Perù dolente e tenero


Testo di Raúl Zibechi. Fotografie di Gerardo Magallón

Le armi fanno parte del paesaggio e del linguaggio peruviani. Forme di vita cesellate durante cinque secoli da strumenti per la guerra e la distruzione; tanti, tanto che il loro uso è diventato senso comune, in tutti i gradini del campo sociale. In alto, violenza genocida dallo stesso momento in cui il conquistatore calpestò queste terre. In basso, armi per difendere la vita e gli arnesi delle più diverse crudeltà, di quelle che sovrabbondano nella punita regione andina, per mano di preti e vescovi, di cacicchi e latifondisti che formano le loro guardie private per tenere a bada le turbe di indigeni.

Dietro ogni arma ci sono esseri umani. Bambini e bambine, anche. Che sorridono, giocano, tornano a sorridere… e sfilano segnando goffamente i passi perché in realtà stanno saltellando tra simili. Senza fermarsi ancora a ragionare come la vita li stia portando, troppo presto, dalla culla alla guerra senza un passaggio intermedio, senza quell’adolescenza che nelle Ande sembra un lusso di altri mondi.

Le ronde contadine sono questo, la vita quotidiana delle comunità andine decise a difendersi. Inizialmente, da ladri di bestiame che trovano sempre un giudice o un commissario complici delle loro peripezie. I volti severi e abbronzati dei più grandi che impugnano le loro armi nelle ronde, mostrano nelle loro pieghe la rigorosità di una vita in contrapposizione alle comodità e ai piaceri, regolata intorno al lavoro manuale a tremila metri di altitudine, lì dove il sole e il freddo segnano la pelle con segni indelebili.

Perfino le celebrazioni religiose, come la settimana santa nella castigata Ayacucho, appaiono disciplinate a punta di fucile. La violenza della guerra interna non ha rispettato, come nella conquista, nemmeno i più reconditi angoli della vita privata, trascinando perfino i nati recentemente nel vortice della crudeltà e degli eccessi del sangue. Anche i mercati, ridotte di donne dai piedi scalzi e dalle mani callose che si danno da fare cucinando vita, si trasformano in spazi dominati dai maschi armati, minacciosi, la cui sola presenza intimidisce per il semplice fatto di sfoggiare utensili di morte.

In questa geografia chiamata Perù per un capriccio dei caporali, il dolore e la tenerezza sono separati da una sottile e impercettibile membrana di vita. Vanno insieme, così stretti come le bambine e le fiamme che si prendono cura delle sierre. Come quei tessuti multicolori che annodano le donne nei loro rustici telai, per testimoniare che dietro e sotto le angustie, continua a pulsare la forza e l’energia di una cultura che non si arrende, né si vende.

Per tutto questo, non sorprendono i sorrisi di questi bambini che si impegnano a continuare ad essere, contro ogni pronostico, contro ogni speranza razionale. Sarà per questo che sono bambini e bambine andine, eredi di una tradizione centenaria di pianti e resistenze, le cui marachelle ci giungono attraverso la lente delicata e tenera di Gerardo.

Piazza centrale di Ayacucho. 1992

L’esercito sorveglia la sede del Senato dopo lo scioglimento del Congreso da parte dell’allora  presidente Alberto Fujimori. 1992

Ayacucho vita quotidiana.

Casa del bambino Ayacucho.

Casa del bambino Ayacucho.

Wari, mercato.

Wari. Donna con alpaca.

Ronda Contadina. Huanta.

Ronda Contadina. Huanta.

Lima. Fujimori dietro la cancellata della casa del governo dopo il suo autogolpe.

Lima. Casa del governo protetta dopo l’autogolpe di Fujimori.

9 febbraio 2023

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Raúl Zibechi. Gerardo MagallónPerú doliente y tiernopubblicato il 09-02-2023 in Desinformémonossu [https://desinformemonos.org/peru-doliente-y-tierno/] ultimo accesso 03-03-2023.

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