Quasi tre decenni dopo la firma degli Accordi di Pace in Salvador, tra il FMLN e lo stato, la situazione del movimento popolare e della sinistra si può definire come una profonda sconfitta aggravata dalla crisi etica di una parte delle dirigenze.
Come suole succedere, le cose si vedono più chiare in basso e a sinistra, dove la gente comune organizzata è capace di comprendere le realtà con maggior profondità degli intellettuali. La visita a San Francisco Echeverría (Cabañas, El Salvador), durante gli otto giorni in cui abbiamo convissuto con famiglie e combattenti che hanno ripopolato questo sito di mille e rotti abitanti, è stata l’occasione per ripassare in lunghe serate e in laboratori di formazione quanto successo dalla firma degli Accordi di Pace del 1992.
Nei decenni del 1960 e del 1970, un potente movimento contadino e studentesco avanzò sul potere dell’oligarchia latifondista e sui militari che per decenni avevano governato il paese. La risposta alle occupazioni di terre e alle mobilitazioni urbane furono sparatorie e massacri. Come mostra bene l’assassinio di una decina di religiosi, tra i quali il vescovo di San Salvador, monsignor Romero, recentemente canonizzato da papa Francesco.
L’unica alternativa possibile per i settori popolari fu di integrarsi nelle guerriglie che in modo esponenziale crebbero verso la fine del decennio del 1970, al punto da poter lanciare una potente offensiva militare nel 1981, realizzata dal Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN), da poco costituito.
Dodici anni di guerra ebbero un risultato prevedibile: come in Vietnam, i militari assistiti dagli Stati Uniti e appoggiati da Israele, Taiwan, Regno Unito, Argentina e Brasile, tra gli altri, si dedicarono allo sterminio della popolazione civile, accanendosi sulle donne, bambine e bambini contadini che dovettero abbandonare i propri paesi per vagare per anni attraverso i monti.
Come risultato, verso la fine della guerra c’erano solo due forze sul terreno: circa 70 mila militari appoggiati da una forza aerea che giorno e notte bombardava le zone guerrigliere, e le guerriglie, con un numero forse otto volte minore, ma con una grande mobilità ed eroismo, che nell’offensiva del 1989 li portarono vicino alla conquista della capitale.
La parità militare si risolse con la negoziazione della pace, nella quale il FMLN consegnò le armi, smobilitò i suoi combattenti e si limitò a fare politica dentro le istituzioni statali. Anche se riuscì due volte ad impossessarsi del governo (nel 2009 con Mauricio Funes e nel 2014 con Salvador Sánchez Cerén), ci furono appena dei cambiamenti cosmetici nella dominazione e nell’esibizione dell’accumulazione capitalista.
Contadini e contadine di San Francisco Echeverría, dove il FMLN raccoglie l’80% dei voti, coincidono nel criticare le direzioni. “Ci hanno abbandonato”, dicono alcuni. Altri mettono in evidenza che ci furono dei tradimenti più grandi (come quello di Joaquín Villalobos) e altri non così evidenti ma non meno distruttivi, giacché non pochi quadri dell’ex guerriglia diventarono impresari di successo dando le spalle a coloro che dettero le proprie vite.
Ora che il FMLN ha subito una dura sconfitta (cadendo dal 50 al 14 % dei voti) ed è poco probabile che ritorni al governo nel breve periodo, i settori popolari chiedono uno sguardo a più lungo termine che includa un bilancio dalla firma degli accordi di pace di 27 anni fa.
Le domande si accumulano: Perché consegnarono le armi mentre un esercito di assassini le conserva? Perché ebbero fiducia in uno stato oligarchico? Perché abbandonarono, in modo simultaneo, i movimenti in basso e giunsero perfino a rifiutare di manifestare per evitare “provocazioni” che mettessero in questione la presunta pace conseguita? Insomma, perché smisero di lottare.
Con qualcosa di più profondo, e da parte di chi accompagna senza interpretare, vorrei domandare: Perché non cerchiamo di percorrere altri cammini che non passino attraverso la guerra o le elezioni, come se fossero due opzioni uniche ed escludenti? Perché fu abbandonata la pratica della critica e dell’autocritica, che è l’unica che permette di correggere gli errori?
La cosa che indigna di più è che le cosiddette sinistre continuano a percorrere i medesimi cammini che hanno mostrato nessuna validità e, ancor peggio, danni irreparabili ai movimenti anti-sistema e ai settori popolari.
9 settembre 2019
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “Los riesgos de los acuerdos de paz” pubblicato il 09/09/2019 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/los-riesgos-de-los-acuerdos-de-paz/?fbclid=IwAR2IFFFQBSNhTsHqskJEbQi_ARbHCGXBb6-hdFlKwx9svuu9HvaV639K0MU] ultimo accesso 12-09-2019. |