Colombia: Javier Giraldo dice che “questa persecuzione del paramilitarismo è poco credibile nel governo di Duque”


Nei giorni passati, Colombia Informa ha intervistato il sacerdote Gesuita Javier Giraldo, conosciuto come un instancabile lavoratore per i diritti umani e la denuncia del paramilitarismo.

Colombia Informa: In differenti studi come quello realizzato nel libro: “Dal paramilitarismo al paramilitarismo”, lei prospetta uno degli elementi principali per cui in Colombia il paramilitarismo è sorto in stretta relazione con lo Stato Colombiano, giacché è stato legalizzato da differenti governi. Come vedete voi questo funzionamento del paramilitarismo in questa relazione con lo stato?

Javier Giraldo: Ci sono stati 27 anni in cui ha funzionato come braccio clandestino o semiclandestino perché c’erano molte attività che si facevano alla luce del giorno. Fusioni di truppe legali e illegali, ma per questi 27 anni c’è stato questo funzionamento con una protezione legale. Quando questo si interrompe per la dichiarazione di incostituzionalità di decreti che crearono questa situazione. Nonostante ciò, questo continua in vari modi. Io credo che, per esempio, i militari continuino con questa relazione.

C’è la testimonianza di un militare di alto livello che diceva: “Prima ci riunivamo nello stesso ministero della difesa e ora, in questa situazione di certa illegalità, abbiamo cercato altri luoghi di riunione”. Nonostante ciò, loro continuano a funzionare più o meno allo stesso modo, con una certa dissimulazione della relazione tra militari e paramilitari.

Quello che ho visto, per esempio, nella regione dell’Urabá, è che questa relazione che era, così alla luce del giorno, incomincia progressivamente ad essere occultata fino a giungere ad una situazione come quella di oggi, nella quale militari e paramilitari non camminano più insieme, non cucinano più il cibo insieme e i militari della 17 brigata, là nell’Urabá, hanno la piena coscienza che tutte le frazioni sono dominate dai gruppi paramilitari.

Nonostante ciò, nel momento in cui questi gruppi convocano ad un’assemblea le giunte comunali o la popolazione delle frazioni, loro immediatamente portano via le truppe ad una distanza di più di cinque chilometri, affinché quando qualcuno denuncerà che nel proprio territorio è stata fatta un’assemblea illegale, loro -i miliari- risponderanno davanti agli organismi internazionali che non avevano truppe in quella località.

Si è giunti a questo modus vivendi, in cui loro dissimulano in tal modo la presenza, l’integrazione e la convivenza con questi gruppi paramilitari, distanziandosi fisicamente, ma tollerando tutto quello che lo fanno. Non c’è nessuna repressione contro questi gruppi. In ognuna delle frazioni loro hanno dei controlli che loro chiamano punti. Il punto è una specie di spia che può essere una famiglia o può essere un persona privata con la quale controllano tutta la vita della frazione e che informa con la radio o con i cellulari su tutto quello che succede nella frazione. Nonostante che i militari conoscano questi punti e conoscano questa situazione, non c’è assolutamente nessuna azione di persecuzione contro questi gruppi. C’è una totale tolleranza.

CI: Voi siete riusciti ad identificare che imprese, che allevatori, che politici sono collegati o sono dietro a questi gruppi come il Clan del Golfo o le Aquile Nere?

JG: Dopo questa “smobilitazione dei paramilitari”, il tutto è passato ad alti livelli di clandestinità. Le indagini giudiziarie sono riuscite ad identificarlo. Per esempio, nell’Urabá, la stessa impresa bananiera Chiquita Brands collaborò molto con questi gruppi, tanto che fu sanzionata negli Stati Uniti. Trasportò ai paramilitari 5000 fucili e cinque milioni di munizioni. Questo si è saputo ed è stato comprovato e la stessa giustizia nordamericana ha sanzionato l’impresa.

In questo caso si è saputo che vari impresari bananieri dell’Urabá sono stati molto legati a questa collaborazione. Ci fu anche uno chiamato Arnulfo Peñuela Marín, che nel 2010 fu condannato a sei mesi di carcere e che fu sindaco di Carepa. Lui era il ponte tra le imprese bananiere e i paramilitari. Era colui che raccoglieva le imposte che i bananieri donavano per il sostentamento del paramilitarismo. Così ci sono altri casi simili.

Tutto questo giunge fino ad al momento in cui la relazione diventa clandestina. Ancora non abbiamo potuto identificare coloro che sono direttamente coinvolti con questi gruppi perché loro hanno aumentato il livello di clandestinità. Si sa che questo non funziona senza una base economica tirata fuori dagli impresari, ma la relazione è molto clandestina.

CI: Come interpretate che nel governo uribista di Iván Duque, furono annunciati vari attacchi contro il Clan del Golfo, capi catturati o abbattuti? Voi come analizzate questo, e considerate che questo governo ha perseguitato i paramilitari?

JG: Il governo di Duque con una mano cattura uno o un altro paramilitare, ma allo stesso tempo, per esempio, nel discorso che pronunciò di fronte alla forze armate -credo che fu nel febbraio del 2019, a Tolemaida, Cundinamarca-, ritornò diciamo ai paramilitari ufficiali finanziati dallo stato, civili che entrano in guerra, e riconobbe che lui stava formando gruppi di giovani ausiliari dei militari e che quel prospettava di giungere ad un milione. Questo è stato più o meno uguale a quello che si fece sotto i governi di Uribe, di Samper, di Gaviria, formare questi gruppi di civili armati.

Anche nel governo di Uribe, l’allora ministra della difesa, Marta Lucia Ramírez, lo diceva in televisione quando domandavano quanto costavano le armi che lei consegnava ai gruppi di civili che stavano formando. Ora Duque ha fatto lo stesso. Si sa che tanto la polizia come l’esercito avevano molti gruppi di civili ausiliari, sia come informatori o come partecipanti ad azioni militari. Ossia, il paramilitarismo è continuato nel governo di Duque.

Ora, di fronte alla repressione che lui esercitava, per esempio, sul Clan del Golfo, la tenuta della famiglia Úsuga, fondatrice del Clan del Golfo, sta a San José de Apartado, in una delle frazioni, che è la frazione Playa Larga. Là c’è la grande tenuta del papà degli Úsuga che è dove stava Otoniel, l’ultimo che è stato estradato.

Per perseguire Otoniel organizzarono un’operazione chiamata Operazione Agamennone, che durò sette anni. Nella regione, io credo che nessuno credesse a questo perché vedevano che c’era una stretta relazione tra i militari e la famiglia Úsuga; e che tutta questa persecuzione era un’opera di teatro che servì solo ad aggredire le comunità contadine, nelle quali giungevano a fare un’operazione, a perquisire le abitazioni, a molestare le comunità che erano un po’ più distanziate dallo stato.

Tutto il mondo sapeva che i militari erano a conoscenza che Otoniel non fosse lì e che loro sapevano dove stesse. Nonostante ciò, per questo spesero molti milioni di pesos perché questi erano battaglioni interi dedicati, a quanto pare, a cercare Otoniel per sette anni sapendo dove fosse. Alla fine, non lo catturano, ma lui si consegna e lo fa in un modo molto sospetto perché i militari che lo “arrestano” ciò che volevano era farsi delle foto con lui, e lì ci fu un momento molto festoso. Allora, questa persecuzione del paramilitarismo è poco credibile nel governo di Duque.

21 settembre 2022

Colombia Informa

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Javier GiraldoJavier Giraldo: Esa persecución al paramilitarismo es poco creíble en el gobierno de Duquepubblicato il 21-09-2022 in Colombia Informasu [http://www.colombiainforma.info/javier-giraldo-esa-persecucion-al-paramilitarismo-es-poco-creible-en-el-gobierno-de-duque/] ultimo accesso 28-09-2022.

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