Nazione Mapuche: Parla Héctor Llaitul condannato dalla giustizia di Boric a 23 anni di carcere


Carolina Trejo

Qui c’è un trama che è stata molto bene pianificata che ha a che vedere con un processo di repressione di massa, dopo la repressione più selettiva. Tutta la polizia, la procura, le istituzioni contro alcune espressioni del mondo Mapuche, specificatamente una messa sotto processo, una condanna estremamente politico-ideologica contro lo storico portavoce del CAM, contro di me. E dopo viene tutto un quadro del discorso ufficiale che combina la posizione dell’ultradestra, della governabilità neoliberale e del progressismo funzionale al sistema.

Questo 7 maggio, Héctor Llaitul è stato condannato a 23 anni di prigione effettiva. Prima che fosse conosciuta la pena, lo storico werkén del Coordinamento Arauco Malleco ha offerto un’intervista sullo sfondo della sua condanna pronunciata dal Tribunale Orale nel Carcere Penale di Temuco che lo ha giudicato colpevole mediante la legge sulla sicurezza dello stato. Llaitul ha anche parlato delle imputazioni fatte a lui e alla sua organizzazione per l’assassinio dei tre carabinieri a Cañete nel mattino di sabato 27 aprile.

Quello che è stato mostrato in questo processo è il confronto del potere con la storica rivendicazione mapuche. Causa che si è andata lentamente trasformando in un processo rivoluzionario, con una proposta politica, questo è lo sfondo della condanna di cui mi tocca farmi carico. Al di là di essere una condanna eminentemente politica, perché c’erano come querelanti i rappresentanti delle istituzioni oppressore dello stato capitalista e coloniale, come sono il pubblico ministero, i procuratori insieme alle imprese forestali (che sono dietro la sentenza), per noi questo è un processo che dimostra come si va creando, nel senso più profondo, la forza di lotta degli oppressi e le sue conseguenze.

Perché effettivamente c’è una base sostanziale in materia di accumulazione di forza, come si è andato sviluppando il movimento mapuche autonomista, nel quale è stato incorporato anche lo scontro attraverso la via armata, una decisione presa dopo un’analisi approfondita delle condizioni oggettive e soggettive per il suo sviluppo e legittimità. Analisi con gli elementi e la prospettiva storica, e questo è quello che si perseguita e si castiga.

Ci sono aspetti che storicamente danno sostegno alle contraddizioni che oggigiorno osserviamo per il fatto che, per esempio, perfino i comunisti sono nel governo neoliberale. Così è, comunisti, progressisti e gente che ha una posizione forte contro l’ultradestra, ma, nonostante ciò, stanno partecipando e creando le condizioni affinché si sviluppi un tipo di governo neoliberale che favorisce gli stessi che hanno beneficiato con il golpe militare, con la dittatura di Pinochet.

A quali condizioni e vantaggi fa riferimento?

Se risaliamo agli inizi della dittatura e al ruolo che espletò, per esempio, Fernando Léniz come ministro, o lo stesso Julio Ponce Lerou (una delle fortune più grandi di questo paese e all’epoca incaricato della Conaf) ci rendiamo contro che furono loro che crearono le condizioni e i meccanismi per facilitare il processo di invasione forestale nel Wallmapu. A nostro giudizio, si dovrebbe fare un’analisi più profonda di questo e di altri antefatti, una sfida per giornalisti investigativi con esperti e specialisti, non solo della storia, ma con politici di sinistra e rivoluzionari che allora furono testimoni dell’instaurazione a sangue e fuoco del modello forestale e delle sue implicazioni nel sistema di proprietà, basato in altre e nuove usurpazioni contro i mapuche. Uno studio rigoroso riguardo al decreto 701 che comportò tutto lo sviluppo di sussidi e tributi che favorì in modo smisurato i gruppi economici responsabili del golpe militare. Quei golpisti, civili e militari, gli stessi che assassinarono e fecero sparire oppositori e si scagliarono contro gli oppressi in generale e il popolo mapuche in particolare. Qui, nella mia condanna, ci sono due elementi da analizzare, uno, la legge sulla sicurezza dello stato, che nacque per perseguitare e sterminare principalmente i comunisti. E l’altro elemento, è che è stata favorita una condanna politica alla quale sono dietro gli stessi gruppi sediziosi, golpisti, gruppi economici che oggi dominano questo paese e che tengono subordinato e funzionale perfino il Partito Comunista cileno. Un controsenso che dovrebbe essere analizzato.

A che attribuisce questa situazione che lei descrive?

La spiegazione dell’attuale realtà socio-politica è stata data perché nel Wallmapu c’è un nuovo processo di riconversione capitalista. Questo è come un esperimento per il Cono sud, per introdurre definitivamente uno sviluppo economico industriale, basato sull’estrattivismo, scagliandosi contro tutti i popoli, contro tutte le comunità, contro tutti i collettivi e gruppi che sopravvivono in questi territori ancestrali.

Questa analisi deve avere una dimensione culturale, perché il confronto non è solo con gruppi economici forestali, ma con tutti i gruppi di potere esistenti in Cile. Gruppi economici che sono in relazione con il mondo monopolista e finanziario e incidono nell’ambito dell’economia forestale, energetica, mineraria e che ha a che vedere con l’Entel, la Copec, con la Colbún, con le banche, le imprese peschiere, il capitale speculativo finanziario, con gli investimenti di ogni tipo.

Questa è anche una condanna politica che si iscrive nell’attacco contro il movimento autonomista mapuche per consolidare nelle zone di conflitto i diversi processi di riaccomodamento del grande capitale. Un attacco rappresentato chiaramente dalle imprese forestali, un’economia al servizio dei potenti, che significa lo sviluppo dell’industria del legno, principale ragione per cui è stato militarizzato il Wallmapu. Così è stata aumentata la criminalizzazione della causa mapuche ed è stata diretta verso i settori di avanguardia, incorporando nuovi strumenti tecnologici di persecuzione. Con forze di élite e con tattiche di ogni tipo che implicano, a loro volta, tecnicismi di ogni ordine in materia giudiziaria quando si fanno processi e si cerca la condanna dei weichafe più famosi. In questo senso risulta necessario dare continuità alla nostra lotta, per la stessa ragione è fondamentale fare questa analisi e bisogna fare queste rispettive denunce, come dire, esteriorizzare la lotta politico ideologica che sta facendo il movimento mapuche autonomista.

Allora, lei crede che ci sia una continuità nel modello di sviluppo imposto dalla dittatura?

Il Golpe militare significò una rivoluzione capitalista con la quale Pinochet, i militari, il fascismo, la CIA, l’imperialismo nordamericano, misero e consegnarono le risorse e il mondo mapuche  “al servizio dello sviluppo capitalista”, e tutto con un carattere antidemocratico e che sorprendentemente oggi difendono anche i comunisti e i progressisti. Perché il decreto 701 lo emise la Giunta militare, non fu una legge che fu emanata dal Parlamento cileno, ma fino ad oggi lo continuano a mantenere, una politica continuista, di consegna e repressione. E cosa ha significato questo, che con questo decreto si mise nelle mani dei potenti, dei ricchi dell’oligarchia, il 75% di una sovvenzione per lo sviluppo forestale. Gli stessi gruppi economici che oggigiorno sono oggetto di richiesta di territori, perché sono gli usurpatori storici.

È per questo che c’è una contraddizione così profonda parlando di progressi sostanziali in materia democratica e politica, ma quello che si sta facendo è arguzia politica, politicheria per mantenere lo sviluppo capitalista che rade al suolo il Wallmapu, che colpisce il mondo mapuche. Ossia, il rimboschimento che si propone a partire da questo sviluppo capitalista, risulta essere lo sterminio del popolo mapuche, perché attacca la nostra essenza culturale, ideologica, spirituale. Mantenere la monocoltura, pini, eucalipti, è la desertificazione dei suoli, è la scarsezza d’acqua. E questo è il grande sfondo della criminalizzazione della nostra lotta, l’imposizione e la difesa di un modello di sviluppo capitalista, ad oltranza.

Secondo quanto si deduce dalla sue parole, c’è uno storico confronto relativamente alla proprietà, all’uso e alla visione delle terre mapuche?

Effettivamente e insisto, non si deve dimenticare che fu la dittatura militare che installò il processo di invasione capitalista da parte dell’industria forestale, anche se ritorniamo alle origini dell’usurpazione territoriale, ciò che diventa chiaro fu l’occupazione politico militare, quando si forma lo stato nazione cileno verso l’anno 1881-1883 con la mal chiamata Pacificazione dell’Araucanía e tutto quello che significò quella campagna politico militare. E a partire da quel fatto ci fu sempre uno scontro relativamente alle terre, alle scarse terre che rimasero in mano ai mapuche, meno del 6%.

Nonostante ciò, la presenza delle imprese forestali fu nefasta nel nostro territorio, per questo noi parliamo di una quarta invasione contro la quale stiamo lottando ed è quella del capitalismo saccheggiatore, principalmente quello che rappresenta l’industria del legname.

A questo si aggiunge una serie di fenomeni in questa nuova usurpazione, tutto quello che fu la controriforma agraria, come dire, tutto il processo che fu portato avanti ai tempi di Salvador Allende, è stato distrutto. I territori recuperati per il mondo mapuche sono rimasti nuovamente nelle mani dell’usurpazione forestale.

Perché è stata imposta una logica, contrapposta anche a quello che fu prospettato in quel momento, che si dovevano occupare solo terre che avevano un’attitudine forestale e non agricola, ma, nonostante ciò, il processo di controriforma ha reso molto chiaro che per lo sviluppo dello sfruttamento forestale devastatore sarebbero state occupate tutte le terre disponibili.

Il risultato del saccheggio delle terre ha a che vedere con un’indiscriminata azione di gruppi economici che oggi sono principalmente rappresentati dalle imprese forestali, nel Mininco, Arauco, Cautín, che fino al giorno d’oggi hanno imposto un processo di occupazione del territorio mapuche.

Come si consolida il modello di sviluppo forestale nel Wallmapu?

Parlare del consolidamento del sistema di proprietà usurpato basato sullo sviluppo forestale nel Wallmapu è complesso, perché a nostro giudizio è la continuità della dittatura del capitale monopolistico finanziario che è stato installato, come diciamo, a sangue e fuoco con la dittatura civico militare. Quando si produce un ricambio nel quadro del potere, un ricambio nell’ambito del potere interborghese con un’uscita pattuita con il pinochetismo, con la dittatura, con le forze antidemocratiche dell’ultradestra a quel tempo, ciò che fu pattuito fu il mantenimento del sistema neoliberale. Allora, i governi post dittatura ciò che sono andati sviluppando, in fondo, è un modello di continuità dell’economia che è basata sull’estrattivismo, sul saccheggio dei territori ancestrali e mapuche. Negli ultimi decenni ciò che osserviamo è la continuità di questo modello di sviluppo, ciò che ha permesso ai gruppi economici un’impressionante accumulo di ricchezza, di cui si fanno belli a livello latinoamericano.

Pertanto, per noi non c’è un momento preciso di consolidamento di questo modello nei nostri territori ancestrali. Ciò che noi osserviamo è lo sviluppo capitalista senza restrizioni, e che oggi ha anche una salvaguardia da parte di questo governo che si è dichiarato più democratico o progressista, come una sorte di alternativa, ma che ha mostrato una difesa illimitata del modello di sviluppo forestale. Di fatto, durante il processo contro di me, la posizione dei procuratori e dei querelanti, è stato molto chiara a difesa dello sviluppo capitalista forestale, anche se negano che ci sia stata persecuzione politica.

Lei ha parlato nel suo processo di uno scontro di culture, come lo illustrerebbe in questo caso?

Perché i procuratori sono stati molto chiari nel descrivere che il modello di sviluppo forestale era l’alternativa per tutta la società e per il popolo nazione mapuche. Per questo noi proponiamo fin dall’inizio che questo era uno scontro di culture, perché ciò che loro intendono come forestazione noi lo intendiamo come deforestazione e desertificazione dei suoli, pertanto, come un attentato o un’azione genocida che attacca le fondamenta del popolo mapuche, la sua essenza culturale, ideologica e spirituale.

Un popolo che è in relazione con il mondo, con la natura, basato sul rispetto e sull’equilibrio della biodiversità, con la sostenibilità, si scontra direttamente con questo modello di sviluppo forestale depredatore. Soprattutto, in un contesto in cui è in pericolo l’umanità, con il riscaldamento globale e la mancanza di risorse idriche, dell’acqua per i popoli, per tutte le comunità e i collettivi.

Come descriverebbe il processo di persecuzione politica a cui lei ha fatto riferimento?

Qui c’è una trama che è stata molto bene pianificata che ha a che vedere con un processo di repressione di massa, dopo la repressione più selettiva. Tutta la polizia, la procura, le istituzioni contro alcune espressioni del mondo mapuche, specificatamente una giudizializzazione, una condanna estremamente politico-ideologica contro il portavoce storico del CAM, contro di me. E dopo viene tutto un ambito del discorso ufficiale che combina la posizione dell’ultradestra, della governabilità neoliberale e del progressismo funzionale al sistema.

Ma appaiono anche altre voci, diverse voci, non è da meno che ora appaiano personaggi come Fernando Pairican, Natalia Caniguan, Salvador Millaleo, e così ne appariranno altri, cercando di stabilire una visione su come risolvere il conflitto mapuche. Se in senso stretto, la causa mapuche di fronte a questa realtà, a questa obbiettiva condizione, a questo modello di sviluppo è basata su ciò che noi sosteniamo e continuiamo a sostenere come CAM e come movimento rivoluzionario mapuche, si basa sul confronto politico, ideologico, culturale e anche mediante la via di accumulazione politico militare mapuche.

Dopo l’assassinio di tre carabinieri a Cañete, alcuni settori hanno voluto attribuire al CAM e a sua condanna l’attacco, che può dire di fronte a queste imputazioni?

Di fatto, non ci fu nemmeno bisogno di prendere posizione, perché non c’era una posizione chiara nel cercare di accusarci. Perché è il nostro popolo mapuche che ha assolutamente chiaro che tipo di azioni intraprendiamo. Così lo ha anche chiaro la classe politica e l’opinione pubblica nazionale e internazionale.

Il CAM ha una condotta basata su un’etica di Azione Politica molto conseguente a difesa della vita e dei territori, con giustizia e sostenibilità per tutti.

Il movimento mapuche non ha nulla a che vedere con questo deprecabile fatto. Come CAM, poniamo una delimitazione categorica e ferma a fatti che non contribuiscono alla causa mapuche. Al contrario, gli unici che ci guadagnano con questo fatto sono le imprese forestali e le forze politiche dell’ultradestra.

La lotta mapuche è contro il sistema capitalista e coloniale, è una lotta contro il sistema di proprietà usurpato, oggi nelle mani dei gruppi economici. Gli stessi che si sono arricchiti, hanno sfruttato e continuano a depredare i nostri territori ancestrali, sempre lo abbiamo detto e lo abbiamo sostenuto conseguentemente con la nostra pratica politica. La nostra lotta è contro gli investimenti di ogni tipo, estrattivisti che attaccano il itrofill mongen mapuche e voglio perpetrare il potere di dominio in tutto il Wallmapu. E in modo irresponsabile certe autorità hanno cercato di attribuire la responsabilità di questo fatto al movimento mapuche. Così hanno ne fatto riferimento anche i procuratori antimapuche designati da queste autorità.

A cosa corrisponderebbero queste accuse?

Come parte del movimento mapuche in lotta possiamo comprendere che da parte dell’ultradestra ci si accusi arificiosamente, giacché hanno sempre dimostrato il loro odio razzista e coloniale contro di noi. Certamente la stampa legata ai potenti copre con un’informazione parziale e tendenziosa, volendo con questo pregiudicare e infangare la degna lotta di cui si sono fatte carico le comunità.

Per ora possiamo affermare che questo fatto brutale serve solo ai nostri nemici storici e per nulla contribuisce al processo di lotta territoriale e politico, espresso principalmente nel recupero territoriale, che si scontra di fronte agli interessi del grande capitale. Con un’azione così, ci guadagnano politicamente solo i settori più recalcitranti della destra economica e politica, che sono precisamente coloro che stanno nelle enclave di potere della così mal chiamata Araucanía.

Chi ci potrebbe essere dietro a questo fatto?

In questo contesto, la nuova offensiva neofascista contro la causa mapuche la può imporre all’attuale governo neoliberale un’agenda di sicurezza che favorirà solo una maggiore repressione e ingiustizie. Si rafforzerà la militarizzazione, aumenterà la criminalizzazione, imponendo con maggior durezza la dottrina della sicurezza nazionale, dove i mapuche sono stati definiti come il nemico interno. È una cosa da osservare, si mantengono nelle loro cariche gli alti comandi di polizia, autoritari, si legiferano nuove leggi ancor già repressive, come la legge antioccupazione, la giustizia militare, tra le altre. Si insediano giudici e procuratori sempre più antimapuche e legati all’ultradestra. Si assegnano prerogative ai tribunali affinché “legittimino” processi e condanne arbitrarie e ingiuste che contravvengono ad ogni dovuto processo. Si legittima la persecuzione politica.

Per quanto su detto concludiamo che un’azione di queste caratteristiche non può essere addossata alla causa mapuche e deve essere situata nel crimine organizzato e nelle mafie legate al potere nella zona, che non sono mai state perseguite dalle istituzioni cilene. Anche, devono essere situate nel ruolo che stanno svolgendo settori dell’ultradestra legati agli interessi delle imprese forestali, che hanno formato gruppi paramilitari che hanno agito in completa impunità, perché i diversi governi di turno, mai li hanno perseguiti e si sono solo dedicati a tenere militarizzato il Wallmapu, reprimendo la legittima e giusta causa del popolo nazione mapuche.

8 maggio 2024

Resumen Latinoamericano

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Carolina Trejo, Nación Mapuche. Habla Héctor Llaitul condenado por la justicia de Boric a 23 años de cárcel: «Esta es una condena política contra el movimiento autonomista mapuche», pubblicato il 08-05-2024 in Resumen Latinoamericanosu [https://www.resumenlatinoamericano.org/2024/05/08/nacion-mapuche-esta-es-una-condena-politica-contra-el-movimiento-autonomista-mapuche/] ultimo accesso 13-05-2024.

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