Ci stanno uccidendo


Raúl Zibechi

Il grido risuona in tutto il continente. Si mescola con la circolazione dei fiumi, vola sopra le cordigliere, si addentra nei luoghi impervi delle metropoli e continua ad andare al di là dei paesi. “Ci stanno uccidendo”, si ode da una parte all’altra dell’immensa geografia che va dalle strade resistenti di Portland alle villas di Buenos Aires, da quelle ardenti di Bogotá alle favelas di Rio de Janeiro, passando per le comunità di Tila (Chiapas) e del Cauca colombiano. “Ci stanno uccidendo”.

Il brutale assassinio di un avvocato a Bogotá, per il delitto di aver violato la quarantena per comprare alcol, ha fatto scoppiare la rabbia contenuta dei 55 massacri durante quello che va del 2020, sommata alla disperazione di settimane di quarantena, disoccupazione e fame. In appena tre giorni di rivolta, ci sono stati 11 morti riconosciuti, 72 con ferite da proiettile e una scia di colpi sparati da uomini in uniforme impuniti per contenere l’inevitabile.

La rabbia dei giovani e delle giovani si è presa circa 70 Comandi d’Azione Immediata (CAI) della Polizia, 47 di loro bruciati e il resto distrutti. Non è giustizia, che non l’avrà, ma rabbia, collera, fastidio moltiplicato per milioni. Non l’avrà perché i crimini dei poliziotti passano alla giustizia militare, come è successo con Dilan Cruz, assassinato in una manifestazione pacifica di studenti lo scorso novembre.

Che dire del Cauca, dove quest’anno ci sono già stati cinque massacri e i paramilitari operano a loro piacimento. L’11 settembre, Oliverio Conejo Sánchez, coordinatore del Programma di Salute del Consiglio Indigeno di Totoró, e sua figlia Emily di 22 anni, sono stati intercettati nella strada e assassinati poiché appartenevano al Consiglio Regionale Indigeno del Cauca, che inalbera il motto “Contate su di noi per la Pace, mai per la guerra”  (https://bit.ly/3kdRI58).

In Cile il Ministero degli Interni ha informato che tra il 18 marzo e il 7 luglio i Carabinieri e la Polizia Investigativa hanno arrestato 51.439 persone, a cui si devono aggiungere gli arresti per il coprifuoco che sono altre 43.157. È quasi il doppio di tutte le detenzioni praticate durante il precedete periodo, compreso tra il 18 ottobre e il 18 marzo, che hanno colpito 27.432 persone e 2.431 per il coprifuoco, in piena rivolta con milioni di persone nelle strade.

Questo indica che hanno approfittato della pandemia per scaricare una feroce repressione sui settori popolari che resistono al modello neoliberale. La “nuova normalità” è più repressione e violenza che, secondo i dati della stessa Procura, si verificano maggiormente nella zona sud di Santiago, fuoco di concentrazione di povertà, e nella zona centro, scenario delle mobilitazioni.

In Argentina il Coordinamento Contro la Repressione Poliziesca e Istituzionale  (Correpi) sta denunciando una scalata repressiva che durante la pandemia si è presa circa cento vittime, con le modalità del “grilletto facile”, dei morti sotto custodia poliziesca e altre modalità. Sono 6.000 assassinati in “democrazia”.

Dopo la rivolta della polizia del 9 settembre, quando gli uomini in uniforme hanno manifestato con le armi in mano di fronte alla villa presidenziale e all’abitazione del governatore di Buenos Aires, in un presunta richiesta di aumenti salariali che è stata esaudita dal governo di Alberto Fernández, la repressione ha continuato a crescere nei quartieri popolari.

Il racconto di Miguela, abitante della villa Ciudad Oculta, a cui la Polizia uccise nel dicembre del 2019 il figlio Damián, dice tutto: “La cosa è molto piccante nel quartiere, non lasciano nemmeno uscire la gente a comprare. L’altro giorno hanno preso alcuni bambini che andavano al chiosco, li hanno fermati, li hanno toccati su tutto il corpo e gli hanno messo l’arma sulla testa. Uno dei bambini aveva tre anni” (https://bit.ly/35yTr0N).

Un articolo apparso questa settimana in Le Monde Diplomatique, sulla rivolta della polizia, rivela per cosa c’è la polizia: “Dei 90.000 poliziotti, circa il 75% sono sottufficiali. Molti di questi subordinati intendono che il lavoro dei loro capi è “raccogliere”; così lo dicono: “un commissario è un raccoglitore” (https://bit.ly/3ivjSbg). Dicono che la violenza della polizia è aumentata perché non conta più sulle entrate della “cassa nera”, perché la pandemia ha frenato i suoi affari. Rabbia della polizia che pagano i poveri.

A Tila il Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo denunciano l’assassinio di un compagno, “quando il gruppo paramilitare Pace e Giustizia insieme con persone vicine alla giunta comunale, hanno attaccato con armi di grosso calibro la popolazione di Tila che, per decisione dell’assemblea generale, si dirigeva a liberare i blocchi che questi gruppi avevano installato agli accessi del capoluogo dell’ejido per accerchiare il nostro paese” (https://bit.ly/2ZDRxIC).

Come segnala il giornalista Hermann Bellinghausen: “Possono cambiare i governi, ma la guerra di controrivoluzione in Chiapas contro i popoli non termina, e a giudicare dagli avvenimenti degli ultimi mesi nelle montagne dei territori maya, nel 2020 è peggiorata su una scala da anni mai vista” (https://bit.ly/33sAVEM).

Mentre con una mano inviano paramilitari contro i popoli, con l’altra, la Quarta Trasformazione minaccia centri dei diritti umani, mezzi di comunicazione e organizzazioni civili che si oppongo al Treno Maya e altri mega progetti. I loro nomi rimarranno impressi a fuoco nella memoria popolare, come gli assassini di Emiliano Zapata. I governi durano meno, molto meno della memoria di quelli in basso.

“Ci stanno uccidendo”. Un genocidio percorre tutti gli angoli della nostra America. I popoli resistono, resistiamo. Come succede a Bogotá, dove il CAI del quartiere Suba-La Gaitana è stato incendiato e sulle sue rovine gli abitanti hanno creato una biblioteca popolare che hanno battezzato “Nuovo Centro Culturale Julieth Ramírez”, il nome di una giovane di 18 anni assassinata a colpi d’arma da fuoco il 9 settembre. Dopo la polizia ha coperto il viso della giovane, incominciando dai suoi occhi, tutto un simbolo. Più tardi, gli abitanti sono ritornati sul luogo e hanno restaurato i danni (https://bit.ly/3hqWquF).

14 settembre 2020

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Raúl Zibechi, Nos están matando” pubblicato il 14/09/2020 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/nos-estan-matando-2/] ultimo accesso 29-09-2020

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