“Ci sono le condizioni affinché nei prossimi giorni avvenga di nuovo una reazione sociale in Ecuador”


Intervista a Leónidas Iza, dirigente indigeno ecuadoriano, presidente della Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), in visita in Spagna per opera della ONG Entrepueblos.

L’Ecuador sta vivendo diverse mobilitazioni sociali: docenti, studenti, collettivi agricoli, lavoratori e lavoratrici… Questo mese, ci si aspetta un’azione del movimento indigeno e “dopo si vedrà la reazione di diversi settori sociali; da qui ad agosto il clima delle mobilitazioni sarà abbastanza alto”, afferma Leónidas Iza.

Tre anni dopo l’esplosione sociale che il paese ha vissuto, non è stata risolta nessuna delle richieste del movimento indigeno e dei settori popolari.

Nel 1986 nasceva la CONAIE. Formata da 53 organizzazioni di base, rappresenta i 18 popoli e le 14 nazionalità dell’Ecuador. Da allora, ha difeso i diritti dei popoli indigeni e dei settori popolari del paese. Negli ultimi tempi, ha denunciato il Governo nazionale e la “sua politica neoliberale che è realizzata a favore di grandi gruppi economici che accumulano ricchezze e rendono più ampia la breccia della disuguaglianza sociale”.

Nel 2019, avvenne un’importante sollevazione dei popoli indigeni dell’Ecuador. Tre anni dopo, che rimane di quelle proposte?

L’esplosione sociale del 2019 avvenne dopo un’accumulazione di lotte. Le sei richieste che stava proponendo il movimento indigeno non furono ascoltate. Tutto il contrario: una parte del Governo nazionale decise di adottare le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale; come conseguenza, fu approvato il decreto 883, che fece salire il prezzo dei combustibili e, con quello, accese la miccia dell’esplosione sociale. Tre anni dopo, non c’è stata nemmeno una risposta a nessuna delle richieste del movimento indigeno e dei settori popolari. Non sono state risolte questioni come la lotta contro l’estrattivismo, l’applicazione dei diritti collettivi dei popoli indigeni, come la consultazione preventiva, libera e informata, il rispetto dell’applicazione della giustizia indigena, i problemi dei piccoli produttori, il tema della terra, l’acqua e il trasporto comunitario…

Due anni dopo la sollevazione, nel 2021, furono realizzate le elezioni che portarono al potere il conservatore Guillermo Lasso. Il Governo di Lasso ha qualche responsabilità in queste mobilitazioni che si annunciano per le prossime settimane?

Il Governo ha promosso dialoghi con i settori popolari, ma le questioni non si risolvono. Pertanto, il problema non è il dialogo, ma quando saranno risolte le nostre richieste. Già l’anno passato ci furono mobilitazioni per far rispettare e promuovere la produzione nazionale. Nonostante ciò, il Governo vuole firmare i trattati di libero commercio che, anche se garantiscono le entrate delle esportazioni, danneggiano il modello produttivo dell’Ecuador. Relativamente alla legge sull’aborto, per esempio, chiediamo la garanzia dell’aborto per violenza; nonostante ciò, il Governo ha portato al Ministero una legge molto conservatrice. Abbiamo anche il tema della legge dell’educazione interculturale bilingue, con la quale si riconosceva ai professori un aumento del loro salario, ugualmente, è stata vietata dal presidente. Ci sono altri temi che hanno a che vedere con la privatizzazione di settori strategici che sono degli ecuadoriani e delle ecuadoriane. Tutta l’agenda legislativa è molto intonata alle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale. Tutti questi temi sono ancora in sospeso e, per questo, i lavoratori, gli indigeni, noi ecuadoriani stiamo uscendo a manifestare.

La popolazione indigena rappresenta in Ecuador il 7,03% della popolazione; questo presuppone un milione 53.000 persone. Nel censimento del 1963, ascendeva al 60%; tale diminuzione è difficile da intendere. Leónidas Iza considera che può essere dovuta in gran misura al disprezzo e alla discriminazione che storicamente hanno subito, tanto che la stessa gente indigena preferisce non riconoscersi come tale, ma come meticcia.

Una delle questioni che costantemente denunciate è l’estrattivismo. Che conseguenze hanno queste pratiche delle imprese transnazionali sui territori e la vita delle persone? Esistono meccanismi legali in Ecuador che frenano questo tipo di comportamenti?

Negli ultimi 20 anni, l’attività mineraria è aumentata tra l’80 e il 90%. E il piano è uscire dalla dipendenza dal petrolio e dall’economia estrattivista. Noi abbiamo dimostrato cosa significhi il petrolio e che significherà l’attività mineraria per quanto riguarda l’enorme impatto che causa. Realmente, il paese si è sviluppato con il petrolio, ma le zone di sfruttamento, dopo 50 anni, sono devastate, con malattie, i territori dei popoli indigeni sono danneggiati, la loro identità sta scomparendo. Negli ultimi 20 anni è aumentata la dipendenza dall’attività mineraria. In questo momento, questo settore apporta l’11,5% del PIL che non è molto, ma i suoi impatti sulla natura e sui popoli indigeni sono irreversibili, e, essendo un’esperienza molto dolorosa in altri paesi fratelli come il Perù, c’è timore nei territori indigeni. Affrontiamo due questioni: da un lato, l’attività mineraria illegale che ha sconvolto i territori; ma anche quella legale che, anche rispettando i requisiti dello stato, agisce in una forma molto simile a quella dell’attività mineraria illegale. Il territorio danneggiato dall’attività mineraria è di circa l’8%, cinque milioni di ettari. L’Ecuador è uno dei paesi più piccoli del mondo, ma è altamente biodiverso; per questo, è necessario prendersi cura dell’acqua, della natura, della biodiversità di fronte all’attività mineraria.

In altri paesi dell’America Latina, i popoli indigeni stanno avendo un ruolo rilevante nella difesa dei territori e dei diritti umani. A che punto sono questi movimenti e quali sono le sfide che vi attendono prossimamente? 

Come riferimento abbiamo il popolo mapuche in Cile, che in questo momento sta avanzando nella costruzione dello stato plurinazionale. La situazione in Perù in questo momento è molto compromettente; il presidente Castillo ha avuto un arretramento relativamente alla politica che lo ha portato ad essere eletto. Lì il tema dell’attività mineraria è un fattore determinante, dove i governi sono già diventati dipendenti. È così, quando entra in confronto con i territori e con i popoli che vivono in quelli. Ora, bisogna ricordare che, in termini di normativa internazionale, tutti noi, popoli indigeni del mondo, siamo riconosciuti come attori chiave dall’OIL, dall’ONU, dall’UE… e, nonostante ciò, gli stati che si uniscono a questo riconoscimento non lo hanno rispettato. Di fronte a questa situazione, noi abbiamo denunciato che non si applica la garanzia di una consultazione preventiva, libera e informata. Abbiamo anche portato queste denunce alle corti costituzionali degli stati. Nella Corte Costituzionale, stiamo vincendo in alcuni casi; per esempio, il caso Piatúa o il caso di Sápara, il caso Sinangoe. Nonostante questo, l’Esecutivo non le rispetta.

Che chiederete al Governo nelle prossime mobilitazioni?

Primo, relativamente all’estrattivismo: deve essere rispettato il diritto alla consultazione preventiva, libera e informata con un consenso vincolante; e ci deve essere una classificazione dei territori nei quali è già presente l’attività mineraria. Si deve stabilire una politica di compensazione ambientale e una politica di riparazione dopo l’attività mineraria -perché non si può venire, sfruttare e lasciare unicamente la contaminazione-, cerchiamo che il paese sia dichiarato libero dall’attività mineraria a cielo aperto. La seconda questione è il tema della produzione. Abbiamo chiesto al Governo nazionale di privilegiare il modello produttivo nazionale. Attualmente, abbiamo un problema nelle esportazioni per effetto della guerra in Ucraina; tutte le esportazioni che abbiamo di banane, di fiori, di broccoli, patate, riso… sono paralizzate. Bisogna avere una politica che risolva questa situazione. E un terzo tema ha a che vedere con il rispetto dei diritti, e nel caso dei popoli indigeni, il rispetto dei diritti collettivi: il rispetto della loro propria giustizia, propria educazione. E anche la lotta contro le privatizzazioni; un argomento che non solo preoccupa il movimento indigeno, ma molti altri attori del paese.

Leónidas Iza ci chiede di non finire l’intervista senza far riferimento ad “un tema centrale per il movimento indigeno”: i diritti delle donne. “Le ultime statistiche sono molto preoccupanti: otto donne indigene su dieci sono violentate; di queste otto, sei lo sono sessualmente. Questa situazione, si deve al problema strutturale del maschilismo, una società patriarcale che è nascosta. Per questo, siamo in lotta in modo permanente, c’è una responsabilità per risolvere questo tema da parte del femminismo comunitario”. Ricorda, inoltre, che nel 2019 la maggioranza delle persone che scesero nelle strade furono giovani e donne.

24 maggio 2022

La Coordinadora de Organizaciones para el Desarrollo

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Hay condiciones para que en los próximos días se produzca de nuevo una reacción social en Ecuador” pubblicato il 24-05-2022 in La Coordinadora de Organizaciones para el Desarrollo, su [https://coordinadoraongd.org/2022/05/hay-condiciones-para-que-en-los-proximos-dias-se-produzca-de-nuevo-una-reaccion-social-en-ecuador/] ultimo accesso 30-05-2022.

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