Pace per il Nicaragua


Farrah De La Cruz Cárdenas / Damián Mendoza

“Non vogliamo la rinuncia di Ortega, vogliamo una giunta di transizione che convochi delle elezioni anticipate”.

Il Nicaragua vive una severa crisi politica e alcuni membri della sua comunità in Messico affermano che la sua situazione è simile a quella che vivono, oggigiorno, i venezuelani.

Per questo, differenti settori della popolazione cercano una via d’uscita costituzionale ed elezioni anticipate, ma con giustizia e senza Daniel Ortega Saavedra al potere: “Tutti i giorni siamo vittime di assassinii e violazioni dei nostri diritti umani. Vogliamo che Daniel Ortega e Rosario Murillo se ne vadano”, dichiarano in una intervista all’UANM Global quattro nicaraguensi che si trovano nel nostro paese, e che per paura di rappresaglie chiedono l’anonimato.

Secondo i giovani, ai loro connazionali non interessa che Daniel Ortega rinunci alla presidenza, essendo così, nulla cambierebbe.

“Quello che vogliamo è che si crei una giunta di transizione che convochi delle elezioni anticipate con un processo elettorale sotto la supervisione dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA),  o dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che ci garantisca una trasformazione. Se Ortega rinuncia, per legge, sua moglie, che è la vicepresidente, assumerebbe la presidenza, e se lei rinuncia, chi la assumerebbe sarebbe il presidente dell’Assemblea Nazionale, che anche lui fa parte dello stato”.

Il 17 aprile di quest’anno, Daniel Ortega ha ratificato la recente riforma del sistema di previdenza sociale, considerata dai settori colpiti come un “affronto ai loro diritti”. Tra le altre modifiche, la riforma presuppone un aumento dei contributi della previdenza sociale dei datori di lavoro e dei lavoratori, e un contributo addizionale del cinque per cento delle persone pensionate.

Ignorati nei negoziati delle modifiche, il 18 aprile il popolo nicaraguense si è rovesciato nelle strade. Cittadini di Managua, Bluefields, León, Masaya e Ciudad Sandino hanno manifestato il proprio scontento, che è stato immediatamente represso dalle forze di sicurezza dello stato e dai gruppi di scontro.

A partire da quella data, la violenza esercitata contro la società civile, denunciata attraverso reti sociali, mezzi di comunicazione e organizzazioni dei diritti umani, ha fatto sì che il 21 aprile il presidente Ortega annunciasse la revoca delle riforme del sistema di previdenza, la quale non è stata accompagnata da nessuna dichiarazione sulla morte di alcuni manifestanti.

Nella notte del 19 maggio, dopo che era stata annunciata una “Tregua di 72 ore”, il presidente Ortega ha attaccato gli studenti dell’Università Agraria, violando l’accordo pattuito nell’agenda sottoscritta al Tavolo Plenario del Dialogo Nazionale, attestato dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH).

Richieste

L’agenda di giustizia e democrazia contempla riforme costituzionali ed elettorali, un cambiamento totale del Consiglio Supremo Elettorale, elezioni anticipate e la riduzione del mandato di tutte le autorità, così come una profonda riforma di polizia, che sarà sottoposta a referendum attraverso una Legge Quadro. Ma la repressione che Ortega esercita sulla popolazione dimostra che non è disposto a cedere. Da lì, la convocazione promossa dal Movimento Contadino per portare a termine uno sciopero nazionale.

“Ortega dice che non se ne va, che il Nicaragua non è proprietà privata di nessuno, che è di tutti, e che la maggioranza è a suo favore. Ma l’unica cosa su cui conta è sull’Esercito e sui quattro Poteri dello Stato”, hanno precisato i quattro giovani nicaraguensi.

1978, l’esperienza degli scioperi nazionali

A seguito dell’assassinio di Pedro Joaquín Chamorro, principale oppositore della dittatura di Anastasio Somoza Debayle, il Nicaragua visse due scioperi nazionali convocati dall’alleanza di organizzazioni formata da impresari, sindacati e partiti politici. Ma il successo del rovesciamento del somozismo si ebbe un anno dopo, il 4 giugno 1979, quando la lotta armata dei movimenti della sinistra rivoluzionaria come il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), sconfisse militarmente la Guardia Nazionale durante un terzo sciopero nazionale.

Sebbene, lo sciopero nazionale sia uno strumento di lotta sociale e politica contro la dittatura, è necessario informare la gente sulla vera portata e sulle conseguenze. La storia è stata testimone delle cattive condizioni politiche ed economiche in cui il fracasso di queste ha lasciato intere nazioni.

Secondo i giovani centroamericani, c’è molta disinformazione intorno allo sciopero nazionale. “Anche se molti dicono che può essere l’opzione pacifica, ci sono molti che non vogliono unirsi per timore che lo sciopero ci rovini ancor di più economicamente o che fracassi lasciando il povero più povero e con la medesima dittatura, per questo vogliono che un esperto esterno ci dia la sua opinione riguardo ai miti e alle realtà che comporta uno sciopero di questa portata”.

Un vestito disegnato a sua misura

Quando Daniel Ortega si trovava alla testa del FSLN, in una intervista giornalistica rivendicò il diritto alla lotta civile come il mezzo più efficace per cambiare un governo e un presidente impopolare.

Oggi, ad un anno dal suo quarto periodo presidenziale -il primo dal 1985 al 1990- Daniel Ortega Saavedra nel 2022 sommerebbe, 15 anni consecutivi derivati da tre periodi, come dire, 20 anni alla testa del secondo paese più povero dell’emisfero occidentale, qualcosa che nemmeno a Somoza riuscì.

I giovani nicaraguensi vogliono gli Ortega-Murillo fuori dal potere. “Ci sono molti articoli della Costituzione che ha modificato per sua propria convenienza. Ha reso possibile che i suoi figli svolgano la funzione di consiglieri e che sua moglie appaia come la vicepresidente. Sta lasciando tutto il popolo con le mani legate per non revocarlo”.

Le conseguenze economiche

I blocchi delle strade e le manifestazioni hanno interrotto il commercio della direttrice centroamericana. Secondo la Fondazione Nicaraguense per lo Sviluppo Economico e Sociale (Funides), la crisi politica che soffre il Nicaragua da più di 50 giorni provocherebbe perdite economiche superiori ai 600 milioni di dollari, oltre alla perdita di perfino 150.000 posti di lavoro.

Questo 7 giugno, dopo una riunione con i vescovi, Daniel Ortega ha chiesto due giorni per “riflettere” intorno all’agenda della democratizzazione, ma aumenta la repressione e la continua violenza, così che, secondo calcoli del Centro Nicaraguense dei Diritti Umani (CENIDH), la dittatura familiare ha fatto, fino al giorno d’oggi, 134 morti e migliaia di feriti.

In questo contesto, la direttrice esecutiva del CENIDH, Marlin Sierra, ha chiesto alle organizzazioni internazionali il loro intervento per chiedere a Ortega Saavedra la cessazione dell’uso irrazionale della forza allo scopo di evitare una guerra civile.

In una intervista telefonica, Francisca Ramírez Torres, dirigente contadina del movimento anti canale, ha affermato che il popolo centroamericano sa che Daniel Ortega è incapace di governare. “Dal 1980 al 1990 ci furono 50 mila morti, e oggi -con 6,3 milioni di abitanti- ci sta uccidendo pubblicamente, per cui continua a stare al potere, tutti noi saremo assassinati uno ad uno”.

Per questo, la Ramírez Torres ha fatto appello a rafforzare i blocchi delle strade e lo “sciopero cittadino” in tutto il paese, che è testimone del peggiore massacro della sua storia in “tempi di pace”.

I cittadini nicaraguensi presenti in Messico si sono posti all’Angelo dell’Indipendenza e all’Ambasciata del Nicaragua con l’obiettivo di intercettare l’attenzione dei messicani, ai quali chiedono la loro solidarietà con la lotta di quelli che sono contro il regime di Daniel Ortega.

“Il popolo del Nicaragua non è più disposto a cedere, non riconosce più il presidente. Per questo dal Messico e da vari paesi stiamo cercando di giungere in tutti gli spazi possibili affinché sappiano qual è la nostra realtà, e di evidenziare di fronte alla comunità internazionale che il Nicaragua vuole ottenere la democratizzazione del paese, ma soprattutto, di respirare un ambiente di pace”, hanno concluso i quattro nicaraguensi.

12 giugno 2018

UNAM Global

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Farrah De La Cruz Cárdenas / Damián MendozaPaz para Nicaragua” pubblicato il 12-06-2018 in UNAM Global, su [http://www.unamglobal.unam.mx/?p=41422] ultimo accesso 15-06-2018.

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