La Giustizia di Jujuy ha condannato Milagro Sala a tredici anni di prigione nella causa Pibes Villeros.
Nonostante che la procura e le denuncie promosse dal governatorato di Morales non abbiano potuto apportare prove fededegne, la dirigente della Tupac Amaru è stata condannata per associazione illecita, estorsione e frode allo stato. La difesa farà appello in tutte le istanze.
Dopo aver posticipato l’inizio dell’udienza per più di dieci ore, il Tribunale Criminale 3 di Jujuy ha condannato la dirigente sociale Milagro Sala a 13 anni di prigione. L’ha trovata colpevole dei delitti di associazione illecita, estorsione e frode allo stato, nonostante le denuncie -promosse dall’Esecutivo provinciale- e dalla procura non abbiano potuto apportare prove fededegne che accreditino la responsabilità della referente della Tupac Amaru nei fatti. “Oggi voi, signore giudici, come donne e lavoratrici, passerete alla storia per quello che voi decidete, sia nel bene che nel male”, ha detto la Sala quando le hanno dato la parola prima di udire la sua sentenza di condanna. Come il resto dei 30 accusati, la dirigente aveva affermato la propria innocenza: “Tutti i miei compagni ed io siamo innocenti. Non abbiamo rubato nulla e non è casuale che le nostre opere siano riconosciute internazionalmente”, ha sostenuto. Si tratta del quarto processo che la Sala affronta da quando è stata arrestata, quasi tre anni fa. La condanna è la prima che, diventando definitiva, la terrebbe rinchiusa. La difesa della Sala ha anticipato che farà appello alla sentenza in tutte le istanze.
La sentenza è giunta dopo sei mesi di processo per la causa -formata da tre inchieste- conosciuta come Pibes Villeros che indaga la sottrazione di fondi destinati originariamente alla costruzione di abitazioni da parte di cooperative della Tupac e di altre organizzazioni sociali di Jujuy.
Le giudici María Alejandra Tolaba -presidente del tribunale, designata su raccomandazione dopo essere stata bocciata in due occasioni ai concorsi-, Claudia Sadir e Ana Carolina Pérez Rojas hanno trovato responsabile la Sala dei delitti per i quali è giunta accusata al processo, nonostante che la difesa, sostenuta da Luis Paz, Matías Duarte e Paula Alvarez Contreras, abbia insistito sulla “mancanza” di elementi di prova. La Sala affrontava richieste di condanna per più di 20 anni di prigione.
Nella sua arringa, e nel colloquio con questo giornale, Duarte aveva ribadito che durante il dibattito“la procura non ha potuto chiarire” le “gravi irregolarità” dell’istruttoria. Tra le irregolarità, ha menzionato l’assenza di un ambito temporale per i delitti di associazione illecita e di estorsione addebitati alla Sala, così come la carenza di validità delle prove documentali sulle quali la procura si è basata per accusare la Sala di frode allo stato: tutte fotocopie. Da ultimo, durante le arringhe, la difesa ha denunciato che, per accusare la Sala, il Pubblico Ministero di Jujuy “ha inventato” fatti che non figuravano nell’elevazione a giudizio.
Dopo la sentenza, la difesa ha anticipato che farà appello alla sentenza in tutte le istanze e, anche se aspetteranno le conclusioni per aver più dettagli delle ragioni per cui la Sala è stata condannata, “nelle istanze di impugnazione gli aggravi nati dalle irregolarità saranno sostenuti”, Duarte ha precisato a questo quotidiano.
Questo mercoledì la Sala compie tre anni di reclusione in regime di prigione preventiva senza che sulla sua persona pesi una qualche condanna definitiva. Allora, per questa medesima ragione, il gruppo giuridico che la rappresenta solleciterà, nonostante la sentenza di condanna, che sia posta in libertà fino a quando questa condanna sarà confermata da tutte le istanze giudiziarie.
La Sala non è stata l’unica condannata nel processo, che ha coinvolto 30 cooperativisti, membri di organizzazioni sociali di Jujuy ed ex funzionari provinciali sul banco degli accusati. Al compagno della Sala, Raúl Noro, che soffre di una malattia terminale, hanno imposto una pena di tre anni, sospesa. Una decina di accusati, tutti cooperativisti, sono stati assolti con il beneficio del dubbio.
Udienza ritardata
Ci si aspettava che l’udienza finale cominciasse alle 8.30 di ieri, ma il tribunale ha dovuto sospenderla dopo che si era saputo che Raúl Ezequiel Aguilera, uno dei figli della deputata provinciale Mabel Balconte, accusato nel processo insieme a sua madre e alla Sala, e che, secondo i registri ufficiali, lavora per il governatorato di Jujuy, era stato arrestato lo scorso fine settimana a Formosa per possesso di cocaina a fini, probabilmente, di spaccio.
Aguilera è l’unico accusato per il quale il Pubblico Ministero di Jujuy ha sollecitato l’assoluzione durante la sua arringa. La dichiarazione durante l’indagine, di lui e di suo fratello, membri di una delle cooperative abitative coinvolte nella causa, sono state durante il dibattito punte di lancia nella strategia della procura e del Potere Esecutivo di Jujuy per incriminare la Sala. Tra pianti, dichiararono di fronte al tribunale di essere stati “obbligati” a incassare assegni di fondi destinati alla costruzione di abitazioni. Ambedue sono stati assolti dal tribunale.
La Balconte, la madre di ambedue, aveva completato la strategia. Deputata eletta per lo spazio politico della Tupac Amaru, fu coinvolta nella causa poco tempo dopo la Sala. Con sorpresa cambiò la propria versione dei fatti e “confessò” di aver una volta accompagnato la Sala a Buenos Aires, in uno dei presunti viaggi che la dirigente effettuava, secondo le dichiarazione della deputata, per consegnare denaro al deputato Máximo Kirchner nella Quinta de Olivos. La Balconte ha ricevuto una condanna di 8 anni di prigione e la richiesta alla Legislatura provinciale di toglierle i diritti.
15 gennaio 2019
Página 12
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Ailín Bullentini, “Un fallo para sostener la persecución” pubblicato il 15/01/2019 in Página 12, su [https://www.pagina12.com.ar/168468-un-fallo-para-sostener-la-persecucion] ultimo accesso 18-01-2019. |