Provocazioni, infamie e apologie


Gilberto López y Rivas

Al compiersi i primi 100 giorni del nuovo governo, risulta preoccupante che i suoi avvocati d’ufficio facciano delle segnalazioni mirate contro coloro che, dai popoli indigeni, dai loro saperi e dall’anticapitalismo, denunciano e resistono alle rinnovate politiche sviluppiste, neoindigeniste e di militarizzazione della Quarta Trasformazione.

Non sono stati responsabili l’EZLN, il Congresso Nazionale Indigeno – Consiglio Indigeno di Governo, né ancor meno le “voci isolate” di “ambito zapatista”, del fatto che il presidente Andrés Manuel López Obrador abbia ratificato il Progetto Integrale Morelos (PIM) nel suo discorso di Cuautla del 10 febbraio, con il quale ha fatto marcia indietro sugli impegni pubblici del 2014 e del 2018, e con il quale ha disapprovato i “radicali di sinistra”, giudicandoli come dei “conservatori”, senza distinguere che, in realtà, erano membri di popoli e comunità che per anni hanno ingaggiato una battaglia disuguale contro il PIM, e, ora, paradossalmente contro il nuovo governo per il quale la maggioranza ha votato, che difende e rappresenta detto progetto.

Dieci giorni dopo il discorso presidenziale avviene l’assassinio di Samir Flores Soberanes, incarnazione stessa di questa lotta. Segnalare, come lo fa Armando Bartra, che vuole fare un uso politico di questa morte per “alimentare con il sangue una causa di cui non ha bisogno” è banalizzare questo assassinio e un’infamia politica insostenibile. Samir è un simbolo della lotta dei popoli che ricordano con ammirazione e rispetto i suo insegnamenti. Amilcingo, il suo paese natale, si trasforma nell’epicentro di mobilitazioni come l’Assemblea Emergente Nazionale di fronte alla Violenza dello Stato e l’Autodeterminazione dei Popoli, celebrata il 9 marzo, nella quale l’attuale governo è stato identificato, nei fatti, come una continuità del neoliberalismo, che ha convocato una mobilitazione nazionale e internazionale per il prossimo 10 aprile a Chinameca, e ha dichiarato AMLO come “persona non grata” nel Morelos: “Non permetteremo -affermano i partecipanti a questa assemblea- che la morte del nostro capo del sud sia insultata con la presenza di chi cerca di promuovere i progetti di morte in terra zapatista”. Le resistenze al PIM potrebbero ripetersi con il Treno Maya, il canale secco di Tehuantepec e con altri mega progetti alla porta.

Gli apologeti dei risultati dei primi 100 giorni di AMLO sembrano non prendere in considerazione l’ineludibile realtà della profonda frattura tra i popoli originari e un governo che ha già decretato la fine del neoliberalismo, nei “100 giorni che hanno commosso il Messico” (sic). Chiaro, si tratta di popoli indigeni organizzati in difesa dei propri territori e dei propri processi autonomisti, non è un tema prioritario nell’agenda governativa, salvo per quanto si riferisce all’Istituto Nazionale dei Popoli Indigeni (INPI), che fino ad oggi non ha fatto una sola segnalazione riguardo al Progetto Integrale Morelos e alla continuità della violenza contro i lottatori in difesa della Madre Terra, come Samir.

L’INPI sta effettuando consultazioni nelle comunità per rispettare formalmente il Trattato 169 dell’OIL, anche se Victoria Tauili-Corpuz, relatrice speciale sui Diritti dei Popoli Indigeni dell’ONU, ha già manifestato in modo fermo all’attuale governo le proprie preoccupazioni sugli obblighi contratti al riguardo dallo stato messicano, secondo il contesto costituzionale e i trattati internazionali vigenti.

Anche, da ambiti autorizzati, difficili da essere accusati di essere “conservatori” e “ultrasinistri”, sorgono osservazioni critiche coincidenti con quelle sostenute dalle resistenze comunitarie. Greenpeace ha lamentato la poca attenzione dell’attuale governo, “al di là del discorso”, al tema dell’ambiente, e ha valutato che soltanto in 100 giorni di governo le politiche del presidente Andrés Manuel López Obrador -in materia ambientale ed energetica- tracciano al Messico una direzione verso il disastro climatico. Tra i cinque punti su cui si sostiene una tale affermazione si segnala, precisamente, la riattivazione di impianti termoelettrici, come quello di Huexca.

In questo contesto di autoritarismi da parte del potere: A quale dialogo ipotetico fa riferimento Bartra e chi lo ostacola quando vengono imposte delle consultazioni da parte dell’Esecutivo federale che sono state considerate illegali, illegittime, che violano i diritti collettivi dei popoli originari? Dialogo con il delegato della Presidenza della Repubblica nel Morelos, Hugo Éric Flores, un operatore messo sistematicamente in discussione che ha nauseato con la sua presenza il degno popolo di Huexca nella notte dello scorso 5 marzo, senza essere stato invitato da un’assemblea comunitaria, accompagnato dalla forza pubblica, e che offriva aiuti clientelari e corporativi per comprare coscienze e, che, questo sì, frazionano e dividono le comunità? Dialogo con il procuratore che “indaga” l’assassinio di Samir, che insulta la sua memoria e la sua integrità etica in ambito familiare e di lotta? Dialogo con chi ascolta solo l’eco della propria parola fatta legge?

22 marzo 2019

La Jornada

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Gilberto López y RivasProvocaciones, infamias y apologías” pubblicato il 22/03/2019 in La Jornada, su [https://www.jornada.com.mx/2019/03/22/opinion/016a2pol#] ultimo accesso 02-04-2019.

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