Il Guatemala in difesa della propria terra e della propria vita


Gianpa L. e Susanna De Guio

Intervista a Lolita Chávez, rappresentante del del popolo Maya Ki’che.

Per comprendere il contesto politico della società guatemalteca nei giorni in cui si gioca il secondo turno elettorale, è necessario ampliare lo sguardo al di là di quello che serve dentro le istituzioni parlamentari, e riconoscere che i processi di trasformazione della realtà politica e sociale del Guatemala si producono in altri luoghi, e in particolare nel lavoro quotidiano delle organizzazioni indigene e contadine, dei coordinamenti a difesa dei diritti umani, contro l’estrattivismo, per il riconoscimento e il rispetto dei popoli originari e dei loro territori, che costituiscono la maggioranza del paese.

Nella storia di Aura Lolita Chávez Ixcaquic, portavoce del Consiglio dei Popoli Ki’ches (CPK), si riflette la realtà di numerose dirigenti indigene che ogni anno sono assassinate e perseguitate per il loro impegno politico.

La vita di Lolita Chávez è consacrata a portare avanti la lotta del suo popolo, e questo ha significato affrontare negli anni un numero crescente di minacce alla sua integrità fisica. Sei volte hanno tentato di ucciderla, sparando contro il suo mezzo di trasporto o assaltando la sua delegazione con machete, coltelli e bastoni. Rappresentante del “Consiglio dei Popoli Ki’ches, a difesa della vita, della natura, della madre terra e del territorio”, Lolita è uno dei volti più rappresentativi dell’organo di autogoverno delle comunità del millenario popolo Maya Ki’che, che lotta contro le imprese transnazionali che sfruttano il loro territorio. Lolita ha ottenuto la protezione della Commissione Interamericana dei Diritti Umani e oggi vive in Europa, dove continua il suo incessante lavoro di portavoce per condividere le ragioni del conflitto che colpisce il suo popolo e tessere relazioni con altre comunità in lotta. La incontriamo in Italia, durante alcune delle tappe del suo giro europeo, e approfittiamo per conversare con lei della situazione che si vive oggi in Guatemala e delle sfide che i popoli originari devono affrontare per difendere le proprie comunità.

Come intervengono le compagnie transnazionali nei territori del popolo Ki’che?

Le imprese transnazionali e le compagnie estrattiviste sono giunte nei nostri territori attraverso trattati con lo stato del Guatemala, ma anche attraverso accordi internazionali, come, per esempio, è stato il Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, con il Canada, con l’Europa, dove il diritto economico delle multinazionali prevale sulla legislazione interna del Guatemala, che si adegua a quelle.

La conseguenza è che nei nostri territori si permette qualsiasi tipo di violenza contro i popoli. Il Guatemala ha subito più di 36 anni di guerra, e tutto questo è stato attuato attraverso l’odio contro i popoli parte di  coloro che all’epoca della guerra ci chiamavano “il nemico interno”. E i massacri che ci furono, ora li stiamo tornando a vivere, perché si impongono con le armi. E se noi popoli non permettiamo l’entrata di queste imprese, c’è repressione. Ed è la cosa più forte, perché la repressione si vive attraverso stati di emergenza, come il coprifuoco, si vive con la presenza dei distaccamenti militari, i giovani la imputano ai militari e alle strutture criminali, come le pandillas o le maras, che sono utilizzate anche per reprimere.

La mara è anche legata alle attività narco, e ai gruppi sanguinari che sono stati addestrati nelle Scuole delle Americhe, negli Stati Uniti.

Allora tutta questa violenza si ripercuote sui nostri territori, e le imprese vengono da vari luoghi, dipendendo dal tipo di estrattivismo che fanno. È giunta la monocoltura forestale, la monocoltura della palma africana e il petrolio. Se sono, per esempio, imprese minerarie, hanno la loro sede in Canada, e se sono imprese idroelettriche sono generalmente legate all’Europa, per esempio una di quelle è l’ENEL. Si tratta di un’impresa molto violenta, e per questo noi diciamo che l’ENEL ha le mani macchiate di sangue, perché ha generato tutta questa violenza nei nostri territori e ha anche diviso le comunità e ha generato tutto un clima di odio contro le difensore e i difensori dei nostri territori.

Come si organizzano i popoli che stanno lottando contro le compagnie transnazionali e per difendere i propri territori, come sono elette le portavoce come te?

Mi hanno eletta nell’ambito del “Consiglio dei Popoli Ki’ches, a difesa della vita, della madre natura, della terra e del territorio”. Il consiglio riunisce 87 comunità e la difesa del territorio è il nostro mandato. Mi hanno eletta in processi assembleari, che funzionano in modo partecipativo e con libera determinazione, in modo autonomo, ossia lo stato non è coinvolto nelle nostre decisioni, piuttosto noi abbiamo presentato denuncie contro lo stato del Guatemala, per esempio, per la legge sull’attività mineraria, abbiamo portato le nostre rivendicazioni di fronte alle istanze internazionali. Siamo anti-neoliberali, anti-razzisti, anti-patriarcali, perché tutte queste espressioni sono di violenza. Come portavoce, io oggi faccio conoscere i progetti e le decisioni assembleari, non solo parlo secondo la mia coscienza ma anche secondo la coscienza collettiva che creiamo in processi di consultazione, attraverso il consenso costruito in processi partecipativi.

Nelle tue conferenze, parli di femminismo comunitario: perché è importante aggiungere l’aggettivo comunitario alla parola femminismo?

Crediamo che bisogna lottare contro il patriarcato, perché abbiamo vissuto violenza e torture che si applicano sui popoli e anche sui nostri corpi, allora diciamo che il nostro corpo è il nostro primo territorio di difesa. Ma non possiamo nemmeno rimanere solo al corpo, o all’individualismo, e non possiamo rimanere zitte contro l’estrattivismo. Perché allora sarebbe anche un tradimento di un popolo che millenariamente ha lottato per l’esistenza di noi esseri che stiamo lì. È molto importante lottare contro le molteplici oppressioni. Per esempio, il femminismo separatista genera molte divisioni e molta debolezza nei territori, dove noialtre dobbiamo alimentare la forza collettiva, che si genera sì, in comunità. E la comunità si fa con la partecipazione dei bambini, delle bambine, degli uomini, delle donne, degli anziani, delle anziane.

Noialtre diciamo che è un impegno politico cosmico intergenerazionale nella rete della vita. La rete della vita non è solo l’umanità, parliamo di comunità delle montagne per esempio, della biodiversità, ossia tutto quello che esiste ha vita e tutto quello che ha vita si lega anche al suo essere individuale e al suo essere collettivo.

Qual è il ruolo della cosmovisione del popolo Maya Ki’che nella lotta che voi fate?

Come le nonne e i nonni ci hanno detto, la vita stessa e la nostra “cosmoconoscenza” sono in relazione con la rete della vita. Non c’è nessuna esistenza che valga di più o che valga di meno nella vita. Piuttosto, il micro si relaziona con il macro, e all’inverso. E abbiamo bisogno sempre di aver cura che ci sia equilibrio e armonia nel nostro camminare, nella rete della vita. Abbiamo un impegno nel tempo, nello spazio e nel movimento dove non ci sono frontiere.  A noialtre ci spiegano, ci indirizzano le antenate e gli antenati, per questo l’America Latina si chiama in realtà Abya Yala, che vuol dire il sangue che scorre libero. O che cammina libero. Facciamo un’analisi cosmogonica del tempo, il calendario Maya ha venti nahuales (segni della cosmovisione maya, ndt), e i nahuales mettono in collegamento con la vita, ogni giorno. Abbiamo un profondo legame con i quattro punti cardinali, che mettono in collegamento con gli elementi della vita come l’acqua, l’aria e il sole, la luna, la madre terra, il cuore del cielo, il cuore della terra. E ciascun elemento ha anche la sua relazione con tutti gli altri. Abbiamo principi e valori propri, per esempio, il nostro sistema di giustizia, quello che ci ha insegnato è che quando tu commetti qualche errore, non è il castigo la cosa importante, ma è armonizzare e tornare ad equilibrare il tuo essere affinché possa continuare ad esistere.

Quando parliamo di territorio, noialtre non difendiamo la madre terra solo perché è la madre terra, ma difendiamo il territorio per la sua storia. La mia cosmovisione è in relazione con la storia, la memoria, il sangue e il ventre, che si intrecciano tra il presente, il passato e il futuro. E parliamo del mondo, dell’inframondo e del sopra-mondo, perché c’è anche una connessione cosmica. È una cosmovisione abbastanza profonda, che non ha a che vedere con i modelli che stiamo vedendo nel mondo, come il modello capitalista, perché la nostra relazione primaria non è il denaro, ma la vita. Ossia, tu sei in quanto vivi, non sei in quanto hai denaro.

Voi come popolo in lotta avete un legame con altri popoli originari che stanno portando avanti lotte simili a quella vostre?

Noialtre quando incominciamo a conoscere le altre lotte, per esempio la lotta del popolo Lenca, del popolo Bríbrí, del popolo Mapuche, e incominciamo anche a vedere la relazione che abbiamo dalle cosmovisioni, ci leghiamo. Abbiamo anche contatti con i popoli che lottano contro l’estrattivismo anche se non sono popoli originari, ed è per questo che anche in Europa ci mettiamo in collegamento con popoli che sono nel recupero del territorio, come quelli che chiamano okupas.

Se l’Europa crede che siamo stupidi è totalmente in errore, e se le imprese pensano che ci vinceranno stanno sbagliando, anche perché le abbiamo mappate. Per esempio, qui in Italia, ci uniamo con l’attivismo che è solidale con il popolo mapuche e contro la Benetton, e lottiamo anche con le forze del popolo in Argentina, perché la Benetton è sanguinaria, è un’espressione di morte, di distruzione nei territori. Noi ci uniamo anche con gli altri popoli, ora siamo contro la Red Mas, che è un’espressione della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite, che hanno voluto sovrapporsi e ingannare le comunità, la gente, le società, dicendo che avrebbero generato ossigeno attraverso la semina di alberi invasori, come il pino, o il cipresso, l’eucalipto, queste politiche neoliberali di economia verde. Ed è falso.

Perché ci uniamo? Perché riconosciamo che le imprese estrattiviste sono le medesime. E queste imprese lo fanno qui, lo fanno là. In scala differente perché qui agiscono invadendo, io ho visitato alcuni luoghi dove mi sono indignata vedendo imprese che producono acciaio o che producono anche armamenti, stanno generando molte malattie e stanno facendo sì che la gente se ne vada dai territori, qui stesso, in Italia. A partire da questo c’è il fatto che ci uniamo con gli altri popoli e ci uniamo con ogni popolo che conosciamo, che lotta per la madre terra, e lotta per una vita degna.

14 agosto 2019

Kaosenlared

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Gianpa L. y Susanna De Guio, El Guatemala en defensa de su tierra y su vida no va a votar” pubblicato il 14/08/2019 in Kaosenlared, su [https://kaosenlared.net/el-guatemala-en-defensa-de-su-tierra-y-su-vida-no-va-a-votar/?fbclid=IwAR1i_cPk5CS-K1ZY5Kly2Wsrk3RTTH8YQq7yUwgJ22yE67ok1VUJNSfHXP0] ultimo accesso 21-08-2019.

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