Mumia Abu-Jamal, 40 anni illegalmente in prigione, ha il Covid-19


Dave Lindorff

Il prigioniero politico degli USA Mumia Abu-Jamal, conosciuto internazionalmente, ha informato la propria famiglia e gli amici di aver contratto il Covid-19 nella prigione della Pensilvania nella quale è incarcerato e che ha difficoltà a respirare. La sua vita corre un pericolo immediato e ha urgentemente bisogno di essere ospedalizzato.

Disgraziatamente, questa nuova atrocità era prevedibile. Per anni, le prigioni statunitensi hanno permesso che le malattie gravi agiscano come una “esecuzione silenziosa” dei reclusi, molti dei quali assolutamente innocenti dei crimini per cui sono stati condannati. Molti prigionieri nel sistema, colpevoli o no, stanno scontando una condanna in condizioni deplorevoli che li tengono isolati fino alla vecchiaia, per cui sono particolarmente vulnerabili alle malattie potenzialmente letali, come l’influenza, il cancro, l’epatite, la polmonite e, ora, il Covid-19.

Il noto giornalista e attivista politico Abu-Jamal, che ora ha 66 anni e quest’anno sarà da 40 anni rinchiuso [28 dei quali in isolamento nel corridoio della morte], sconta una sentenza all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale dopo la sua condanna per l’assassinio nel 1982 di un poliziotto bianco.

Come ho spiegato nel mio libro sul caso, Killing Time, la sua condanna avvenne dopo un processo nel quale i testimoni dell’accusa (tra i quali, alcuni ufficiali della polizia) mentirono seguendo le istruzioni del procuratore, ci fu un cattiva prassi da parte dell’accusa, furono trattenute delle prove a discolpa, ci fu un atteggiamento razzista nella selezione della giuria e si udì il procuratore dire al giudice della causa che “avrebbe fritto il negro*”. Il suo processo d’appello fu altrettanto corrotto, dato che era il vecchio procuratore distrettuale di Filadelfia, Ron Castille, quando presiedeva il tribunale supremo di giustizia, che avrebbe deciso questi appelli che lui stesso aveva precedentemente ricusato.

La totalità del processo legale nel caso di Abu-Jamal è stata una grottesca atrocità e uno scandalo di proporzioni epiche.

Mumia già soffriva di cirrosi epatica perché, come praticamente a tutti i reclusi delle carceri statunitensi, gli fu negato l’accesso tempestivo ad una cura (efficace nel 95% dei casi) per trattare il virus endemico dell’epatite (fino a quando un tribunale federale lo ordinò). I responsabili di questo rifiuto di assistenza medica furono le autorità della prigione, coscienti che, se non si tratta la malattia, di solito provoca cirrosi e, alla lunga, la morte. Nel caso di Mumia, gli ostacoli legali interposti dagli avvocati dello stato al sistema delle prigioni ritardarono intenzionalmente detto ordine del tribunale fino a quando la malattia aveva già provocato la cirrosi al fegato.

Ora Mumia ha contratto, come era da prevedere, il coronavirus. Dico, una volta di più, come era da prevedere, perché le prigioni degli USA sono sovraffollate ed è impossibile mantenere la distanza di sicurezza, per cui sono il perfetto brodo di coltura per l’epidemia. Ancora non sono state dichiarate luoghi prioritari per la vaccinazione che protegge da questo virus che ha già ucciso mezzo milione di statunitensi.

Il rifiuto del vaccino ad una popolazione prigioniera di 2,3 milioni di persone è un crimine contro l’umanità. Un crimine ancor più intollerabile perché, a seguito delle sentenze esagerate così abituali in questa società vendicativa, razzista, classista e deliberatamente crudele, molti reclusi hanno un’età avanzata. L’Agenzia delle Prigioni informa, per esempio, che il 20% della popolazione carceraria ha più di 50 anni. Le prigioni federali sono anche peggio, dato che molti dei loro reclusi hanno pene di 40 anni o, in caso di violenza o assassinio, l’ergastolo senza diritto alla libertà condizionale. Compariamo questa realtà con quella della maggior parte delle nazioni civilizzate che limitano le sentenze a 10-12 anni anche per i delitti più gravi.

Data l’attuale crisi medica per la pandemia che attraversano gli USA e il resto del mondo, gli USA e tutti i suoi 50 stati dovrebbero ordinare immediatamente la liberazione di tutti i prigionieri di età avanzata a meno che si possa argomentare in casi concreti che alcuni di loro possano tornare, venendo liberati, a commettere atti violenti.

Mumia Abu-Jamal non è uno di questi casi, dato che per la totalità dei suoi 39 anni tra le sbarre ha mostrato un’esemplare condotta non violenta.

Libertà immediata per Mumia e tutti i prigionieri di età avanzata!

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N. del T. in spagnolo: Il giudice utilizzò la parola “nigger”, il più grande insulto razzista, così offensiva che molte persone neppure vogliono pronunciarla, e se devono farlo dicono “la parola con la enne”.

counterpunch.org. Tradotto in spagnolo per Rebelión da Paco Muñoz de Bustillo. Riassunto per La Haine.

05/03/2021

La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Dave Lindorff, “Mumia Abu-Jamal, 40 años ilegalmente en prisión, tiene Covid-19” pubblicato il 05/03/2021 in La Haine, su [https://www.lahaine.org/mm_ss_mundo.php/mumia-abu-jamal-40-anos] ultimo accesso 12-03-2021.

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