Ecuador: Cronaca di una giornata nella quale il popolo ha lottato con eroismo


Marcelo Jara

Questa notte sono giunti dall’Amazonia più di 1000 fratelli e sorelle indigeni. Alle 10.00 am più di 10.000 persone sono uscite dalla Casa della Cultura e hanno incominciato a sfilare per le strade di Quito. Alle 10.45 all’altezza dell’ospedale Eugenio Espejo è incominciato l’attacco della polizia e dei militari. Gas lacrimogeni sono giunti per l’ennesima volta dentro l’ospedale. Per 2 ore il popolo ha difeso la propria posizione e nonostante i feriti e le bombe dello stato, altra gente si è unita e l’Assemblea è stata totalmente circondata. Ad un certo punto i militari incominciano a sventolare le bandiere dell’Ecuador, i poliziotti si tolgono le maschere antigas, dal “trucutu” scende un poliziotto dicendo che non vogliono più reprimere il popolo. Si dichiara una tregua, le persone approfittano per riposare e mangiare.

A reti unificate il presidente Moreno offre un dialogo diretto ai dirigenti del Movimento Indigeno. Questo aiuta a calmare gli animi, la percezione collettiva è che qualcosa è cambiato. Altra gente si aggiunge, giungono camioncini pieni di cibo e acqua per i manifestanti, si respira un’aria di pace e solidarietà. Alcuni indigeni danno da mangiare ai militari. Nel frattempo gli elicotteri vanno e vengono dal tetto dell’Assemblea. Ad un certo punto, dal nulla la polizia e i militari incominciano a lanciare gas lacrimogeni e proiettili generando come martedì scorso una valanga di gente e momenti di esasperazione.

Comincia di nuovo la resistenza ai franco tiratori della polizia e dell’esercito che approfittando della loro buona posizione sparano senza pietà sul popolo. Mentre scrivo queste righe ci sono ancora delle persone che resistono nel parco Arbolito. Le cifre dei feriti e dei possibili morti le potremo sapere con esattezza domani.

Il governo non ha rispettato il lutto di tre giorni dichiarato ieri dalla CONAIE, Lenin Moreno mente in una rete televisiva offrendo un dialogo di gas e proiettili. Maledetti i militari che hanno ricevuto alimenti dal popolo e poche ore dopo hanno sparato su di lui senza pietà.

I canali televisivi parlano di una lettera della CONAIE nella quale si dichiara un’apertura al dialogo. La CONAIE torna a ribadire che l’unica condizione per poter negoziare è l’abrogazione del decreto 883.

Questo non è più solo una rivolta sociale contro il FMI, il “paquetazo” e il governo di Lenin Moreno, questa è ufficialmente la seconda sollevazione indigena e il secondo sciopero più grande della storia del paese (domani sono 10 giorni) in cui si stanno costruendo i pilastri di una nuova società. Siamo stanchi della corruzione e degli abusi di un’intera classe politica, della violenza e del cinismo delle élite che decidono la sorte di questo paese, maledetti vili, razzisti e assassini.

Grazie a chi sta cucinando, portando alimenti, vestiti e giocattoli. I centri di raccolta sono pieni di risorse grazie a tutti voi. Grazie agli infermieri e agli studenti di medicina che rischiano la vita per recuperare e curare feriti/e. “La Comune di Quito” resiste, cazzo!

11 ottobre 2019

Resumen Latinoamericano

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Marcelo Jara, Ecuador. Crónica de una jornada donde el pueblo peleó con heroicidad” pubblicato il 11/10/2019 in Resumen Latinoamericano, su [http://www.resumenlatinoamericano.org/2019/10/12/ecuador-cronica-de-una-jornada-donde-el-pueblo-peleo-con-heroicidad/] ultimo accesso 12-10-2019.

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