Cile: Continua la repressione e la persecuzione contro il popolo mapuche


Rubén Pedro Bonet

Il Coordinamento Arauco Malleco (CAM) e le comunità mapuche autonome hanno denunciato un nuovo attacco repressivo dello stato cileno contro la resistenza più conseguente del Wallmapu.

In un momento in cui la lotta per l’autonomia territoriale del Wallmapu sta avanzando contro le grandi imprese capitaliste, promuovendo azioni di sabotaggio contro l’industria forestale, la strategia dello stato cileno per combattere la resistenza dal popolo mapuche si manifesta di nuovo come “bastone e carota”.

Esempio di questo sono i fatti avvenuti giovedì 7 gennaio: mentre il Tribunale di Angol faceva conoscere il verdetto del processo per il caso di Camilo Catrillanca (comunero mapuche assassinato nel 2018), condannando due ex sergenti del Gruppo delle Operazioni Speciali di Polizia (GOPE) per “omicidio semplice compiuto” e “spari ingiustificati”, e quattro poliziotti e un avvocato per aver ostacolato le indagini del caso. Intanto sono state perquisite più di sei comunità mapuche che andavano nella città di Angol per essere presenti alla lettura della sentenza del caso. Nella località di Temuco, la Polizia Investigativa (PDI) ha arrestato la stessa famiglia di Camilo Catrillanca (la sua vedova, sua madre e sua figlia di 7 anni).

Questo fatto di violenza istituzionale dello stato cileno contro la famiglia di un comunero mapuche assassinato ha potuto essere captato e portato alla luce dal fotografo indipendente Camilo Tapia, che lo scorso 27 gennaio è stato localizzato nel suo domicilio dalla medesima PDI e portato nella caserma di polizia per fare una dichiarazione come testimone per le fotografie che prese il giorno dell’operazione con la quale si cercava di impedire la mobilitazione delle comunità mapuche.

Ciò che resta chiaro è che, mentre si porta avanti il processo costituente, il popolo nazione mapuche torna ad essere il nemico interno da distruggere per uno stato terrorista e coloniale, che non solo utilizza il proprio apparato repressivo, ma mette in atto anche montature giuridico-poliziesche per cercare di legare la resistenza mapuche al narcotraffico. Così ha dichiarato il CAM nel suo ultimo comunicato, pubblicato il 18 gennaio di quest’anno: “Queste operazioni politico-poliziesche si inquadrano in una forte campagna istituzionale di carattere razzista che vuole legare la causa mapuche al narcotraffico e al crimine organizzato. Uno scenario dove si intravede, oltre che la stigmatizzazione sociale dei mezzi di comunicazione, l’emergere delle voci della classe imprenditoriale, del latifondo e delle autorità di governo, che sostengono che la lotta mapuche è illegittima, terrorista e delinquenziale. Una strategia che combina diverse forme di funzionamento; da un lato, la politica-repressiva e, dall’altra, la politica-interventista-integrazionista. Nonostante ciò, ambedue hanno come asse centrale quello di cercare di disarmare i nostri progetti e mettere da parte le espressioni del weichan (guerra) mapuche”.

Questo grottesco coinvolgimento persegue l’obiettivo di imporre in modo artificiale la realtà del narcotraffico nel territorio mapuche, per, in questo modo, legittimare una futura azione dello stato e del suo apparato repressivo “contro le reti criminali” che operano nella zona.

Nel comunicato, il Coordinamento Arauco Malleco e le comunità in resistenza hanno messo in allerta sulla presenza e influenza di agenti esterni alle comunità, che cercano di introdurre le droghe, principalmente nei weche (giovani), allo scopo di trasformarli in consumatori e organizzare bande dedite al narcotraffico. Nel comunicato, sono state identificate le droghe come un flagello del sistema capitalista che si abbatte sui settori popolari e che, introducendosi nella vita delle comunità in resistenza, distruggerà il modello sociale, politico e culturale del popolo nazione mapuche: “Intendendo che questo sistema e il suo ordine giuridico, militare e istituzionale vuole in qualunque modo sterminare fisicamente e politicamente il nostro popolo, non esita ad introdurre tutti i mali che sono a sua disposizione. Far fronte a questo flagello è anche far fronte al sistema di sottomissione winka (bianca) e a tutte le sue espressioni che hanno destrutturato la nostra realtà”.

Dall’altra parte, l’organizzazione autonomista mapuche ha manifestato la propria indignazione verso certi “dirigenti subdoli”, “operatori politici” e “pseudo-intellettuali mapuche” che vogliono “tingere di multiculturalismo il processo costituente che i cileni hanno installato”. Hanno identificato il processo costituente e i suoi seggi riservati ai popoli indigeni come l’espressione della dinamica di cooptazione che le istituzioni capitaliste hanno montato per la continuità coloniale. I seggi riservati significano la quota di partecipazione indigena che lo stato cileno offre per la gestione del capitalismo nel paese, nell’ambito di un maggiore consolidamento della lotta rivoluzionaria mapuche, con la pratica del sabotaggio (distruzione di macchinari e camion) dell’industria forestale e lo scontro con le forze repressive come alcune delle sue manifestazioni di resistenza e di difesa del territorio ancestrale.

Nel comunicato, hanno precisato che “i seggi riservati e la partecipazione alla costituente rappresentano nient’altro che la stessa cosa; sorgono dal potere winka e per il potere winka. E vediamo con rabbia e dolore come di nuovo in questa congiuntura si installa questo marchingegno nella politica volendo convincerci che è la via per raggiungere i nostri diritti fondamentali. Una volta di più, certa dirigenza, che non ha prerogative guadagnate nella lotta territoriale, assetata di potere, cerca di incanalare il movimento mapuche attraverso la via istituzionale, non riconoscendo una lotta che ha significato la morte dei nostri weichafe (guerrieri), il carcere politico, la tortura e la repressione delle comunità in lotta”.

“Facciamo un appello al nostro popolo nazione a dare continuità alla lotta autonomista e rivoluzionaria rafforzando la resistenza al capitalismo, esercitando il vero controllo territoriale, lottando e combattendo contro i nostri veri nemici -hanno terminato-. Questa è l’unica via per ricostruire la nostra nazione nel suo modello culturale sostenuto dai nostri spazi territoriali e politici, una volta liberati. Dobbiamo rompere con le strutture di potere coloniale, sollevandoci contro la cultura winka e la sua immondizia alienante”.

Foto di prima pagina: Agencia UNO

18 febbraio 2021

La tinta

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Rubén Pedro Bonet, Chile: sigue la represión y el hostigamiento contra el pueblo mapuche” pubblicato il 18/02/2021 in La tinta, su [https://latinta.com.ar/2021/02/chile-sigue-la-represion-y-el-hostigamiento-contra-el-pueblo-mapuche/] ultimo accesso 22-02-2021.

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