Colombia: Le comunità indigene creano spazi di protezione contro il COVID-19


Di fronte al livello di vulnerabilità che c’è nella zone rurali, i gruppi etnici e i popoli indigeni della Colombia da vari giorni hanno iniziato azioni nei territori per evitare che la pandemia si possa propagare nelle comunità, essendo l’organizzazione, il lavoro spirituale e l’isolamento gli strumenti principali di autoprotezione per le 102 comunità ancestrali che vivono nel paese.

L’Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia (ONIC), ha invitato ad adottare le misure di prevenzione attraverso la medicina tradizionale, le proprie piante e conoscenze ancestrali, il controllo territoriale e la sovranità alimentare. Una misura che viene presa come prevenzione di fronte ai non confermati primi due casi di Covid-19 tra le comunità indigene del Popolo Yukpa insediato nel quartiere di El Escobar di Cúcuta, zona di frontiera.

Su questo popolo, l’ONIC ha avvertito che i popoli indigeni situati nella zona di frontiera come gli Yukpa, gli Amorua e i Sicuanis si trovano “in condizioni deplorevoli e in stato di mendicità nelle strade”.

Resistendo in mezzo al fuoco e ai gruppi armati nella Sierra Nevada

È per questo che da alcuni giorni, gli indigeni della Sierra Nevada di Santa Marta, composti da arhuacos, wiwas, kogis e kankuamos, che insieme assommano a più di 30.000 persone, ricorrono alla quarantena decretata a livello nazionale, evidenziando quanto di positivo risulterà nel fermare le attività umane quotidiane per i benefici che genererà la sospensione dell’attività umana anche alla flora e alla fauna.

La situazione risulta difficile per una popolazione che oltre a dover combattere i continui incendi che dall’inizio di marzo, secondo le autorità, avrebbero consumato più di 900 ettari di bosco secco, si trovano anche a rischio per la presenza di gruppi armati nella zona come “Los Pachencas”, oltre alle autodenominate Autodifese Gaitaniste della Colombia (AGC) e la riapparizione nella zona dell’ELN.

A questo si aggiungono gli anni di lotta contro i progetti minerari che, secondo le autorità indigene, potrebbero mettere fine alla totalità della Sierra tra 5 o 10 anni.

La Guajira senza acqua e garanzie

A questo appello si sono unite organizzazioni come l’Associazione degli Alaulayus e dei Consigli Indigeni del Sud di La Guajira che chiedono alle comunità Wayúu dei municipi di Barrancas, Hatonuevo e Distracción di promuovere la prevenzione, la contenzione e la mitigazione dei rischi di pandemia che oggi ci sono in più di 170 paesi.

Al riguardo, Ever Heriberto Ojeda, rappresentante legale dell’Associazione degli Alaulayus e dei Consigli Indigeni del Sud di La Guajira ha fatto un appello al Governo nazionale e dipartimentale mettendo in evidenza la vulnerabilità delle comunità indigene “di fronte al pericolo di espansione della pandemia di COVID-19 per le condizioni sociali nelle quali viviamo”, per cui ha chiesto di prestare particolare attenzione alla salute degli anziani wayúu di ogni municipio.

La pandemia della violenza contro gli indigeni in Cauca

Dette raccomandazioni si danno in mezzo ad un isolamento preventivo obbligatorio in condizioni precarie, dato che il popolo Wayúu non dispone di acqua, accesso alla sanità, cibo, né di un piano etnico speciale differenziato per curare il Covid-19. La ONG Nazione Wayúu ha avvertito, inoltre, che le comunità Wayúu sono obbligate ad uscire dai paesi più vicini per poter effettuare i loro scambi.

Nel Cauca, dove il passato 25 marzo e in mezzo alla quarantena ci sono state persecuzioni da parte dei gruppi armati nelle zone vicine ai municipi di Caldono, Toribio e Totoró, anche il Consiglio Regionale Indigeno del Cauca ha instaurato misure di prevenzione come restringere l’ingresso di persone che non appartengono alle comunità indigene, evitare l’ingresso di alimenti importati né comprare nei supermercati, dando priorità alla sovranità alimentare. Allo stesso tempo i baratti e gli scambi devono essere effettuati in zone dove non ci sia folla, inoltre, hanno invitato ad ascoltare unicamente i propri mezzi di comunicazione attraverso i quali saranno emesse le informazioni.

La situazione non è nemmeno facile, durante la quarantena già sono stati assassinati due dirigenti del popolo Embera mentre erano nelle proprie case. Tutto avviene in un contesto nel quale i popoli ancestrali convivono con le dissidenze delle FARC, i paramilitari e i gruppi come il Cartello di Sinaloa, oltre ad una forte militarizzazione del dipartimento dove secondo il CRIC, 22 indigeni sono stati assassinati in questo dipartimento nel 2018 e 56 fino a novembre 2019.

Gli indigeni limitano la circolazione

Da parte sua anche l’Associazione delle Autorità Tradizionali e dei Consigli U’Wa ha fatto ricorso alle misure decretate dal Governo sospendendo le attività comunitarie, le uscite e le entrate dalle riserve del popolo U’Wa nelle 17 comunità indigene del Boyacá, Santander e Norte de Santander, limitando la circolazione alla prestazione di servizi di medicina tradizionale, trattamenti medici culturali e acquisto di beni, merci od oggetti di primo soccorso.

Mentre le autorità della riserva indigena Chaparral Barro Negro hanno chiuso indefinitamente le vie d’accesso alla riserva nei municipi di Hato Corozal, Sacama e Tamara, nel Casanare, altri, come i Popoli Inga e Kamentzá fanno un controllo territoriale nel Valle di Sibundoy, Putumayo, osservando l’isolamento preventivo obbligatorio, hanno dichiarato che vogliono viveri, mascherine, guanti tra gli altri elementi.

Foto: Indígenas / CRIC

27 marzo 2020

Contagioradio

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Comunidades indígenas generan espacios de protección contra el COVID-19” pubblicato il 27/03/2020 in Contagioradio, su [https://www.contagioradio.com/comunidades-indigenas-generan-espacios-de-proteccion-contra-el-covid-19/] ultimo accesso 31-03-2020.

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