Ad una settimana dall’aver assunto il potere, Lula affronta una delle prime crisi politiche del suo terzo mandato.
Il vistoso assalto al Campidoglio degli USA ora ha il suo correlato in Sudamerica. Questa domenica, una folla abbigliata con magliette ‘verdigialle’ ha fatto irruzione nelle tre sedi emblematiche del potere politico a Brasilia: il Palazzo di Planalto, il Congresso e il Tribunale Supremo.
Dopo aver rotto un assedio della polizia, i simpatizzanti dell’ex mandatario di destra Jair Bolsonaro hanno attaccato con violenza le installazioni e hanno colpito alcuni agenti che hanno tentato di contenerli.
Nei video diffusi nelle reti sociali, molti dei presenti hanno documentato i danni e le aggressioni ai funzionari di polizia, anche se sono circolate registrazioni nelle quali si vedevano gli uomini in uniforme in un’apparente atteggiamento passivo mentre i manifestanti compivano l’occupazione.
In pochi minuti di confusione e bailamme, nelle reti sociali è stata diffusa la scena delle rotonde strutture dell’architetto Oscar Niemeyer circondate da centinaia di persone che chiedevano le dimissioni del presidente Luiz Inácio Lula da Silva e un intervento militare, appena una settimana dopo che il dirigente del Partito dei Lavoratori (PT) aveva assunto il suo terzo mandato. In mezzo allo stupore, la domanda è stata la stessa: come è stata possibile questa irruzione?
Un funzionario chiave
I manifestanti, concordi con l’ex presidente del Brasile, non sono apparsi dal nulla. Da due mesi molti di loro permangono in accampamenti vicini al Quartier Generale dell’Esercito, dove si sono riuniti per non riconoscere il risultato dell’elezione più inconciliabile della storia del paese.
Sotto le teorie di una frode che non hanno potuto dimostrare, i radicali chiedono la liberazione del “codice fonte” che comproverebbe il presunto imbroglio nelle passate elezioni, che dettero la vittoria a Lula con poco più dell’ 1% dei voti.
Gli striscioni con questo messaggio hanno ondeggiato durante l’occupazione dei tre poteri, mentre il resto del paese incominciava a farsi domande sui responsabili della situazione. I primi riflettori si sono fissati sul governatore del Distretto Federale, Ibaneis Rocha, che ha affermato di aver dato l’ordine a tutte le forze di polizia di contenere i manifestanti.
Nonostante ciò, alcune ore più tardi, il governatore ha annunciato la destituzione del suo segretario della Sicurezza Pubblica, Anderson Torres, che era stato ministro della Giustizia del Governo di Bolsonaro, tra il 2021 e il 2022.
Rocha, inoltre, si è discolpato con Lula e con il resto dei poteri attaccati durante la giornata: “Quello che è successo oggi è stato inaccettabile. […] Sono veri vandali, veri terroristi”, ha detto in un video diffuso nelle reti sociali.
Rapporti della stampa locale affermano che l’attuale ex funzionario si trova in vacanza negli USA, fatto che ha provocato un’ondata di ripudio e la richiesta della Procura Generale dell’Unione (AGU) affinché sia processato come presunto responsabile delle violenze.
Bosonaro, nel frattempo, si trova negli USA. Il suo viaggio in territorio nordamericano è avvenuto alcuni giorni prima dell’atto di investitura di Lula, che non solo ha convertito l’ex mandatario nel grande assente del trapasso, ma ha suggellato il suo rotondo silenzio sulla sua sconfitta elettorale.
Intervento a Brasilia
Le parole più attese della giornata sono state quelle di Lula. Il mandatario è intervenuto per condannare il fatto “senza precedenti nella storia” del Brasile ed emettere un decreto che gli permetta di militarizzare il Distretto Federale, mediante un’intervento che sarà vigente fino al prossimo 31 gennaio.
Ricardo García Capelli, attuale segretario esecutivo del Ministero della Giustizia, è stato la persona nominata come controllore e che tra le sue attribuzione avrà la facoltà di chiedere agli organi civili e militari, dell’amministrazione pubblica federale, tutti i mezzi necessari per portare a termine il suo compito.
Lula ha difeso il decreto come una misura necessaria di fronte alla gravità degli avvenimenti, che hanno compromesso “gravemente” l’ordine pubblico, attribuendone la responsabilità anche al suo predecessore.
“Questo è anche una sua responsabilità e dei partiti che appartengono a lui [Bolsonaro]”, ha denunciato Lula, dopo aver ricordato i discorsi dell’uomo di ultradestra per attaccare i poteri dello stato. Allo stesso modo, ha affermato che se qualche membro del suo Governo ha facilitato “per omissione” la violenta azione a Brasilia, dovrà farsene carico per quanto lo riguarda davanti alla Giustizia.
Il mandatario ha anticipato che viaggerà a Brasilia per verificare la gravità dei danni causati negli edifici dei poteri pubblici, e ha garantito che questo tipo di azioni non torneranno ad avvenire.
“Io persi le elezione nell’89, io persi nel 94, io persi le elezioni nel 98, e in nessun momento avete visto dei militanti del mio partito o di sinistra fare delle umiliazioni ad un presidente della Repubblica eletto”, ha ricordato il dirigente storico del Partito dei Lavoratori (PT).
Rioccupazione, detenzioni e indagini
Dopo il discorso del presidente brasiliano, portavoce del Congresso si sono uniti alle voci di rifiuto degli atti vandalici, mente il Supremo Tribunale Federale del Brasile ha dato un sostegno alla decisione delle autorità federali nella capitale.
Poco dopo, i media locali hanno annunciato la rioccupazione delle installazioni, mentre la Polizia Civile ha confermato la detenzione di 300 manifestanti.
Nel frattempo, il Partito Liberale -che ha sostenuto Bolsonaro- si è smarcato dalle violente proteste, anche se ha rivendicato con un tono ambiguo l’accampamento di fronte al Quartiere.
“È una vergogna per tutti noi, non rappresentano il nostro partito né Bolsonaro”, ha affermato il presidente del Partito Liberale, Valdemar Costa Neto, in una dichiarazione divulgata nelle reti sociali. In questo video, il portavoce ha affermato che i movimenti di cui sono stati protagonisti i militanti bolsonaristi “sono stati tutti pacifici”.
Ma al di là delle voci della scena politica brasiliana che sono uscite a rifiutare la violenza, durante la giornata ha spiccato la reazione internazionale nel sostenere il Governo entrante. Paesi come Venezuela, Messico, Ecuador, Cuba, Cile, Bolivia, Argentina, Colombia e Spagna sono stati i primi a pronunciarsi per condannare l’irruzione del bolsonarismo contro i tre poteri e denunciare, anche, l’atteggiamento antidemocratico delle manifestazioni.
“Come presidente della CELAC e del Mercosur, metto in allarme i paesi membri affinché ci uniamo in questa inaccettabile reazione antidemocratica che cerca di imporsi in Brasile”, ha detto il presidente argentino, Alberto Fernández.
Così, a meno di una settimana dall’aver assunto il suo terzo mandato, Lula affronta la sua prima grande crisi politica con un movimento che mostra i muscoli per rivelare la frattura politica del Brasile, mentre il capo di una parte della frattura si trova negli USA.
9 gennaio 2023
Resumen Latinoamericano
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Nazareth Balbás, “Brasil. ¿Trumpismo ‘made in’ Brasil? El asalto del bolsonarismo que provocó una intervención federal en Brasilia”, pubblicato il 09-01-2023 in Resumen Latinoamericano, su [https://www.resumenlatinoamericano.org/2023/01/09/brasil-trumpismo-made-in-brasil-el-asalto-del-bolsonarismo-que-provoco-una-intervencion-federal-en-brasilia/] ultimo accesso 09-01-2023. |