Il comunicato della Carovana per la Vita e l’Acqua, diffuso il 26 aprile alla fine del percorso di 34 giorni attraverso i territori di dieci popoli originari, è un passo che merita di essere dibattuto e studiato dalle persone organizzate in movimenti (https://bit.ly/37qvex9).
Perché è da questi brani che si rivelano la profondità delle resistenze e la maturità di coloro che continuano a puntare a cambiare il mondo dal basso. Il testo racconta quanto successo durante questo mese quando i popoli hanno ricevuto la Carovana: hanno camminato insieme, hanno conosciuto i dolori, il disprezzo, la repressione, il saccheggio e lo sfruttamento, che sono “le forme con cui si manifesta la guerra che il capitalismo impone in tutto il mondo”.
Denuncia che il crimine organizzato non potrebbe esistere senza il sostegno dello stato, qualcosa che conviene non dimenticare per portare avanti false illusioni. Si sofferma sulla denuncia di come lo Stato reprime i popoli e i collettivi che difendono l’acqua, la terra, la vita.
Il paragrafo che più mi ha scosso insiste sulle questioni interne delle organizzazioni e delle persone:
“La Carovana ci ha anche permesso di guardare e notare le nostre contraddizioni come individui e come organizzazioni, le pratiche capitaliste che riproduciamo e che possiamo smantellare solo collettivamente, il sistema che abita nei nostri corpi e che si manifesta nelle nostre azioni e parole. Per sradicare il consumismo, il patriarcato, il maschilismo, la misoginia, il colonialismo, il razzismo e il classismo è necessario riconoscerlo in noi, enunciarlo e costruire alternative”.
Infine, propone la costruzione di scuole autonome nei territori organizzati nel CNI, dove possano arrivare a comprare dal Messico e dal mondo, rispondendo alla domanda “e tu cosa?”.
Quello che non dice il comunicato, ma si apprende dal processo di organizzazione dei popoli, è la profondità della semina zapatista, in Messico e in buona parte del mondo. Questo comunicato non viene firmato dal sub Galeano o dal sub Moisés, ma da ragazzi e ragazze dei popoli che si organizzano nel CNI e hanno partecipato nella Carovana.
La qualità del comunicato, la potenza delle lotte come quelle della Bonafont trasformata in Altepelmecalli, la lotta del popolo otomí a Città del Messico e la resistenza a Xochimilco, per menzionare le poche che ho visitato personalmente, ci rivelano quanto sono cresciuti molto i popoli dal “Ya Basta!” del 1 gennaio 1994.
Questa crescita, frutto della semina zapatista, diventa evidente per il fatto che i popoli camminano con il proprio ritmo e con i propri modi, che non si affidano agli ordini di altri, fatto che sarebbe un segno di nessuna autonomia.
Al contrario, i popoli organizzati nel CNI dialogano con l’EZLN su un piano di uguaglianza, anche se coloro che rimangono affezionati alla cultura politica dominante non lo credono, giacché sentono che solo con capi e capetti si può lottare.
Soffermiamoci su alcune frasi degne di nota del comunicato: quelle che parlano di costruirci come persone e collettivi differenti dal capitalismo e dal patriarcato egemonici, di prendersi cura e difendere questi modi diversi, e di fare quanto possibile per liberare al vento questi semi, con la speranza che altri e altre in qualsiasi parte del mondo li raccolgano e li facciamo crescere in terre sempre diverse. È il mondo nuovo che deve nascere.
9 maggio 2022
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “Las prácticas capitalistas que reproducimos” pubblicato il 09-05-2022 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/las-practicas-capitalistas-que-reproducimos/] ultimo accesso 13-05-2022. |