Il ritiro riflessivo e la conversione ecologica sono gli slogan nel discorso del teologo rispetto alla pandemia.
È nell’attuale scenario di pandemia che il teologo, scrittore e umanista Leonardo Boff sofistica le sue note riflessioni sulla necessità di rivedere i comandamenti del sistema capitalista, ampliare la portata dello Stato e rafforzare il rapporto dell’uomo con la terra.
Davanti questa situazione e al danno multilaterale causato dal Coronavirus, per il teologo, è indispensabile riaffermare che: “c’è un’urgente necessità di promuovere una conversione ecologica planetaria, pena per l’umanità “di entrare in un cammino senza ritorno”.
In una conversazione con “Brasil de Fato”, Boff ha affrontato questo e altri punti, e ha anche sottolineato che l’apparente prigione di isolamento sociale può diventare liberazione. “Non vogliamo soffrire di questo virus, vogliamo liberarcene attraverso un atteggiamento più benevolo, amichevole con la vita, protettivo e attento alla natura”.
Brasile di Fato: Che ne pensa della posizione del governo di Bolsonaro di dare la priorità ai problemi economici invece della cura, dell’isolamento sociale e del benessere della popolazione in generale?
Leonadro Boff: Credo che sia un atteggiamento irresponsabile e che Balsonaro non conosce il valore della vita. La vita, quando muore, non può essere risuscitata. I materiali e i prodotti di fabbrica possono sempre essere riprodotti e ricostruiti. Il presidente non l’ha capito, provocando anche le leggi internazionali di protezione contro il Coronavirus; io credo che questa situazione possa anche generare una sorta di genocidio in Brasile, perché migliaia di persone lo imitano, non indossano le mascherine e non proteggono se stessi contro il contagio e la contaminazione di questo virus.
Questa situazione potrebbe comportare danni multilaterali…
Sì, e credo che la cosa più seria sarebbe il sacrificio di vite umane. Questa istituzione inglese, l’Imperial College di Londra, dice che se il Brasile continua a non prendere le misure necessarie, potrebbe subire 6 milioni di vittime, e credo che questo non sia proprio impossibile. Pertanto, dobbiamo seguire rigorosamente il contenimento sociale e indossare maschere per proteggerci dal contagio, mantenere la nostra distanza e non correre rischi, perché il virus è tremendo e può essere letale.
Lei ha scritto nei giorni scorsi che ciò che ci avrebbe salvato sarebbe stata la logica della cooperazione, e non quella della concorrenza, perché questo è il paradigma tipico del modo di produzione che abbiamo. È forse il momento di ripensare il sistema capitalista?
Credo che il Coronavirus sia caduto come un fulmine improvviso nel sistema dominante capitalista; quello che usa la concorrenza, senza alcuna forma di cooperazione, come motore principale della sua esistenza; ma anche attraverso l’individualismo, senza alcuna relazione con altre persone. Ciò che ci sta salvando non è la concorrenza, ma la cooperazione; non è l’individualismo, ma la connessione di tutti con tutti, e specialmente in una condizione di forza, non minima, capace di organizzare proposte politiche che raggiungano un maggior numero di persone. Usciremo allora da questa crisi con una mente diversa. Il capitalismo non può essere feroce, accumulare, come lo è stato finora; deve rispettare i confini della terra, includere la dimensione ecologica ed essere molto più cooperativo che esclusivamente competitivo.
Sarebbe quindi anche un momento in cui le persone potrebbero riprendersi più cura dei loro corpi e dei loro spiriti? Il contesto offre ulteriori riflessioni anche su questo tema?
Credo che questo momento sia una sorta di periodo di riflessione visto che la gente si chiede qual è il rapporto che abbiamo con la natura, con la Madre Terra, perché, finora, abbiamo sfruttato troppo la natura; abbiamo offeso e saccheggiato i beni e i servizi della terra; e il virus viene dalla natura.
Ho la sensazione che questo virus sia una sorta di contrattacco della terra stessa, per obbligare l’essere umano a smettere di maltrattare la natura, di deforestare, di desertificare, di inquinare l’aria e l’acqua e, allo stesso tempo, una sorta di ultimatum: o cambiamo il rapporto con la terra, con più attenzione, con più amore, rispettando i limiti della natura stessa che tutto ci dà per sostenere e continuare a vivere, o dovremo affrontare la barbarie, trovandoci in una situazione drammatica per il futuro della vita e della terra stessa.
Lei sottolinea sempre l’importanza di questi temi legati al tema della coscienza ecologica. Come possiamo, in questo momento, implementare tutto questo per cercare di raggiungere uno stile di vita più sostenibile?
Vede, credo che la cosa fondamentale, che non è entrata ancora nella coscienza collettiva o in quella del capo di Stato, è che noi siamo parte della natura. Non ne siamo padroni, non siamo al vertice della natura. Siamo al suo fianco, insieme agli altri esseri viventi, che sono i nostri fratelli e sorelle. Dobbiamo quindi rispettare ogni essere, che ha un valore in sé; non possiamo sovrasfruttare i beni e i servizi, dobbiamo imporre limiti alla nostra voracità, dobbiamo mantenere un consumo più responsabile e condiviso.
Dobbiamo imparare questo attraverso un processo di educazione e di coscienza. Se non impariamo, soffriremo molto. Come disse una volta un filosofo: “Dalla storia si impara che non impariamo nulla, ma dalla sofferenza si impara tutto”. Non vogliamo soffrire di questo virus, vogliamo liberarcene con un comportamento più benevolo, amichevole con la vita, protettivo e attento alla natura.
Lei ha parlato di imporre dei limiti, di stabilire momenti di confronto. Da dove devono venire gli sforzi principali per realizzare questo?
Credo che si dovrebbe iniziare dal consumo, perché abbiamo una cultura consumista di cose di cui non abbiamo bisogno, cose inutili, mentre dobbiamo concentrarci sulla vita e sui mezzi di sussistenza; che sono aria pulita, alimenti non chimici, la terra che possiamo calpestare senza il rischio di avvelenarci.
Dobbiamo concentrarci sulle questioni elementari, senza le quali la vita non esiste. Dobbiamo imparare questo, perché il capitalismo usa la pubblicità per venderci cose di cui non abbiamo bisogno. Ora, dobbiamo puntare ad un consumo condiviso, un consumo più solidale e conoscere i limiti della madre terra. Non è un forziere senza fondo. È un essere vivente, è “Gaia”, che ci dà vita, e si riproduce continuamente, per questo ci sentiamo parte della natura. Dobbiamo difenderla come se fosse la nostra casa comune.
Sarebbe possibile allora trasformare la coscienza collettiva di fronte a tutto questo scenario?
Questo è urgente Credo che la grande lezione che ci dà questo momento collettivo è che dobbiamo cambiare le nostre vite, avviare una “conversione ecologica” perché, se non lo facciamo, potremmo inoltrarci in un cammino senza ritorno. È fondamentale quindi acquisire una nuova coscienza, un nuovo senso del rispetto e di cura di tutto. Con questo cambiamento, il nostro modo di vivere sulla Terra sarà amichevole con la vita, e la terra sarà generosa per continuare a darci tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere.
In un’intervista precedente a questo scenario pandemico che stiamo vivendo, lei ha detto che il Brasile è più grande delle sue crisi. Lei crede che sarebbe possibile sperimentare un processo di superamento anche di fronte alla gravissima crisi che abbiamo ora?
Credo che tutti supereremo questa crisi, … questa che è più di una crisi. È una sorta di lezione per noi poter pensare e pensare di cambiare. Il Brasile imparerà a rispettare i suoi numerosi ecosistemi, lotterà per ridurre la sua disuguaglianza sociale, quella che è la nostra più grande ferita, in nome della quale molte persone muoiono perché non possono difendersi e non possono isolarsi dagli attacchi di virus.
Sarà una riflessione ampia, per decidere che il Brasile vogliamo. Vogliamo un Brasile con meno disuguaglianza; più rispetto per le foreste e per le nostre acque; un maggior senso di fraternità tra di noi, perché tra le persone c’è molta violenza e molto odio. Tutto questo appartiene anche all’ecologia, non solo ambientale, ma anche all’ecologia mentale e sociale. Dobbiamo saper vivere umanamente tra di noi e con cura e amore per la natura.
Foto: Guilherme Santos / Sul21
Brasil de Fato
29 aprile 2020
tratto da Resumen Latinoamericano
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Cristiane Sampaio, “Brasil. Leonardo Boff: «El coronavirus es un ultimátum para cambiar la relación con la tierra»” pubblicato il 29/04/2020 in Resumen Latinoamericano, su [https://www.resumenlatinoamericano.org/2020/04/29/brasil-leonardo-boff-el-coronavirus-es-un-ultimatum-para-cambiar-la-relacion-con-la-tierra/] ultimo accesso 03-05-2020. |