Argentina: Cronaca del risultato meno pensato


Daniel Campione

Al contrario di quanto ci si aspettava, l’Unione per la Patria ha ottenuto il primo posto con un ampio margine e il voto popolare ha messo un limite alla barbarie.

Copertura speciale di Contrahegemoníaweb e Tramas

La prima cosa da evidenziare dei risultati del primo turno è che il voto cittadino ha messo un freno ai costanti eccessi di Javier Milei e dei suoi seguaci di La Libertà Avanza. Il candidato ultraliberale ha aggiunto appena 300.000 voti a quanto ottenuto nelle Primarie, in una elezione in cui si sono aggiunti tre milioni di votanti che non avevano votato nelle elezioni interne. È chiaro che non ha ottenuto nuovi sostegni.

La destra furiosa

La campagna elettorale di Milei è stata una somma di barbarie. Con punti che risaltano come la negazione del genocidio della dittatura con parole che potrebbero aver firmato Jorge Rafael Videla o Emilio Eduardo Massera. O il rifiuto di qualsiasi preoccupazione per il danno ambientale che crea la gestione del pianeta per la ricerca di profitti imprenditoriali.

Allo stesso tempo, ha accentuato la sua predica antistatale, contro qualsiasi nozione di giustizia sociale e con un aperto rifiuto delle responsabilità del settore pubblico, anche in campi così vitali come l’educazione, la salute o il regime pensionistico.

Montatosi la testa per il suo primo posto nelle elezioni interne aperte è sembrato che credesse di poter fare e dire qualsiasi cosa, e che questo non solo non gli avrebbe sottratto voti, ma gli avrebbe aggiunto nuovi consensi. Su questa linea, ha esibito una impudica alleanza con Luis Barrionuevo, in aperta contraddizione con il discorso “anticasta”, che tanto ha contribuito a che un significativo settore dell’elettorato lo appoggiasse nella precedente tornata elettorale.

I suoi segaci non sono stati da meno nel dilettarsi negli eccessi, soprattuto negli ultimi giorni della campagna elettorale. Lilia Lemoine, sostenendo di esimere i maschi dai propri obblighi paterni, ne è stato un esempio. Un altro quello di Alberto Benegas Lynch che, proponendo la rottura delle relazione con la Chiesa Cattolica, l’ha accusata di “totalitarismo”.

Patricia Bullrich, da parte sua, ha perso un significativo margine di suffragi. La sua feroce predica antikirchnerista non è riuscita a dissimulare il carattere delle sue proposte, impregnate di una furia antipopolare e di “mano dura” che l’ha avvicinata alle posizioni del “libertario”, senza conferirle una propria impronta. L’avvicinamento degli ultimi giorni ad Horacio Rodríguez Larreta le ha apportato poco e nulla. E i suoi tardivi tentativi di differenziazione da Milei sono apparsi poco credibili.

Insieme per il Cambiamento è passato in meno di un anno dall’essere ampiamente favorito per raggiungere la presidenza ad occupare un lontano terzo posto, poco sopra il 20 per cento. Difficile immaginare un più sonoro fallimento.

Il profilo di una prodezza

Sergio Massa ha fatto una prodezza che sembrava molto difficile se non impossibile: uscire primo in una elezione, in mezzo ad indici di inflazione catastrofici e aumento della povertà, in un contesto di instabilità e incertezza.

Le misure compensatorie successive all’ultima svalutazione hanno forse avuto qualche effetto sulla sua base elettorale. Ma sopratutto può aver operato a suo favore il fatto che ha evidenziato i peggiori tratti delle proposte dei suoi principali oppositori, generalizzando la coscienza che poteva arrivare una colossale diminuzione dei diritti e delle storiche conquiste.

Allo stesso tempo ha mostrato una certa abilità nel evidenziare i possibili puntuali effetti. Come è stata la pubblicità sullo smisurato aumento del costo del trasporto pubblico che avrebbe comportato una riduzione delle sovvenzioni a questo settore.

L’insieme della sua predica e delle sue azioni ha avuto un tono di smisurata difesa della tradizione peronista. Ha cercato allo stesso tempo di irradiare sensatezza di fronte ai vaneggiamenti dei suoi rivali, e anche di mostrarsi moderato e “consensuale” con la sua proposta di “governo di unità nazionale”, con un avvicinamento verso la destra.

Il risultato tangibile è stato che l’Unione per la Patria ha sommato più di due milioni e mezzo di voti a quanto raccolto nelle elezioni di agosto. Ha collaborato a questo risultato il fatto che l’apparato del peronismo si è scrollato una certa apatia e ha messo il proprio potere al servizio della candidatura. Ha così rimontato con larghezza la precedente votazione, tanto nelle provincie del nord come nel decisivo conurbano bonaerense.

Finale aperto a novembre

Sarebbe un grave errore dar per scontato un trionfo di Massa al secondo turno. Che Milei e la Bullrich abbiano sommato insieme più del 50% dei voti non è un irrilevante dettaglio. Una buona parte di Insieme per il Cambiamento cercherà di unire le forze con l’ultradestra, inseguendo il proprio sempre rimandato sogno di mettere fine al “populismo”. L’ha già accennato il candidato nel suo discorso con cui ha riconosciuto la propria sconfitta.

Di fronte a questo, l’attuale Ministro dell’Economia uscirà a cercare voti in quasi tutte le direzioni. Non ha invano fatto appello a coloro che hanno votato per “Juan” o “Myriam”. Gli si aggiunge l’impresa più difficile, di ottenere il sostegno nel bacino dell’alleanza di Cambiamento. Lì il voto radicale sarà una scommessa centrale. Sicuramente nemmeno disdegnerà di andare dietro al settore di Pro che ha appoggiato Horacio Rodríguez Larreta.

Per avere successo in questo compito dovrà accentuare la sua critica alle proposte di La Libertà Avanza, come portatrice di un’alternativa da far spavento. E soprattutto di presentarsi come portabandiera di un modello di società diverso dal “si salvi chi può”, come ha dichiarato nel suo intervento della notte. Simile al meglio della storia del peronismo, senza mettere da parte la “moderazione”. E continuare a dissimulare che è il gestore di una politica economica di sottomissione, con qualche incrinatura, ai dettami del FMI.

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Tutto quanto scritto precedentemente non modifica in nulla il fatto indiscutibile che questa elezione si risolve tra fautori delle politiche di un aggiustamento antipopolare. Certo che con importanti modelli che vanno dalla negoziazione con pretese di “equilibrio sociale” e di “Stato presente” fino all’impulso distruttivo senza sotterfugi. Ma nulla indica che una politica di vera riparazione delle sofferenze popolari sia il segno di una futura gestione di Unione per la Patria.

Di fronte ai candidati “pro mercato” è rimasta solo la proposta del FIT-U. Con un’ottima candidata come Myriam Bregman, il voto per la presidente è stato inferiore al 3%. Una performance leggermente superiore nelle elezioni parlamentari ha permesso alla coalizione di ottenere un deputato per la provincia di Buenos Aires.

Lo scenario è aperto e qualunque sia il risultato delle elezioni di novembre, la prospettiva popolare dovrà avere il segno della resistenza. La costruzione di una vera alternativa, che possa fronteggiare la persistente offensiva delle classi dominanti, è delineata come un compito di portata storica.

Da intraprendere prima che poi, come unico modo per allontanare l’orizzonte cupo per le maggioranze e rivendicare una democrazia dal basso.

23.10.2023

Tramas

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Daniel Campione, Crónica del resultado menos pensadopubblicato il 23-10-2023 in Tramassu [https://tramas.ar/2023/10/23/cronica-del-resultado-menos-pensado/] ultimo accesso 25-10-2023.

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