Messico: Questo succede quando si abbatte la selva nel territorio maya


Robin A. Canul Suarez

– Hopelchén, Campeche, spicca per essere uno dei municipi con il più alto tasso di deforestazione a livello nazionale. Grandi estensioni di terreno che alcuni anni fa ospitavano una parte della selva maya, ora sono adibite a coltivazioni agroindustriali.

– Da tempo gli apicultori della regione già mettevano in allerta su alcune delle conseguenze della deforestazione che avanza nel loro territorio. Quest’anno, nel quale varie tempeste tropicali e uragani hanno colpito il sudest del Messico, è diventata evidente la vulnerabilità di un territorio che perde la sue riserve forestali.

Già da poco più di dieci anni, Leidy Pech e le sue compagne maya lo mettevano in allerta. Nel municipio di Hopelchén, nel Campeche, nel sud del Messico, la deforestazione avanzava senza controllo, grandi estensioni della Selva Maya si trasformavano in immensi campi coltivati. L’agroindustria, dicevano, stava cambiando il volto delle loro comunità e del bosco. Questo, che loro denunciarono un decennio fa, continua ancora.

Leidy Pech, le sue compagne maya e circa 16.000 famiglie di tutta la Penisola dello Yucatán, si dedicano all’apicoltura; attività che dipende dal fatto che la selva stia in piedi e in buono stato di conservazione.

La maggioranza dei produttori di miele hanno arnie dell’ape più conosciuta, la Apis mellifera, ma Leidy Pech e le sue compagne si sono impegnate a recuperare le pratiche ancestrali di produzione di miele e a conservare un’ape nativa, che non ha pungiglione e che fa i suoi alveari all’interno di tronchi vuoti. La scienza chiama quest’ape Melipona beecheii, per i maya è la Xunáan Kab, “la dama del miele”.

Poco più di dieci anni fa, Leidy Pech e le donne maya delle comunità del municipio di Hopelchén cominciarono a vedere che si stava rimanendo senza pezzi di selva, che le loro api morivano per i pesticidi, che “buttando giù il bosco” si perdevano fiori endemici che sono l’alimento delle circa 200 api native che gli scienziati hanno identificato soltanto nella Penisola dello Yucatán e che aprendo grandi campi coltivati si modificavano anche i sistemi idrologici della regione.

È stato per questo che, insieme ad altre iniziative -l’Organizzazione Muuch Kambal e il Collettivo delle Comunità Maya dei Chenes-, non hanno cessato di denunciare l’avanzata della deforestazione nella Penisola dello Yucatán, le sue conseguenze e l’impunità che ha permesso che si cambi l’uso del suolo.

Secondo i dati della piattaforma Global Forest Watch, tra il 2001 e il 2019, soltanto il municipio di Hopelchén ha perso 186.000 ettari di copertura arborea, che equivale ad una diminuzione del 20% di quello che si aveva nel 2000.

Il dottor Edward Allan Ellis, del Centro di Ricerche Tropicali dell’Università Veracruzana che ha realizzato vari studi sulla deforestazione nella Penisola dello Yucatán, segnala che a Hopelchén il tasso di deforestazione è cinque volte più alto della media nazionale.

Vulnerabili a tormente e uragani

Nelle prime settimane di novembre, i mezzi di comunicazione hanno mostrato le immagini delle inondazioni e dei disastri causati dall’uragano Eta in luoghi come il Tabasco e il Chiapas, il sudest del Messico; così come in Guatemala, Nicaragua e Honduras. Territori dove anche la selva e i manglar hanno perso terreno.

Mesi prima, agli inizi di giugno, nello stato di Campeche piovve come da anni non si ricordava. Durante cinque giorni si registrò la metà delle piogge che, in media, nella regione cadono durante un anno, secondo la Commissione Nazionale dell’Acqua (Conagua). Non fu un uragano, ma due tormente tropicali con venti di bassa intensità -Amanda e Cristóbal- le quali causarono tutto un cataclisma e mostrarono la vulnerabilità di un territorio che perde la sua copertura forestale.

Leidy Pech racconta come la pioggia si fermò per cinque giorni: “Il 4 giugno si inondò la mia comunità Ich Ek e quasi tutte le comunità di Hopelchén. Vedemmo come il livello dell’acqua andava crescendo e non si fermava. Dagli uragani Opal e Roxana (che furono di categoria 4 e si verificarono nel 1995) non avevamo mai avuto inondazioni di questa dimensione”.

Secondo una valutazione dei danni realizzata da organizzazioni civili e collettivi di apicoltori e contadini agroecologici, le tormente hanno causato danni a più di 120 comunità della Penisola dello Yucatán. Nel Campeche, dove la produzione di miele è una delle principali attività economiche, è stato danneggiato il 93% delle arnie, il 28% di loro è andato perduto. Il territorio più colpito è stato il municipio di Hopelchén, dove 22 centri abitati hanno registrato gravi inondazioni e, per lo meno, 3500 famiglie sono rimaste danneggiate. 

Le strade si sono trasformate in fiumi; qualcosa di inusuale nella Penisola dello Yucatán, un territorio che, per la sua conformazione geologica, ha solo flussi d’acqua sotterranea. Comunità come San Juan Bautista Sahcabchén, a 19 chilometri dal capoluogo municipale, sono rimaste isolate per più di otto giorni. Nella zona di vedevano i cadaveri di animali; anche i resti delle cassette di legno che avevano funzionato da arnie.

Sahcabchén è una comunità che è circondata da terre deforestate per trasformarle in zone di coltivazione. Nei suoi dintorni, per esempio, c’è il campo mennonita Santa Fe. La tormenta ha trasformato questo luogo in un grande lago, e così si è mantenuto per più di tre mesi.

Come a Sahcabchén, il centro abitato di Xcalot Akal è circondato da terreni deforestati, hanno come loro vicino il campo mennonita Santa Rosa. “L’acqua è venuta dal campo mennonita. L’acqua ha incominciato a salire e abbiamo potuto appena ripararci nei luoghi più alti del paese”, ricorda Adriana Cauich, che vive a Xcalot Akal.

Álvaro Mena è membro dell’organizzazione indigena e contadina Ka Kuxtal Much’ Meyaj. Durante i giorni dell’emergenza, lui e gli altri abitanti di Hopelchén hanno percorso la regione e hanno riesaminato le immagini satellitari per documentare i danni. È stato così che hanno identificato che nei luoghi dove è stato deforestato, e che ora sono campi di monocolture o aree di allevamento, le inondazioni sono state più intense. Tra queste aree spiccano i campi mennoniti di Santa Fe, Nuevo Progreso e Nuevo Durango, così come la Valle di Paal Pool, nella comunità di Chunchintok.

“Le grandi deforestazioni della selva e delle zone costiere hanno generato un grande impatto in tutto il territorio della Penisola dello Yucatán: contaminazione di suoli, di acqua, perdita di biodiversità… Non avendo ecosistemi sani, non abbiamo le barriere naturali di fronte all’impatto di tormente e uragani”, spiega la dottoressa in geografia e con un dottorato in ingegneria ambientale Yameli Aguilar Duarte, dell’Istituto Nazionale di Ricerche Forensi Agricole e dell’Allevamento (INIFAP).

Abbattere la selva per l’agroindustria

Il municipio di Hopelchén -così come tutta la Penisola dello Yucatán- alberga parte della Selva Maya, la quale si estende dal sudest del Messico fino al Belize e il nord del Guatemala ed è considerata come il secondo massiccio di selva tropicale più grande del continente.

Perdere la copertura forestale della Selva Maya non è una cosa da poco: si riduce il territorio dove abitano specie considerate a rischio d’estinzione come il giaguaro o il tapiro; si danneggia la diversità di speci -per esempio, di impollinatori come le api-, si perdono riserve forestali che contribuiscono a mitigare il cambiamento climatico.

Ad Hopelchén, la perdita di selva ha una lunga storia, ma si è intensificata nell’ultimo decennio.

Per quasi dieci anni (1972-1983), il Messico ebbe un Programma Nazionale di Disboscamento il cui obiettivo era abbattere la selva per promuovere l’agricoltura. Fu anche attraverso un programma di governo – ricordano gli abitanti di Chunchintok- che fu deforestata la Valle di Paal Pool.

Guillermo León, che vive a Chunchintok, menziona che nel decennio dei settanta ci fu il cambio d’uso di suolo delle terre ejidales -almeno 12.500 ettari- per seminare riso; “anche se c’era produzione, ma quelli che le amministravano dicevano che non gli era sufficiente per pagare il credito”.

Indalecio Canul Uc, della medesima comunità, commenta che il programma governativo che promosse la trasformazione della Valle di Paal Pool durò tre anni e furono utilizzati solo 5000 ettari dei più di 12.500 deforestati. Oggi questi terreni sono utilizzati come aree per l’allevamento e in ogni stagione delle piogge si riempiono d’acqua.

A partire dal decennio degli anni ottanta, nella zona nuove aree cominciarono ad essere deforestate. Questo avvenne a partire dall’arrivo delle comunità mennonite -dedite all’agricoltura su grande scala- provenienti dal Durango e dal Chihuahua che si installarono, soprattutto, nel Campeche, e specialmente nei municipi di Hopelchén ed Hecelchakán.

Nello studio “Propugnatori della deforestazione e percezione di cambi d’uso del suolo in zone di allevamento in tre municipi del Campeche, Messico”, la ricercatrice Hanna Rae Warren segnala che “i mennoniti possono essere visti come importanti agenti della deforestazione; altamente efficaci nel cambio d’uso del suolo ad usi meccanizzati”.

Per il suo studio, Rae Warren ha intervistato dei ricercatori forestali che hanno evidenziato che “l’eliminazione della copertura (forestale) con meccanizzazione di solito è permanente, estensiva e i suoli sono lavorati fino al punto del loro degrado”.

Hopelchén: un focolaio rosso di deforestazione

Il dottor Edward Allan Ellis ha dedicato vari dei suoi studi scientifici per indagare le cause della deforestazione nella Penisola dello Yucatán negli ultimi 20 anni. Il suo lavoro lo ha portato ad identificare due “focolai rossi” di deforestazione nella Penisola: Hopelchén, nel Campeche, e Bacalar, nel Quintana Roo.

Nel caso Hopelchén, il ricercatore ha documentato che tra il 1986 e il 2015 si registrò una perdita di 46.000 ettari di copertura forestale, il 75% avvenne tra il 2005 e il 2015. “Dopo il 2005, è andata alle stelle”, segnala lo scienziato, che menziona che questa nuova deforestazione colpisce, soprattutto, le zone di transizione tra la selva bassa e la selva alta.

Secondo dati della piattaforma Global Forest Watch, soltanto nel 2017 si persero 23.000 ettari di copertura forestale nel municipio di Hopelchén; nel 2018 furono poco più di 8000 ettari e nel 2019 circa 9800 ettari.

Ellis non ha dubbi di segnalare che questa deforestazione “sia in relazione con l’espansione dell’agricoltura commerciale meccanizzata”. Il ricercatore ricorda quando fu testimone, agli inizi del decennio del 2000, di come incominciò la deforestazione di circa 5000 ettari di selva maya, per trasformarli nel campo mennonita Nuevo Durango. “Fu impressionante. Quando siamo giunti lì, avevano appena fatto questa massiccia deforestazione, recentemente avevano bruciato… Oggi tutto questo è già deforestato”.

A Ellis non lo sorprende che i luoghi deforestati a Hopelchén siano ora i più vulnerabili alle inondazioni. Oltre al fatto che è stata abbattuta la selva, precisa il ricercatore, si è tolta la capacità di filtrazione del suolo. Questo provocherà -avverte- che questi luoghi continuino ad essere inondati quando si presenteranno tormente o uragani.

Modificazione dei sistemi idrologici

Se qualcosa caratterizza la Penisola dello Yucatán, spiega la dottoressa Yameli Aguilar Duarte, è il suo sistema geologico di acque sotterranee, così come i suoi differenti tipi di suoli, i quali sono molto vulnerabili a qualsiasi cambiamento.

Nel caso di Hopelchén, l’espansione dell’agroindustria non ha solo provocato deforestazione, sono stati modificati anche i sistemi idrologici della zona.

L’ingegnera agricola e ricercatrice Irma Gómez lavora con l’organizzazione Muuch Kambal, di cui fa parte Leidy Pech e le donne maya che promuovono l’agroecologia e l’apicoltura; loro hanno realizzato un monitoraggio sui cambiamenti che sta soffrendo il territorio forestale di Hopelchén.

Irma Gómez spiega che grazie a questo monitoraggio è stato documentato come la trasformazione della selva in estesi appezzamenti per l’agricoltura tecnologizzata, “abbia modificato i flussi naturali dell’acqua”.

L’ingegnera agricola spiega che nelle grandi estensioni di appezzamenti sono stati livellati i terreni, sono stati costruiti canali di drenaggio e sono stati perforati pozzi di assorbimento affinché nel periodo delle pioggie, non si formino allagamenti che danneggiano le monocolture di soia, sorgo o mais ibrido; “sono pozzi diretti di circa 100 metri di profondità; sono canali di scolo dove si manda l’acqua residuale, carica di pesticidi, nello strato freatico”.

Questi pozzi non sono serviti a nulla durante i giorni delle tormente; gli estesi terreni agricoli e di allevamento si sono inondati, si sono trasformati in laghi e così sono rimasti, in alcuni casi, fino ad un mese.

Cambi di suolo, senza permesso

Dal 2012, le comunità maya di Hopelchén e di altri municipi del Campeche e dello Yucatán si sono organizzate per denunciare la semina di soia transgenica. Hanno anche ottenuto che un giudice revocasse il permesso che la Segreteria dell’Ambiente e delle Risorse Naturali (Semarnat) aveva concesso per seminare nella regione organismi geneticamente modificati. Nonostante questo, la soia transgenica continua ad essere seminata a Hopelchén, secondo il monitoraggio realizzato dai collettivi maya.

Le comunità non hanno desistito dalla loro lotta. È per questo che il Collettivo delle Comunità Maya dei Chenes e il Centro Messicano di Diritto Ambientale (CEMDA) hanno sollecitato la Semarnat, attraverso la Legge Federale di Trasparenza e Accesso all’Informazione Pubblica, dati sulle domande e le autorizzazioni per il cambio d’uso dei suoli in terreni forestali a Hopelchén.

La Direzione Generale per la Gestione Forestale e dei Suoli della Semarnat ha informato che, da gennaio 2009 fino al primo semestre del 2020, ci sono solo due permessi per un cambio d’uso dei suoli in terreni forestali, concessi nel 2016, per l’installazione di linee elettriche di alta tensione per i tratti Hecelchakán-Hopelchén ed Escárcega-Xpujil.

Cosicché i cambi d’uso del suolo dei terreni dove prima c’era la selva e oggi ci sono solo campi agricoli sono stati realizzati senza rispettare quello che prescrive la Legge Generale per lo Sviluppo Forestale Sostenibile. Secondo il Codice Penale Federale si deve stabilire una pena da sei a nove anni di prigione, così come il pagamento di una multa, a chi “disbosca o distrugga la vegetazione naturale o cambi l’uso del suolo forestale”.

Le organizzazioni Muuch Kambal e il Collettivo delle Comunità Maya dei Chenes hanno denunciato, di fronte a varie istanze, la deforestazione provocata dall’espansione dell’agricoltura industriale a Hopelchén. Finora l’unica cosa che hanno visto è “una totale impunità”, evidenzia Irma Gómez.

Mongabay Latam ha sollecitato un’intervista alle autorità della Semarnat e alla Procuratoria Federale di Protezione dell’Ambiente (Profepa), ma non ha avuto risposta.

Nel giugno passato, l’Alleanza Maya per le Api Kaabnaloón -composta da apicultori della Penisola dello Yucatán- ha inviato una lettera al presidente Andrés Manuel López Obrador, con la quale segnalano: “Per migliaia di anni noi, le ed i maya, abbiamo avuto differenti pratiche ecologicamente corrette, pratiche che ora si trovano minacciate dai modelli del “progresso” economico e sociale promossi dai governi e dalle imprese che servono il capitale per assicurare il suo accesso ai nostri beni naturali e alla mano d’opera economica”. Di fronte a questo scenario sollecitano di reimpostare questi schemi, per garantire la conservazione del patrimonio naturale e culturale.

Leidy Pech segnala che le tormente che hanno inondato le loro comunità gli hanno ricordato, una volta di più, le conseguenze di abbattere il bosco. “Questo che ci è successo ha un’origine: la deforestazione. Tutti questi modi con cui hanno cambiato l’uso del suolo, i modi con cui hanno modificato il territorio ci hanno lasciato in una situazione di rischio. Questi eventi naturali continueranno, non li possiamo evitare. Ma sì, possiamo riflettere su quello che è successo nel nostro territorio”.

Così come Leidy Pech e le sue compagne maya si sono ostinate a conservare le tecniche ancestrali di produzione del miele, sono anche impegnate a difendere questa selva maya che ancora resiste, un ecosistema che è vitale per l’esistenza delle comunità indigene che vivono dell’apicoltura, ma anche per specie come il giaguaro o le api.

12 novembre 2020

Mongabay Latam

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Robin A. Canul SuarezMéxico: esto sucede cuando se tumba selva en el territorio maya” pubblicato il 12/11/2020 in Mongabay Latam, su [https://es.mongabay.com/2020/11/mexico-esto-sucede-cuando-se-tumba-selva-en-el-territorio-maya/] ultimo accesso 11-12-2020.

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