Da 25 anni l’Organizzazione Ecologista Piuke lavora a El Frutillar, il quartiere popolare di Bariloche dove vivono 40 mila persone, la quarta parte della città, composta da settori popolari e mapuche che migrano per lavorare nel turismo, la principale offerta lavorativa della città. Nel quartiere sistemato in quadre, si ergono le abitazioni a uno o due piani con tetti a due spioventi che dominano il paesaggio.
Lo stesso nome del collettivo mostra la sua identificazione con la resistenza e la cultura mapuche, impegno che diventa evidente appena entriamo nello spazio, adornato con parole d’ordine mapuche, zapatiste, curde e naturalmente delle diverse lotte argentine. Molte strade del quartiere e di tutta la città portano nomi di ascendenza mapuche, anche se in maggioranza questo popolo è respinto dallo stato e dalla popolazione argentina.
Il nome Bariloche proviene da Furilofche, che in mapudungun significa “gente dell’altro lato”, in riferimento alla cordigliera andina vista da quello che è oggi il Cile. Dopo, la società colonizzatrice gli aggiunse il San Carlos, facendo appello all’agiografia cattolica come modo per legittimare l’uso in spagnolo del nome originale.
“Siamo qui perché dopo il 2001 c’era molta povertà e lo stato aveva creato delle mense mediante il programma Soia Solidale che offriva alimenti con organismi geneticamente modificati (OGM), come latte di soia e cotolette alla milanese di soia”, spiega Alejandro Yaniello, uno dei fondatori della Piuke.
Dopo intensi dibattiti, la Giunta Comunale decise di non accettare nel quartiere il programma Soia Solidale, che dovete ritirarsi. “Ma per continuare con le pentole e le mense percorremmo tutta la città chiedendo alimenti ai punti vendita dove cucinavano le donne del quartiere”.
In quegli anni di estrema povertà, più di 300 bambine e bambini si cibavano nella discarica che il municipio aveva installato nel quartiere. Alla Piuke decisero di allestire una mensa per i fine settimana, quando non pranzano a scuola, con attività ricreative. Sforzi che si svolsero sulla base di una rigorosa autogestione, senza la minima collaborazione dello stato.
Nel capannone funziona una cucina e un forno del pane, mentre al piano superiore c’è la radio che trasmette tutti i giorni e fa parte della rete delle radio patagoniche. Hernán, Marta e Sandra si aggiungono al giro raccontando le attività che organizza la Piuke. “Questo locale lo abbiamo eretto con le risorse che raccogliamo con i mercati di roba usata e con la vendita di cannelloni”, precisa Marta.
Ora le donne del quartiere fanno e vendono pane una volta alla settimana, inoltre, fanno laboratori di panetteria, di murga, di teatro e fotografia, e un laboratorio di espressione corporale che Marta ha impartito per dieci anni. Ricordano anche i laboratori di serigrafia, di ceramica, le feste e i recital che hanno fatto in questo quarto di secolo.
Hernán aggiunge che mentre lo spazio ha già 20 anni, il vivaio che produce piantine e la Placita de la Autonomía (Piazzetta dell’Autonomia) dove giocano le bambine e i bambini hanno solo otto anni. Si può osservare una divisione sessuale del lavoro: le donne si occupano della cucina e del vivaio, vendono piantine nelle fiere dei sabati apportando risorse all’organizzazione, oltre a produrre marmellate che vendono in tutti gli spazi dove possono.
Anche se la Piuke nacque come un’organizzazione ecologista, con gli anni le hanno aggiunto altre quattro definizioni: territorio, autogestione, autonomia e fraternità. “Nascemmo con le assemblee di No alla Miniera”, dice Alejandro, facendo riferimento al movimento nato ad Esquel che nel 2003 riuscì a bloccare il progetto della canadese Meridian Gold, che era il primo caso nel paese che fece esplodere un ampio movimento che si coordina nell’Unione delle Assemblee Comunitarie (UAC). A marzo di quest’anno, l’81 per cento degli abitanti di Esquel hanno votato contro il progetto, nonostante che le istituzioni si siano massicciamente fatte in quattro per l’impresa mineraria.
Fare il mondo di nuovo
Una delle esperienze più notevoli è quella dei giovani mapuche che arrivano alla Piuke a insegnare mapudungun a bambine e bambini del quartiere. C’è un movimento mapuche urbano che incomincia a mostrarsi, non molto diverso da quello che si percepisce nelle città del Cile e che si è manifestato in tutta la sua potenza durante la rivolta del 2019, quando la bandiera mapuche (wenufoye) fu la più sventolata nei grandi viali.
Quanto successo con il club di calcio Racing de Frutillar, è forse l’esperienza che indica la profondità dei cambiamenti in corso. La maglietta del club sfoggiava il marchio Wall Mart, che era l’impresa che faceva da sponsor alla squadra di calcio, ruolo che poco dopo svolse l’Hipertehuelche, una catena patagonica di materiali da costruzione.
Membri della Piuke hanno parlato con i giocatori e questi hanno accettato un cambiamento radicale: hanno messo da parte la multinazionale e sulle loro magliette hanno stampato “No alla Miniera” e nella parte posteriore il motto “Patagonie Ribelle”.
“Abbiamo chiesto alle persone amiche di fare qualcosa come una sponsorizzazione solidale, comprando una maglietta per se donandone un’altra al club”, evidenzia Alejandro, un fanatico del “maltrattamento” del pallone.
Ma il Racing vinse il successivo campionato di quartiere di Bariloche, nell’estate del 2022, fatto che permise che il rifiuto dell’attività mineraria diventasse così popolare come la squadra. “Ora i giocatori vanno con i tamburi alla marce anti-miniere”, spiega Alejandro con inoccultabile orgoglio calcistico.
In seguito all’intervento sportivo del suo compagno, Marta focalizza il dibattito sull’importanza del lavoro con gli adulti del quartiere per recuperare la memoria della propria infanzia. “Stiamo lavorando per recuperare la memoria della fanciullezza di ogni persona, ma collettivamente in questo quartiere, attraverso il teatro per poter ridere di quanto ci manca e contribuisce all’umiltà personale”.
Camminando vicino al locale della Piuke, ci mostrano il vivaio e la piazzetta dove tutti i giorni arrivano gli scolari in uno dei pochi spazi del quartiere per i piccoli. La sensazione che andiamo raccogliendo è che anche in un quartiere dove la povertà è evidente, l’affratellamento tra quelle e quelli in basso sta creando altri modi di vivere la vita, di difenderla e riprodurla.
Questa fraternità trascende le storie personali e familiari, e affronta lo scontro tra un mondo mapuche e un altro bianco o creolo, che con tanta attenzione coltivano le classi dominanti. La solidarietà tra culture, popoli e colori della pelle, è una delle maggiori speranze che abbiamo per continuare a tessere mondi nuovi e altri.
Foto: Raúl Zibechi e Página 12
17 ottobre 2023
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “Puelmapu II. Piuke-Corazón, centro del mundo nuevo”, pubblicato il 17-10-2023 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/puelmapu-ii-piuke-corazon-centro-del-mundo-nuevo/] ultimo accesso 19-10-2023. |