Donne criminalizzate in America Latina per aver abortito: povere, indigene o afrodiscendenti e senza conoscenza dei propri diritti


Luna Izquierdo

La paura delle denunce e di essere processate fa sì che molte donne cerchino aborti con procedure clandestine e non si rechino nei centri di salute.

Una sentenza giudiziaria in Messico, che ha dichiarato incostituzionale criminalizzare le donne per aver abortito, è l’ultima vittoria dei difensori dei diritti all’aborto in America Latina, una regione che per molto tempo ha avuto alcune delle leggi più restrittive del mondo contro questa procedura. Ma l’aborto legale continua a non essere disponibile alla maggioranza delle donne.

A gennaio, l’Argentina ha legalizzato formalmente l’aborto nelle prime 14 settimane di gravidanza, dopo che il senato aveva approvato una legge che permetteva la procedura. In Messico, la Corte Suprema ha abrogato uno statuto dello stato di Coahuila che imponeva pene di prigione fino a tre anni alle donne che si erano sottoposte ad aborti e a coloro che le avevano assistite.

Fino a quando sono avvenuti i cambiamenti in Argentina e Messico, solo le nazioni più piccole come Cuba, Uruguay e le Guayane avevano depenalizzato l’aborto. D’altra parte, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Haiti, Giamaica o Surinam lo proibiscono in modo totale, anche quando la vita della madre corre pericolo.

Ora, si spera che nelle prossime settimane la Corte Costituzionale della Colombia decida se ampliare drasticamente i diritti all’aborto, così come ha raccolto il Los Angeles Times.

Nel 2006, in Colombia, la Corte Costituzionale depenalizzò l’aborto in tre casi: per rischio per la vita o la salute della donna, per violenza sessuale o per incompatibilità del feto con la vita extrauterina. Nonostante ciò, nel paese sono aumentati i casi di persecuzione penale dell’aborto.

La paura delle denunce e di essere processate fa sì che molte donne cerchino di abortire con procedure clandestine e non si rechino nei centri di salute, giungendo anche colpirsi, mettersi forcine nella vagina o prendendo erbe, metodi che mettono a rischio la loro salute e la loro vita. Per questo, è meglio che abbiano accesso ad una procedura legale e sicura, così come dichiarano gli attivisti. Le donne delle comunità più vulnerabili, che vivono nella povertà, subiscono la discriminazione, e probabilmente non hanno accesso a risorse o educazione, sono quelle che hanno più necessità.

Anche in quei paesi in cui è stato depenalizzato l’aborto in alcuni casi, la criminalizzazione delle donne non solo non è diminuita, ma al contrario, è aumentata.

“La depenalizzazione dell’aborto per cause è una soluzione insufficiente. Ha ampliato le possibilità di abortire ma soprattutto alle donne di classe media e classe alta, le privilegiate, ma ha avuto un effetto criminalizzante tra i gruppi più vulnerabili”, ha affermato a Público Lucía Hernández, avvocata dell’organizzazione Women’s Link Worldwide con sede a Bogotá.

Le organizzazioni femministe e le difensore dei diritti sessuali e riproduttivi denunciano che l’inclusione dell’aborto come un delitto nei codici penali e le leggi che restringono l’interruzione della gravidanza non penalizzano l’aborto, ma le donne più vulnerabili.

La Colombia non è l’unico esempio dove si ledono i diritti delle donne più indifese. Recentemente altre due indagini, una realizzata dall’organizzazione GIRE in Messico e un’altra da Human Rights Watch in Ecuador, così come informa Público, lanciavano conclusioni simili. In Ecuador, un numero sproporzionato di aborti ha avuto luogo in province con una grande percentuale di popolazione indigena o afrodiscendente e quasi tutte vivevano in situazioni di povertà.

In Ecuador, l’interruzione della gravidanza è legalizzata solo quando la vita e la salute della donna incinta sono a rischio, e in tutti i casi di violenza sessuale. Nonostante ciò, neppure in queste circostanze le donne sono libere dalla persecuzione.

Il rapporto della GIRE, evidenzia che in Messico c’è una grande frattura tra i diritti stabiliti sulla carta e i servizi a cui hanno accesso le persone: “C’è un grande non riconoscimento da parte delle autorità e, in particolare, del personale della salute circa i propri obblighi; si impongono requisiti non richiesti dalla legislazione che ostacolano e a volte rendono impossibile l’accesso a servizi legali di aborto; si permette la disinformazione da parte dei gruppi anti diritti mediante la promozione di legislazioni che cercano di restringere i diritti umani; si viola il segreto professionale e si criminalizzano le donne con emergenze ostetriche”.

Il 73% dei processi iniziano per denunce dei professionisti della sanità

Gli stessi sanitari denunciano alla Procura e alla Polizia le donne che entrano in un centro di salute con un’emergenza ostetrica e con perdite per un inizio di aborto.

Le prendono dichiarazioni nella stessa barella dell’ospedale e sono anche portate via quasi nude, coperte solo con il camice ospedaliero, a deporre in Procura.

Mancanza di informazione

Sono molteplici le cause che generano questo profilo di donne criminalizzate, tra loro la mancanza di informazione. Molte donne che vivono in zone rurali non conoscono i propri diritti all’aborto e quando li conoscono, non hanno centri di salute vicini dove recarsi né denaro per pagare i mezzi di trasporto.

Un altro problema comune in diversi paesi è la poca informazione e anche la disinformazione da parte dei servizi di salute e delle istituzioni giudiziarie. “I servizi di salute denunciano le donne per possibile induzione di un aborto, violando il segreto professionale che hanno i medici, e i giudici, nonostante ciò, le accolgono. Ammettono anche le cartelle cliniche”.

Solo le donne di classe media e agiata hanno le risorse economiche necessarie per abortire nei centri di salute privati, per poter viaggiare all’estero o per pagare avvocati che le difendano.

Le donne con meno risorse ricorrono ad avvocati d’ufficio che molte volte raccomandano di dichiararsi colpevoli per avere una condanna minore, anche se il loro caso si trova dentro i casi permessi per l’interruzione della gravidanza.

14 settembre 2021

Contrainformación

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Luna Izquierdo, Mujeres criminalizadas por abortar en América Latina: pobres, indígenas o afrodescendientes y sin conocimiento de sus derechos pubblicato il 14-09-2021 in Contrainformación, su [https://contrainformacion.es/mujeres-criminalizadas-abortar-america-latina-pobres-indigenas-o-afrodescendientes-y-sin-conocimiento-de-sus-derechos/] ultimo accesso 24-09-2021.

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