’altra parte, Weigia, un altro “liberatore”, afferma che “delle terre liberate dalla nostra lotta di 10 anni questo governo vuole consegnarne la metà a comunità nere”, per questo dice che “il governo sta facendo una controriforma agraria distribuendo le nostre terre alle comunità nere, invece di fare la riforma agraria per le comunità nere e per i contadini comprando tenute dell’agroindustria, utilizza le terre che abbiamo già recuperato”.

“Quotidianamente le comunità indigene e contadine, afro e nasa, convivono nel territorio, facendo anche riunioni per la pulizia dei sentieri e altre forme di convivenza come comparatici ed eventi sportivi, ma il governo e l’agroindustria hanno creato un conflitto inter-etnico cercando di fare la riforma agraria offrendo le medesime terre alle tre comunità, senza toccare le grandi estensioni di canna”, ha affermato Weigia.

Anche se non lo dicono, è una politica anti ribellioni, che stanno implementando molti governi, che consiste nel far scontrate quelli in basso tra di loro, come succede nel Chiapas e in tanti altri angoli di questo continente.

Foto: Colombia Informa

4 marzo 2025

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Raúl Zibechi, Colombia: gobierno, empresarios y movimientos apaciguan la lucha por la tierra, pubblicato il 04-03-2025 in Desinformémonossu [https://desinformemonos.org/colombia-gobierno-empresarios-y-movimientos-apaciguan-la-lucha-por-la-tierra/] ultimo accesso 06-03-2025.

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