Bukele, le maras e il giornalismo


Alfredo Ramírez

Il presidente salvadoregno cerca di sviare l’attenzione dalle denunce che, dietro una retorica ufficiale di mano dura, nasconde patti segreti con il crimine organizzato. In fondo, spunta un riassetto politico-mediatico del paese.

Nayib Bukele è presidente del Salvador da meno di due anni. Giovane e con il sostegno di molti elettori, il suo motto è stato di mettere fine ai vizi dei “medesimi di sempre”, come dire, i due partiti maggioritari che hanno dominato la politica salvadoregna negli ultimi 30 anni. Ambedue le formazioni, Alleanza Repubblicana Nazionalista (ARENA) di destra e l’ex guerriglia, trasformata in partito politico, del Fronte per la Liberazione Nazionale (FMLN), si sono logorate governando per decenni un paese altamente polarizzato tra destra e sinistra.

Durante quei governi, e come conseguenza di una guerra civile di 12 anni (1980-1992), molte famiglie salvadoregne emigrarono negli Stati Uniti. Lì i figli degli emigranti appresero ad associarsi, nelle strade, in bande dedite alla delinquenza. Venendo catturati, i loro membri furono rispediti nel Salvador, dove l’esclusione sociale e la violenza della guerra avevano lasciato molti bambini e giovani propensi a legarsi a forme lontane dalla legge. Nel linguaggio popolare, i nuovi gruppi sono chiamati maras, una parola che, in Salvador, significa “gruppo di amici”, ma che con gli anni è passato ad avere una connotazione esclusivamente negativa. 

Non si sa esattamente quante persone appartengano alle maras in questo paese di 21 mila chilometri quadrati e 6,5 milioni di abitanti, ma si calcola che ci siano circa 60 mila mareros attivi. Se si aggiunge a questo numero quello delle loro famiglie e delle estensioni di territorio che controllano questi gruppi delinquenziali, si comprende facilmente che si tratta di un problema molto grave per qualsiasi governante. Allora è possibile comprendere perché siano suonati gli allarmi quando nell’agosto del 2020 il quotidiano El Faro, con un’importante tradizione di giornalismo critico, affermò di avere in suo potere documenti ufficiali del governo di Bukele nei quali si evidenziava una serie di negoziazioni tra il governo e le maras. Fino ad allora, Bukele accusava con durezza “quelli di sempre” di aver patteggiato con le maras e comprato voti per le elezioni presidenziali e municipali.

Maras, menzogne e video

La pubblicazione di El Faro si basò su 150 copie di documenti elaborati da autorità del sistema penitenziario, rivelate in un esteso e dettagliato servizio, elaborato da quattro giornalisti, che segnala come nel suo primo anno di governo il Potere Esecutivo negoziò con le maras, seguendo i passi dei vilipesi vecchi politici. I titoli giornalistici si sono assicurati di richiamare l’attenzione su queste negoziazioni, anche se, leggendo in dettaglio, quello che salta alla vista è che i mareros incarcerati chiedevano tre cose concrete: che lo spaccio interno dei carceri penali di massima sicurezza vendesse cibo rapido (fast food, cibo da strada, ndt) e dolciumi; essere riuniti secondo la mara a cui appartengono, e che fossero rimossi i custodi che li picchiavano.

Le altre accuse ancora non hanno potuto essere verificate con fatti concreti. Per esempio, El Faro ha affermato che le maras negoziano per vendere voti per le elezioni municipali e legislative di febbraio 2021 o che ci sono state riunioni segrete tra capi delle maras detenuti e il direttore generale dei Centri Penali. Questo funzionario, denuncia il media, si fa accompagnare in questi istituti da “incappucciati”: mareros che entrano nelle carceri per ricevere ordini dai loro capi incarcerati.

Dopo queste pubblicazioni, nelle reti sociali sono imperversati duri dibattiti e insulti tra oppositori e simpatizzanti di Bukele. Ma che dice il governo al riguardo? Approfittando della sua popolarità dentro e fuori del Salvador, pochi giorni dopo la pubblicazione di questo servizio e in televisione con trasmissione simultanea su Facebook, il presidente ha affermato agli spettatori che le accuse di El Faro sono propaganda politica e diffamazione, e che il media è finanziato da impresari scontenti del governo. Bukele si è dato il lusso di mostrare video dove si vedono i mareros riuniti e in subbuglio nelle carceri. Nei filmati, media nazionali e internazionali chiedono a loro se è vero che ci siano nuove misure carcerarie che li beneficino. A cui i mareros rispondono, diligentemente, che tutto continua sotto uno stretto controllo del governo.

Tre settimane dopo, già nel mese di settembre, il tema del patto con le bande è risorto in una domanda diretta che un giornalista della rivista Factum ha fatto al presidente: “Che faceva il direttore dei Centri Penali […] entrando in un carcere penale […] accompagnato da un ranflero [capo della mara MS-13] in libertà? Mi piacerebbe sapere se lei negherà che questi documenti sono documenti ufficiali del suo governo”. Il presidente non ha tardato a rispondere: “Dato che certamente i documenti sono falsi… Perché lo mostriamo a voi stessi con telecamere indipendenti, perché non mi direte che Reuters, AP, AFP, F, CNN, TCS, Canal 12 e il 21 lavorano per noi […], allora sì, dico che El Faro mente, sì”. Ma Bukele non si è limitato a questa smentita e ha annunciato, anche, con una manovra ampiamente condannata a livello internazionale, che El Faro sarebbe stato indagato “per evasione delle tasse e riciclaggio di denaro”.

Bukele all’attacco

Tutto questo scontro tra i mezzi di comunicazione indipendenti -o “scomodi”, come si fanno chiamare El Faro e le riviste Gato Encerrado e Factum- e l’attuale governo si contestualizza in due anni complicati per il presidente salvadoregno, che è stato accusato di essere un “dittatore” per la sua tendenza ad imporsi e a mostrarsi prepotente di fronte ad alcuni giornalisti. Tradizionalmente il paesaggio mediatico del Salvador era stato dominato da due giornali ad alta circolazione molto vicini ai governi di ARENA, conservatori, cattolici con messaggi pro-vita, neoliberali e poco tollerati con la dissidenza. Dall’altra parte, ci sono stati giornali con minor circolazione, che vanno da simpatie per progetti di sinistra fino al giornalismo critico. Ma dentro alla sua strategia di contare sui propri media, Bukele ha fondato un giornale proprio e fa un uso aggressivo di Twitter, Facebook e Youtube che lo avvicina agli elettori più giovani, così come ai salvadoregni all’estero che con le loro rimesse sostengono la debole economia nazionale (vedasi “Bukele, un caudillo 2.0”, Brecha, 1-II-19). Nel frattempo, i media tradizionali accusano il presidente di abusare del proprio potere e di cercare l’eliminazione dell’opposizione politica.

Una cosa certa è che Bukele dedica uno spazio importante dei suo interventi televisivi nazionali e dei suoi tweet quotidiani a denigrare e perfino a burlarsi dei media che si oppongo ai suoi progetti. Un altro evento che esemplifica questo scontro è il cosiddetto 8F. L’8 febbraio 2020, il presidente, accompagnato da vari poliziotti e soldati, si è presentato nell’edificio del Congresso per chiedere ai legislatori l’approvazione di un prestito per finanziare il suo piano di sicurezza pubblica chiamato Controllo Territoriale (vedasi «En la silla equivocada», Brecha, 14-II-20). La maggioranza dei deputati si sono sentiti intimiditi, a disagio e perfino molestati dall’abuso di potere del presidente che, secondo i media e i dirigenti dell’opposizione, “ha militarizzato” il Congresso.

Ma i fatti dell’8 febbraio vanno al di là di queste valutazioni, esagerate per il contesto latinoamericano. Nella sua insensata azione, il presidente ha dato materiale mediatico per essere accusato di essere autoritario e di appoggiarsi alla Forze Armate non solo per combattere il crimine, ma anche per far pressione sul Congresso e, in modo inappellabile, interferire con le funzioni di un organo indipendente dello stato nel quale l’Esecutivo non dovrebbe intromettersi. L’evento ha provocato allarme in un paese che ha subito quasi 50 anni di governi militari, responsabili di averlo portato ad una guerra civile di più di un decennio.

Con questi precedenti, il prossimo 28 febbraio 2021 saranno portate avanti le elezioni per sindaci e deputati. Attualmente, il partito fondato da Bukele -Nuevas Ideas- non ha un solo deputato. Ma i sondaggi pronosticano che otterrà fino a 60 seggi su 84. Se questo succedesse, sarebbe una pietra miliare nella storia salvadoregna, nella quale tradizionalmente i partiti politici hanno avuto bisogno di due o tre elezioni per conquistare una maggioranza parlamentare. È chiaro che la politica in El Salvador si è trasformata. Resta da vedere, tuttavia, se si riesce a superare la polarizzazione politica, una volta espressa nella divisione tra sinistra e destra e ora apparentemente divisa tra la vecchia e la nuova generazione di elettori.

22/01/2021

Fonte: Brecha

https://brecha.com.uy/nuevo-continuismo/

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Alfredo RamírezBukele, las maras y el periodismo” pubblicato il 22/01/2021 in Rebelión, su [https://rebelion.org/bukele-las-maras-y-el-periodismo/] ultimo accesso 02-02-2021.

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