Argentina: Il costo sociale e ambientale dell’attività mega mineraria del litio


Darío Aranda

Comunità indigene, contadini e assemblee socioambientali rifiutano l’attività mega mineraria del litio. Affermano che distrugge ecosistemi vitali contro il cambiamento climatico, viola diritti umani, mette a rischio l’acqua e smentiscono che si tratti di un minerale necessario per la “transizione energetica”, come di solito si pubblicizza.

“Possiamo vivere senza litio, ma non possiamo vivere senza acqua”. È la frase che si ripete nelle comunità di Catamarca, Jujuy e Salta dove ci sono impianti e progetti di mega attività mineraria del litio. Popoli originari, contadini e assemblee socioambientali raccontano le conseguenze dell’estrattivismo nelle saline: sovraconsumo d’acqua, contaminazione e violazione dei diritti umani. “Chi è responsabile del saccheggio, della contaminazione, dell’acqua che usano? Conosciamo le imprese minerarie da tre decenni, per questo diciamo no all’attività mineraria del litio”, ribadisce il capo della comunità indigena Atacameños dell’Altipiano, Román Guitián.

La Catamarca conosce la mega attività mineraria. Da un lato, la conosciuta Minera Alumbrera, inaugurata nel 1997 da Carlos Menem. Ha estratto oro e rame dall’ovest provinciale (dipartimenti di Andalgalá, Santa María e Belén) e non sono state rispettate le promesse di lavoro, sviluppo locale, né di cura dell’ambiente. Da lì il rifiuto del nuovo megaprogetto MARA (Minera Agua Rica-Alumbrera). Conosce anche lo sfruttamento del litio, nella zona di Antofagasta de la Sierra opera dal decennio del 90 la multinazionale FMC Corporation (con il nome di Minera del Altiplano).

“Hanno già seccato il fiume Trapiche e non permetteremo che continuino a fare questo”, denuncia il capo Guitián. Si riferisce all’avanzata estrattiva: nel 2018 la FMC Corporation, di origine statunitense, annunciò che la sua unità d’affari per lo sfruttamento del litio passava a chiamarsi Livent Corporation. E presentò l’ampliamento dello sfruttamento. Per il quale richiede grandi volumi d’acqua, che vuole ottenere dal fiume Los Patos. Ha proposto la realizzazione di pozzi di pompaggio per ottenere 650.000 litri d’acqua all’ora e trasportare la quantità d’acqua attraverso un acquedotto.

Le comunità indigene, le assemblee socioambientali e gli abitanti autoconvocati della Catamarca denunciano che è a rischio la portata del fiume, imprescindibile per la vita della località. “Il rapporto ambientale dell’acquedotto ha avuto 19 osservazioni e ugualmente il governo provinciale ha autorizzato l’opera. Non hanno rispettato nemmeno i diritti indigeni, non c’è stata consultazione né consenso, come dice la legge. Operano illegalmente”, denuncia il capo Guitián. Hanno una posizione simile quelli dell’Associazione Contadini di Abaucán (Acampa), organizzazione di famiglie produttrici che rifiutano lo sfruttamento del litio perché “attenta alla cultura e alle forme di vita contadina”.

Fiambalá, a 300 chilometri a nordest della capitale provinciale, è molto conosciuta per le sue attrattive turistiche e la sua storia di agricoltura. Tutto cominciò a cambiare nel 2016 con l’arrivo dell’impresa Liex, sussidiaria della compagnia canadese Neo Lithium, per il progetto di sfruttamento del litio chiamato “Tres Quebradas”. Nel 2021, d’accordo con il governo provinciale e nazionale, ebbe di nuovo slancio con la multinazionale cinese Zijing Mining.

Yolanda Espinoza fa parte dell’Assemblea Fiambalá Risvegliata. “Non accettiamo l’imposizione di un modello estrattivista estraneo alle nostre forme di vita. Che attenta alle nostre economie regionali. Ed è imprescindibile denunciare che il progetto Tres Quebradas, di attività mineraria del litio, è installato nel sito Ramsar, dove ci solo salari e lagune altoandine di grande importanza ecologica per la zona”, afferma. E riassume: “Le imprese minerarie contano sulla complicità dei governanti, sia municipali che provinciali”. Chiede di precisare i nomi: l’intendente Roxana Paulón e il governatore Raúl Jalil.

Da parte dell’Assemblea si denuncia la mancanza di informazione riguardo agli impatti dello sfruttamento del litio, l’assenza di partecipazione cittadina, la violazione della Legge dei Ghiacciai e chiedono l’approvazione della Legge sulle Zone Umide. Ricordano che i salari (dove si trova il litio) sono anche zone umide. Per questo ci sono, tra i grandi oppositori della protezione delle zone umide, -oltre ai settori dell’agronegozio- le imprese minerarie e i governi di Catamarca, Jujuy e Salta.

La compagnia cinese ha già cominciato la costruzione dell’impianto di trattamento chimico, a solo quattro chilometri dal paese. “Sta nei dintorni della stessa Fiambalá, in terre cedute dalla intendente Paulón”, discute l’attivista dell’assemblea.

“Pucará” è la sigla dell’organizzazione Popoli Catamarchini in Resistenza e Autodeterminazione, che riunisce assemblee e organizzazioni socioambientali della provincia. Verónica Gostissa fa parte della Pucará e dichiara che nel decennio del 90 ci poteva essere una certa illusione riguardo allo “sviluppo” che prometteva l’attività mega mineraria perché era qualcosa di nuovo per la provincia. “Tre decenni dopo è ridicolo che ci vogliano far credere alle presunte bontà che comporterebbe il progetto MARA o lo sfruttamento del litio. Questa pellicola l’abbiamo già vista. I territori sanno già cosa implica l’attività mega mineraria e per questo il rifiuto è totale”, spiega.

Da parte della Pucará lavorano sul mito della “transizione energetica” mediante il litio, come una presunta soluzione alla crisi climatica: “È una menzogna che il litio faccia parte della ‘transizione energetica verde’ (per utilizzare meno petrolio). Perché l’attività mineraria del litio implica la distruzione di salari e lagune altoandine, chiavi per combattere la crisi climatica”. Gostissa insiste specialmente sulla violazione dei diritti e tende un legame con il passato e il presente: “Dai territori dove lottiamo contro l’estrattivismo diciamo che ‘memoria, verità e giustizia’ devono poter essere applicate non solo agli anni della dittatura civico-militare, ma devono essere applicate ai disastri ambientali, all’ecocidio che avviene per mano di governi e multinazionali, è un modello che viola sistematicamente i diritti umani. E non ci si può girare dall’altro lato”.

“L’acqua è dei popoli”

“Attività Mineraria Transnazionale del litio nelle Lagune Altoandine della Catamarca”, è il titolo della ricerca dell’organizzazione BePe, della Catamarca. In 50 pagine dettaglia che il progetto minerario viola leggi ambientali (come la Legge Generale dell’Ambiente), la legislazione indigena (Trattato 169 dell’OIL) e viola anche accordi internazionali come il Trattato Ramsar e l’Accordo di Escazú. E mette in allarme sulla mancanza di studi riguardo all’impatto dello sfruttamento dell’acqua.

Da parte dell’Assemblea Fiambalá Risvegliata battono sullo stesso punto. Spiegano che il progetto Tres Quebradas mette a rischio la Conca di Abaucán, che alimenta d’acqua tutti i paesi della zona. “L’attività mineraria consuma milioni di litri d’acqua al giorno. E questa è una zona arida. Non vogliamo essere un paese sacrificabile, non crediamo alle false promesse. L’acqua è dei popoli, per questo non vogliamo le imprese minerarie”, riassume l’attivista dell’assemblea Yolanda Espinoza.

Fonte: Página/12

29/11/2022

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Darío Aranda, El costo social y ambiental de la megaminería de litiopubblicato il 29-11-2022 in Rebeliónsu [https://rebelion.org/el-costo-social-y-ambiental-de-la-megamineria-de-litio/] ultimo accesso 21-12-2022.

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