Circa un milione di indigeni, contadini, professionisti e lavoratori, riuniti in differenti movimenti e organizzazioni sociali, partecipanti alla Marcia per la Patria, per la difesa della democrazia, per l’unità del paese e a sostegno della gestione del presidente Luis Arce e del vicepresidente David Choquehuanca, sono giunti nella città di La Paz dopo sette giorni di mobilitazione attraverso tutto il paese.
La marcia, di 200 chilometri, è partita la mattina di martedì 23 novembre dal municipio di Caracollo del dipartimento di Oruro e ha percorso nove dipartimenti. Dopo sette giorni, ha terminato la sua ultima giornata pacificamente di fronte alle azioni di destabilizzazione provocate a novembre da settori dell’opposizione, la medesima che fu protagonista del colpo di stato del 2019.
Autorità nazionali, militanti del Movimento Al Socialismo, della Centrale Operaia Boliviana, del Patto di Unità formato dalla Confederazione Sindacale Unica dei Lavoratori Contadini della Bolivia, e la Confederazione Nazionale delle Donne Contadine Indigene Originarie della Bolivia-Bartolina Sisa, oltre alla Confederazione Sindacale delle Comunità Originarie Interculturali Originarie della Bolivia, il Consiglio Nazionale degli Ayllus e Markas del Qullasuyu, la Confederazione dei Popoli Indigeni dell’Oriente Boliviano, hanno partecipato alla marcia.
I manifestanti -tra loro membri delle giunte vicinali, sindacali, cocaleri, minatori cooperativisti- sono entrati nella sede del Governo, guidati dal presidente e dal vicepresidente, il dirigente del Movimento Al Socialismo (MAS) ed ex mandatario Evo Morales, il presidente della Camera dei Senatori Andrónico Rodríguez, il presidente della Camera dei Deputati, Freddy Mamani, e i principali dirigenti delle organizzazioni sociali di portata nazionale.
“Il popolo vuole tranquillità, vuole pace, vuole che si rispetti la democrazia e il voto emesso nelle urne, e questo è un campanello d’allarme per la destra che con il popolo non si gioca, c’è un voto che si deve rispettare. Il popolo boliviano mostra unità difendendo il nostro Governo eletto democraticamente. Questo è un campanello d’allarme per la destra, con il popolo non si gioca”, ha pubblicato Arce nelle reti sociali.
Il segretario esecutivo della Centrale Operaia Boliviana (COB), Juan Carlos Huarachi, ha evidenziato che l’affollata “Marcia per la Patria” è stata il risultato della coscienza del popolo boliviano in difesa della democrazia, del voto popolare, del governo del presidente Luis Arce e del mantenimento della stabilità politica, economica e sociale del paese.
“Questa marcia non è pagata, comprata, né finanziata (…) Non siamo venuti a generare violenza, ma se ci provocano qui c’è il popolo unito! Questo popolo difenderà la patria, la democrazia, difenderà Lucho e David, difenderà il nostro processo di cambiamento e difenderà il proprio voto emesso nelle urne”, ha dichiarato il dirigente operaio.
Il segretario esecutivo della Centrale Operaia Dipartimentale di Santa Cruz, Rolando Borda, ha dichiarato che questa marcia chiede ed esige anche giustizia per i caduti nei massacri di Senkata, Sacaba, Huayllani e di altre località del paese nel novembre dell’anno 2019, durante il governo di fatto di Jeanine Áñez.
Un’assemblea aperta nella piazza San Francisco di La Paz ha riaffermato la richiesta della marcia in cerca di pace, unità e democrazia riguardo al 55,11% ottenuto nelle urne dal Movimento Al Socialismo nell’ottobre del 2020.
Ugualmente, il Comitato Contro la Tortura delle Nazioni Unite ha segnalato che durante il colpo di stato contro Evo Morales ci furono azioni di razzismo e discriminazione, incendio di wiphala in “segno di vendetta e incitazione all’odio” e “finanziamento di gruppi paramilitari che agirono in cooperazione con le forze di sicurezza”.
Il relatore del comitato, Claude Heller, ha affermato nella sessione che fu effettuata a Ginevra che “i fatti di discriminazione razziale si espressero in azioni congiunte di militari e poliziotti e la repressione e il linguaggio razzista e antindigeno fu diretto contro la popolazione mobilitata, che nella sua maggioranza era indigena, operaia e contadina. La grande maggioranza delle persone ferite, assassinate o detenute dal 10 novembre 2019 apparteneva a questo segmento della popolazione”.
*Boris Acosta Reyes. Sociologo e giornalista boliviano, collaboratore del Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico (CLAE, www.estrategia.la)
02/12/2021
Rebelión / CLAE
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Boris Acosta Reyes, “Un millón de bolivianos en la marcha patriótica por la democracia y en apoyo al Gobierno” pubblicato il 02-12-2021 in Rebelión, su [https://rebelion.org/un-millon-de-bolivianos-en-la-marcha-patriotica-por-la-democracia-y-en-apoyo-al-gobierno/] ultimo accesso 08-12-2021. |