Ogni giorno le notizie degli abusi dei potenti sui deboli abbondano e, sicuramente, si riferiscono solo ad una parte del mucchio la cui maggiore proporzione permane nell’oscurità. I media dei centri “sviluppati” di solito montano uno scandalo quando le autorità giudiziarie di un paese della periferia incorre in pratiche indecenti con quelli in basso, non è strano che avvenga ciò. Ma gli Stati Uniti possono mantenere indefinitamente l’innominabile infamia di Guantánamo o proseguire con le loro prigioni strapiene, con il campionato mondiale in questa voce: alla fine del 2016 c’erano 2,16 milioni di persone in prigione e questa cifra rappresentava il tasso più basso dei precedenti 20 anni. Secondo un rapporto dell’ONU (https://www.un.org./es/chronicle/article), gli USA, con solo il 5 per cento della popolazione del pianeta, rappresentava il 25 per cento della popolazione penitenziaria mondiale. Il 67 per cento dei reclusi, inoltre, sono persone di “colore”, nonostante che siano solo il 37 per cento della popolazione degli USA: i poveri sono delinquenti per definizione.
La cosa peggiore di questo scandalo carcerario è che è un affare rapace nello stile yankee. Secondo il York Times (12/10/17), lo sceriffo Jonah Engel Bromwich disse, a proposito della promozione di alcune riforme al sistema penitenziario della Luisiana: “Stanno mettendo in libertà i buoni che ogni giorno utilizziamo per lavare auto, cambiare l’olio del motore, preparare il cibo, alla fine, tutto questo ci permette di risparmiare denaro”. Un tipica mentalità gringa del sud schiavista.
Secondo il rapporto dell’ONU segnalato: “Lo spirito di lucro contamina quasi tutti gli aspetti della vita in prigione, lacerando le famiglie senza nessuna ragione che possa essere giustificata dalle norme di sicurezza comunitarie. Per esempio, le costose ‘visite attraverso i video’ hanno rimpiazzato le visite familiari in presenza e gratuite in alcuni centri. Dietro ci sono imprese private che riscuotono per un minuto nello schermo più di 1,30 dollari…; la pena della prigione è sempre meno in relazione con la giustizia e di più con il desiderio di lucro. Oltre all’industria del lavoro carcerario, che muove intorno a mille milioni di dollari, le prigioni private e le compagnie a fini di lucro continuano a prosperare…”.
Si aggiunga il tema canaglia dei prigionieri politici. Ieri, lunedì, è stato ricordato nella tribù Oglala Sioux della riserva Pine Ridge (Dakota del Sud), che la loro richiesta più importante continua ad essere la liberazione di Leonard Peltier, un prigioniero politico indigeno che dal 1976 è stato imprigionato; presto compirà 79 anni.
All’inizio del 1970 regnava in quella riserva un regime di terrore sotto il comando dell’allora presidente tribale Dick Wilson, che contava su milizie fuori da ogni regola per esercitare la repressione contro i propri oppositori. Sotto lo sguardo della polizia e della FBI, queste milizie illegali commisero circa 60 assassinii con armi che provenivano dalla stessa polizia e dalla FBI. Di fronte al terrore quotidiano, un disgraziato giorno gli anziani tribali e i capi tradizionali degli Oglala-Lakota chiamarono gli attivisti del Movimento Indigeno Americano (AIM, nella sua sigla inglese), che montarono un accampamento di protezione. Il 26 giugno 1975 due agenti della FBI, Jack Coler e Ronald Williams, giunsero nell’accampamento con delle auto non identificate cercando, dissero, un ladro adolescente. Nell’ambito di una politica tribale autocratica, di persecuzioni della polizia e delle milizie, e di obbligata resistenza degli indigeni, ci fu un aumento della violenza in cui morirono un giovane attivista dell’AIM e i due agenti della FBI. Allora fu lanciata una delle maggiori operazioni di ricerca nella storia della polizia degli Stati Uniti contro tre attivisti dell’AIM: Bob Robideau, Dino Butler e Leonard Peltier. Alla fine, i primi due furono assolti in un processo, a seguito dei forti sospetti che le prove presentate fossero state manipolate dalla FBI, e al riconoscimento di una situazione di legittima difesa. Peltier rimase carcerato per stabilire un precedente giudiziario.
Dal 2013 fu stabilito nell’Oglala il 26 giugno come Giorno di Leonard Peltier. In questa data si ricordano gli avvenimenti di 48 anni fa relativi a Peltier; anche che l’AIM accorse a proteggere i loro. Dennis Banks, uno dei fondatori dell’AIM, morto nel 2017, all’epoca disse che l’AIM era stato chiamato per aiutare; “non sono venuti ad uccidere, ma a proteggere vite. Hanno rischiato la propria vita e la propria liberta”.
Leonard Peltier compirà 79 anni il prossimo settembre. Ne aveva 31 quando fu incarcerato. È stato prigioniero per 47 anni e 140 giorni, compiuti ieri, lunedì. Nell’Oglala, ma anche in altri luoghi del mondo, cittadini solidali sono tornati a chiedere la libertà di uno dei prigionieri politici più antichi degli USA. Solo ieri, in Europa, ci sono state azioni di ricordo almeno a Francoforte, Main, Leipzig, Düsseldorf, Milano, Val Susa e Viterbo.
Tutto il mondo è paese, per l’ingiustizia.
27 giugno 2023
La Jornada
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
José Blanco, “Leonard Peltier”, pubblicato il 27-06-2023 in La Jornada, su [https://www.jornada.com.mx/2023/06/27/opinion/019a2pol] ultimo accesso 30-06-2023. |