Questa partita tra la società e il Congresso si è giocata in vari campi, in simultanea e senza respiro. È stata lunga, è stata intensa e ha avuto momenti drammatici. È stata anche la più importante degli ultimi decenni e anche se non è cominciata questo storico mercoledì, ieri è stato quando è emersa tutta la forza accumulata da un movimento insperato per coloro che per tanti anni si sono persi di vederlo crescere.
La nostra cronaca e il servizio fotografico.
Da quando è scesa nel suo campo, che è la strada, la marea verde ha messo in chiaro che era enorme in numero, in convinzione e in forza. Non solo in relazione al pallido atteggiamento dei fondamentalisti azzurri, ma anche ai suoi principali rivali: coloro che dentro il Parlamento non sono abituati a rappresentare le richieste sociali.
Tende, gazebo e palchi sono stati disposti da mezzogiorno sul Callao fino a Corrientes e sono straripati verso l’Avenida de Mayo per realizzare un corridoio che, per tutto il giorno, è andato accumulando passione, energia e molteplici linguaggi e strumenti per gridare la stessa cosa. Intanto, dentro al Congresso si succedevano discorsi, mentre molti dei deputati e delle deputate scrutavano gli schermi dei propri cellulari, più dipendendo dalle tendenze di Twitter che dai battiti della strada.
Fino a quando è stato inevitabile.
L’iceberg è emerso ed è rimasto in vista dei droni quando la cantante Jimena Barón stava sul palco.
Coloro che si sono azzardati a misurarlo hanno arrischiato “più di un milione”.
È stato allora che la parola d’ordine si è trasformata in una diagnosi politica:
“Ora che siamo unite,
ora sì che ci vedono”.
Che hanno visto i deputati e le deputate?
Alcuni hanno visto un incoraggiamento; altri, un pericolo.
La lista di oratori è stata il riflesso di questa reazione: si è allungata all’infinito con voci di una e dell’altra fazione, vecchio trucco parlamentare per trasformare il tempo in un’altro campo di calcio dove giocare la medesima partita.
Mentre nei corridoi e in alcuni studi si facevano pressioni, si disegnavano strategie e si predisponevano appelli, nella strada la folla sfidava tutte le cricche politiche aprendo le coperte. È stato dopo che un gruppo di deputate aveva descritto dal palco la situazione dentro il Palazzo: la notte sarebbe stata lunga.
Sarebbe anche stata la più fredda dell’anno.
Nessuna delle due notizie ha sorpreso nessuno.
E questo è stato chiave, la marea verde era preparata.
Aveva fermezza e aveva cumbia per scaldare l’alba.
In aula si è cercato di accorciare la lista degli oratori, alludendo per la prima volta a questi dati: le giovani che erano fuori, il freddo che le congelava.
L’intenzione, nonostante ciò, era un’altra ed era cattiva.
È diventato chiaro quando hanno cominciato ad appostarsi carri con gli idranti ai lati del Congresso e ad essere dispiegate forze di sicurezza nella spopolata zona azzurra.
Ci sono momenti in cui la Storia diventa invisibile e questo è stato uno.
Bisognava stare a quell’ora in strada per vederla fare la sua magia.
Sedute sull’asfalto, con le coperte sulle spalle e il fazzoletto verde -non era più al collo ma sul viso-, con le guance colorate di porporina -non più allegre ma da battaglia-, centinaia di giovani molto giovani con lo sguardo fisso sul Congresso hanno realizzato insieme un silenzio che ha fatto ardere il gelato spettacolo notturno.
Quanto è durata quella tensione?
Troppo.
L’alba è stata del colore dell’acciaio.
Il Salone dei Passi Perduti ha cominciato ad illuminarsi con le luci dei notiziari che hanno incominciato le loro trasmissioni così come le avevano terminate: dicendo che il risultato era imprevisto.
Nella strada cominciavano a giungere i rinforzi: di due, di venti, di una, di trenta, si sono andate aggiungendo sagome minute, con il medesimo atteggiamento fermo, deciso, quello che senza parole gridava il “esce o esce” che dentro all’aula è suonato come un verdetto.
Le ultime manovre si sono giocate nel campo più infangato: i media lo hanno, propagandosi, trasformato in notizia e la notizia era cattiva.
Si è così cercato di provocare una reazione nella strada per traumatizzare il voto, un’altra volta hanno sbagliato perché un’altra volta la marea verde era preparata: non crede ai media e usa le reti sociali, ma già sa come non essere usata da quelle.
Alle 8.11 un tweet del deputato della Pampa, Sergio Zillotto, ha annunciato che i tre deputati della sua provincia votavano a favore e questo ha disperso tutto il fumo dissipato per costruire le tenebre. Nella marea verde ha avuto un altro impatto: la folla si è messa in piedi, guardando verso quell’orizzonte di pietra che per lei è il Congresso.
Prima che suonassero le 10.00, il Parlamento ha sanzionato a metà l’aborto legale, sicuro e gratuito, tra lacrime, abbracci e canti delle deputate e dei deputati che lo hanno reso possibile.
La marea verde ha festeggiato questo e molto di più.
Ha festeggiato che avevamo mosso quella montagna che chiamiamo democrazia.
Foto: Lina Etchesuri, Nacho Yuchark e Martina Perosa per lavaca
14/06/2018
lavaca
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
“Hacer Historia” pubblicato il 14-06-2018 in lavaca, su [http://www.lavaca.org/notas/hacer-historia-3/] ultimo accesso 15-06-2018. |