In omaggio a Jaime Montejo, un guerriero della brigata Callejera.
Apriamo questa breve rassegna in memoria di Jaime Montejo, militante della Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez” deceduto il 5 Maggio 2020 nel tentativo di fronteggiare il Covid-19 con il proprio corpo, con una sua lettera scritta al compagno e amico Sergio Lazcano al quale seguiranno altri contributi tra cui un articolo giornalistico: “Jaime Montejo, un guerriero della Brigada Callejera” per raccontare in breve la storia della Brigada Callejera ed un comunicato in memoria di Jaime scritto dalla piattaforma internazionalista “La PIRATA”. In conclusione vi proponiamo un link di alcuni scritti poetici di Jaime legati alla propria partecipazione nelle fila della guerriglia del Movimento 19 Aprile in Colombia.
“Sergio.
Con la novità che io Jaime e Elvira siamo in quarantena con tutti i sintomi del Covid-19.
Non possiamo smettere di portare avanti le ultime battaglie che stiamo combattendo: in strada con la mensa comunitaria in resistenza, le distribuzioni di preservativi, l’accompagnamento a persone affette da HIV affinché ricominciassero i loro trattamenti e le persone affette da Codiv-19 non si ritrovino nella terra di nessuno. Anche l’assistenza dei malati, non potevamo darla dalla comodità delle nostre case. Tutte le lotte hanno un loro rischio, e mitigare alcune disuguaglianze era qualcosa che dovevamo fare. Per uscire da questo empasse della salute. Speriamo di poter berci una birra per celebrare la vita e la resistenza al malgoverno.
Dopo il Covid-19, la lotta di classe diventerà più profonda in tutti gli angoli del mondo e li ci troveremo per dare battaglia e distruggere questo sistema di morte.
Saluti compagno, per un futuro comunista, possibile e realizzabile.
Jaime Montejo”
Jaime Montejo, un guerriero della Brigada Callejera.
Jaime Montejo, uno dei fondatori della Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”, organizzazione che da più di 25 anni difende i diritti delle lavoratrici sessuali, è morto questa notte [05/05/2020] di Covid-19 a Città del Messico. Il suo lavoro si è concentrato nelle strade delle zone più popolari del paese, dove il virus lo ha travolto mentre distribuiva cibo e viveri alle lavoratrici sessuali del quartiere de La Merced e di Ponte Alvarado, lottando per l’ottenimento dei buoni di sostegno del governo della città e gridando forte che mille pesos per un mese non servono a nulla. La sua compagna di vita e di lotta, Elvira Madrid, ha ricevuto la notizia dal confinamento in casa dovuto ai sintomi di Covid-19 che sta vivendo,e indignata per la via crucis ricorsa per ottenere il ricovero di chi con lei ha condiviso centinaia di battaglie al fianco dei più sfortunati del pianeta. Di seguito una rassegna del lavoro di più di due decenni di chi ha fronteggiato il coronavirus con il proprio corpo, perché non c’è dubbio, la loro trincea si trova li: in basso, raso terra, sulla strada.
Scomodi per il potere, solidali con los de abajo
Se esiste un immagine che descrive Elvira Madrid è quella del momento in cui strappa una pistola ad un poliziotto che la minaccia, mentre un altro tiene sotto tiro Jaime Montejo, suo compagno di vita e di lotta. “O lo lasciate o andate a farvi fottere”, ha detto ai poliziotti che non riuscivano a capire da dove le uscisse tanto coraggio da questa donna bassina e con un volto rotondo come la luna piena. “Si sono spostati tutti e hanno lasciato Jaime, quando arrivò un altro plotone di poliziotti e mi resi conto che adesso si che ci avrebbero uccisi. Vidi un tombino scoperchiato e lanciai la pistola per distrarli. Alcuni corsero a recuperare la pistola e altri su di noi. Ce le hanno date forte”.
Questa e molte altre esperienze hanno vissuto Jaime Montejo e le sorelle Elvira e Rosa Isela Madrid, nei bassifondi di Città del Messico. I tre sono tra i fondatori della Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”, A.C. e ricorrono da più di 25 anni strade,case chiuse, tribunali, bar, hotel, ospedali, fosse comuni, canyon, zone di tolleranza e altri bassifondi dove si muove il lavoro sessuale o dove accorrono le lavoratrici ferite, detenute o morte.
In quella occasione la polizia si è portata via Jaime e un altro compagno. Elvira si alzò come possibile, prese un taxi e andò direttamente verso il Ministero Pubblico. “Gli dissi che forse non eravamo nessuno, però che uno di quelli che avevano arrestato lavorava in un luogo importante, e che se non fosse apparso sarebbero cominciati ad arrivare i media. Gli dissi che volevo che tirassero fuori i miei compagni, che avevo chiamato già molta gente e che sarebbe successo un casino. Mi portarono in una casa dietro al Ministero, senza insegne ne scritte, e li c’erano i figli di merda che ci avevano picchiato. Quelli a carico dell’operazione mi chiesero scusa, dicendo che era stato un errore”.
La storia della Brigada Callejera inizia con una ricerca universitaria che Elvira, Jaime e altri studenti realizzarono per il corso del professor Francisco A. Gomez Jara, che ha scritto un libro di sociologia della prostituzione ed era il loro professore nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’UNAM.
Così sono arrivati a La Merced, dove i primi e le prime che infastidirono con la propria presenza furono le protettrici ed i protettori che controllano la zona. “Abbiamo visto molte cose che non ci piacevano, lo raccontammo al professore e ci disse che poteva sostenerci solamente nella ricerca. Abbiamo risposto allora in che modo avremmo potuto cambiare ciò che vedevamo. Il risultato, che di 25 studenti ne rimanevamo solamente quattro. E così abbiamo iniziato il lavoro con le ragazze”.
Era l’epoca della diffusione del’ HIV, e il tempo vissuto tra la vita studentesca e il lavoro a La Merced non era sufficiente. Per questo, quando terminarono il corso di studi iniziarono a dedicargli quattro ore al giorno. Le ragazze iniziarono a denunciare i medici che abusavano di loro e le estorsioni subite da funzionari della polizia. “Decidemmo che ognuno gli avrebbe dedicato il tempo che voleva o anche a tempo pieno, e che sarebbe stato necessario formare la gente affinché conoscesse e difendesse i propri diritti. Siamo riusciti a far incarcerare funzionari, protettori e protettrici, e questo ci permise di guadagnarci il rispetto delle compagne, che inizialmente non si fidavano perché molte persone le avevano usate e ingannate, e notando che stavamo camminando insieme iniziò a crescere la confidenza, fino a che non siamo attivate diventare promotrici di salute”.
La sensibilizzazione dell’uso del preservativo divenne una priorità. Le lavoratrici chiesero agli attivisti di poterli distribuire loro stesse e di poter realizzare un prodotto proprio. “Non avevamo soldi e neanche l’idea di come si potesse fare e rispondemmo che non eravamo in grado. Però insistettero nel provarci e allora iniziammo a visitare diverse imprese”. Mesi dopo nacque “El Encanto”, marchio che negli anni è stato perfezionato fino a conseguire una certificazione di alta qualità.
Il nome Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”, ha la seguente storia. Brigata è stato preso dalle brigate del movimento studentesco del 1987 contro l’imposizione delle tasse dell’UNAM [Universidad Metropolitana Autonoma Mexico], dove si organizzavano gruppi di informazione, e “noi volevamo fare lo stesso”. Callejera “perché ci fu chiaro fin da subito che il nostro non era rimanere in ufficio, e che i problemi stanno nella strada”. Di Apoyo, “perché non pensavamo di risolvere il problema completamente, ma darci sostegno una con l’altra”. Della Mujer, “perché inizialmente fu il soggetto principale con cui iniziammo a lavorare”, anche se dopo sarebbero arrivate le trans. E il nome di Elisa Martínez “viene dalla prima ragazza che aveva l’HIV che abbiamo conosciuto ed è morta, però non per la malattia, ma per la discriminazione sofferta in ospedale per essere lavoratrice sessuale”.
La Brigada Callejera ha dovuto prendersi cura di loro e, se muoiono, vestirle e sotterrarle.”E questo ti fa sempre più forte. Gli abusi da parte della polizia, le estorsioni, le persecuzione non solo nei loro confronti , ma anche dei clienti, sono i principali incidenti nelle strade”. La Brigada ha visto e vissuto botte, assassinii, i sequestri, stupri e numerosi abusi contro di loro. E, in questo contesto, gli ostacoli e i divieti all’organizzasi, perché “le vogliono come schiave”.
Sono più di 20 anni di organizzazione, anche se sembra che tutto ciò che era stato vinto sta ritornando in gioco con la promulgazione della nuova Legge sulla Tratta, ”che non fa differenze tra il lavoro sessuale e la tratta di persone”. In questo si trovano adesso. Né vittime né vittimizzate, è lo slogan.
Una degli assi di lavoro principali della Brigada è la salute, perché “anche se dicono che è gratis e che tutti ne abbiamo diritto, per le lavoratrici sessuali non è così. Dobbiamo insistere per farle visitare, e in maniera degna”. E altro asse fondamentale è la difesa del lavoro, “a volte chiudono le attività commerciali senza nessun motivo, quando ci sono interessi economici, soprattutto nei centri storici di tutta la Repubblica Messicana”.
La Brigada Callejera è parte fondante dela Red Mejicana de Trabajo Sexual, struttura creata affinché “si conoscano, si appoggino e si difendano tra loro stesse”. E affrontino insieme la prevenzione della tratta di persone con fini di sfruttamento sessuale, tema complesso e polemico, che, hanno chiaro “non tutto è lavoro sessuale e neanche è tutto tratta”. Considerare che esistono lavoratrici sessuali che hanno scelto questo lavoro come opzione è una delle grandi battaglie della Brigada, situazioni e contesto che sono state rifiutate da altre organizzazioni femministe che portano avanti la bandiera dell’abolizione del lavoro sessuale.
“Esistono lavoratrici che hanno scelto il proprio lavoro, perché il governo non genera alternative reali per sopravvivere. Questo è il lavoro sessuale. Mentre c’è chi dice che tutto è tratta, o come le abolizioniste, che vogliono far scomparire questo mestiere, e non fanno differenze e dalle loro scrivanie le vogliono salvare”, spiega Elvira, che vive su di un ring difendendo la loro posizione. “Io rido”, dice, perché con questo posizionamento “fanno pressione sul governo affinché svolga operazioni, però non attaccano le cause strutturali. Se sappiamo in che municipi, in che scuole e in quali coloni sta succedendo questo, non credo che non possano fare un lavoro di prevenzione e di protezione”.
Questo è un dibattito internazionale vecchio, dice Elvira Madrid, e per lei, “ha a che vedere con i finanziamenti. Se arriva un finanziamento per dire che è tutto lavoro sessuale, allora tutte dicono che la libertà è delle donne e che è tutto lavoro sessuale. Però se arriva un finanziamento che dice che dobbiamo combattere la tratta, allora tutto si trasforma in tratta. Ho alcune compagne che difendevano la nostra causa, che però adesso, che non ci sono soldi per combattere, già si sono dimenticate”.
Non c’è trattativa, dice Elvira, “di rimuovere tutto ciò che è lavoro sessuale e lavori nello spettacolo o le zone di tolleranza”, perché con questa postura “non fanno altro che esporle di più, perché le mandano in luoghi più insicuri, chi chiedono denaro per la presunta protezione e poi non le possono più far uscire”.
Il posizionamento della Brigada Callejera è di ottenere migliori condizioni di lavoro. E anziché lavorare per abolire il lavoro sessuale, “organizzarci per denunciare le violazioni dei diritti delle lavoratrici, soprattutto nel loro rapporto con le autorità, che ne mettono a repentaglio la vita, le sottopongono a estorsioni e le incarcerano.
Estratto dall’Introduzione del libro “Putas, activistas y periodistas” di Gloria Muñoz Ramírez.
Traduzione a cura di BC.
Di seguito riportiamo il comunicato scritto dalla piattaforma internazionalista “La PIRATA” [Piattaforma Internazionalista per la Resistenza e l’Autogestione Tessendo Autonomie], per prenderci un altro momento per raccontarvi ancora chi fosse Jaime Montejo.
5 maggio 2020
Con Jaime e la Brigata Callejera nel cuore
Compagne e Compagni
Oggi ci è arrivata la triste notizia che il nostro compagno Jaime Montejo, co-fondatore della Brigata Callejera en Apoyo a la Mujer “Elsa Martinez” ha lasciato questa terra. Jaime era ricoverato da qualche giorno nell’ospedale generale di Città del Messico con i sintomi del Covid-19, poiché ha messo, come sempre, il suo corpo in prima linea, consegnando aiuti alle lavoratrici sessuali, bloccate a causa della pandemia, insieme alla nostra compagna Elvira e alle altre guerriere della sua organizzazione.
Per noi, Jaime e la tutta la brigata Callejera, rappresentano uno dei più importanti esempi di lotta e resistenza che abbiamo avuto il privilegio di conoscere. Compagne e compagni che danno la vita tutti i giorni per dare forza, vicinanza e sostegno a coloro che devono lottare per continuare a sopravvivere e farlo con dignità.
La Brigata Callejera è stata fondata da Jaime, Elvira e Rosa Icela nel 1992 e da quella data in avanti iniziò un sforzo per la difesa dei diritti delle lavoratrici sessuali del quartiere de la “Merced” di Città del Messico.
Da quel momento non ha smesso di crescere il suo lavoro, affrontando e vincendo numerose battaglie, come quella del riconoscimento del lavoro sessuale come lavoro autonomo da svolgere con dignità. La liberazione di molte donne e giovani costrette in condizioni di tratta. La creazione di cooperative di lavoratrici sessuali, specialmente trans. La creazione di ambulatori comunitari, autonomi e gratuiti. L’educazione sessuale e la prevenzione del HIV e di altre malattie a trasmissione sessuale. L’autogestione economica attraverso la produzione autonoma dei preservativi “Encanto”. L’accompagnamento ai migranti e alle migranti centro-americane e alle popolazioni indigene. L’articolazione a livello nazionale della Red Mexicana de Trabajo Sexual. La formazione in giornalismo di strada delle stesse lavoratrici. La discussione sul ripensare dal basso le politiche pubbliche. La necessità di dare appoggio, attraverso l’esperienza maturata, nella situazione di crisi alla frontiera sud a Tapachula.
Tutte queste lotte hanno costretto la Brigada a scontrarsi costantemente con il Potere, nelle sue molteplici forme: dal disprezzo nei confronti delle istituzioni assenti, alle inchieste sui legami tra i funzionari dello Stato e della mafia della prostituzione, al potere della polizia e a quello del crimine organizzato. E come lo hanno fatto?
Sconfiggendo la paura, denunciando pubblicamente, esigendo, tendendo la mano, autorganizzandosi.
Jaime è una di loro. Un uomo in un organizzazione di donne e persone di altre identità sessuali che si è fatto attraversare con umiltà dai loro insegnamenti, ascoltando.
Di formazione Cattolica e Marxista, lasciando da parte il dogmatismo è arrivato a comprendere molto bene il significato del patriarcato sui corpi e a lottare contro tutto questo. Jaime è arrivato in Messico dopo aver conosciuto la lotta rivoluzionaria in Colombia e ha scelto una trincea, con uno spirito ugualmente rivoluzionario, che quasi mai si sceglie, se non per necessità. Jaime ha condiviso tanto con lucidità, tranquillità e con analisi molto precise, che provenivano non solo dalla formazione militante ma anche e soprattutto dalla sua esperienza diretta nella vita di tutti i giorni. Ha sempre sentito la necessità di far capire quanto fosse marcio il sistema, mettendo in evidenza anche nomi e cognomi, sentendo sempre il bisogno di smascherare l’ipocrisia.
Come P.I.R.A.T.A. abbiamo imparato tanto e non smettiamo di imparare dalla Brigada Callejera e da Jaime. Pensiamo che incarnino profondamente il significato del fare politica in basso e a sinistra, dove sta il cuore, come si trova bene nel libro che come Pirata abbiamo tradotto in italiano “L’Altra Campagna e la Lotta di Classe delle Lavoratrici Sessuali in Messico”. E visto che oltre ad essere compagne-i siamo ora amici e amiche, siamo anche molto tristi, perché non ci saranno più pomeriggi di aneddoti con Jaime se non nei ricordi. E visto che oltre ad essere amici e amiche siamo compagne e compagni, sappiamo che rimarrà dentro di noi con il suo esempio e ogni volta ci chiederemo: “cosa farebbe Jaime?”
La risposta sarà sempre la stessa: mettere il corpo nella lotta.
Oggi vogliamo dare un grande abbraccio collettivo a Elvira, e dirti: compagna, ti amiamo tanto,
sei una donna guerriera e sentiamo il dolore del tuo cuore tanto grande e valoroso.
Questo abbraccio speriamo di potertelo dare presto fisicamente, anche se adesso arriva con forza e animo dai differenti luoghi nei quali ci troviamo.
Allo stesso modo abbracciamo l’organizzazione e la famiglia di Jaime.
La Brigada Callejera non è sola!
Jaime vive!
LA PIRATA:
Nodo Solidale Messico
Nodo Solidale Italia
Collettivo Zapatista di Lugano
Aderenti individuali
Per saperne di più:
–Una raccolta di poesie di Jaime relazionate con la sua partecipazione nelle fila della guerriglia del Movimento 19 aprile in Colombia:
–”Primeras líneas de un testamento político 2017”, testamento politico di Jaime scritto a seguito di un attentato subito da Jaime e Elvira mentre uscivano dalla “zona galáctica”, di Tuxtla Gutiérrez, Chiapas.
–Sito della Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”
07 maggio 2020
InfoAut
“Per un futuro comunista, possibile e realizzabile” pubblicato il 07/05/2020 in InfoAut, su [https://www.infoaut.org/varie/per-un-futuro-comunista-possibile-e-realizzabile] ultimo accesso 09-05-2020 |