“Il paramilitarismo continua ad essere vivo”, afferma il sacerdote Javier Giraldo, esperto di diritti umani


Martha Lucía Gómez

Continuano ancora le azioni paramilitari contro le comunità. Il sacerdote spiega che questo fenomeno ha la sua origine nel 1962 con l’arrivo di una missione nordamericana.

Quella che sarebbe stata un’intervista al sacerdote Gesuita Javier Giraldo Moreno, forse quello che ne sa di più di diritti umani in Colombia, si è trasformata in una conferenza magistrale sulla realtà sociale e politica. Questa è avvenuta l’11 maggio nell’Università di Caldas, dove è giunto a fare una conferenza.

Le domande che gli sono state formulate risulterebbero quasi ovvie di fronte alla conoscenza del conflitto che ha padre Javier, che sembra più un super eroe delle comunità colpite; non con muscoli, tuta, scudo e mantello, ma uno con un corpo piccolino, capelli bianchi, occhiali e vesti scure proprie della sua condizione sacerdotale.

È il super eroe di questa Colombia rurale che ha vissuto e vive in mezzo alla violenza, dato che la pace ancora non arriva: “Ci sono alcune forze dello stato clandestine o semiclandestine, che sono i gruppi paramilitari. Oggigiorno non si tollera che si continui a chiamarli così, ma io continuo a chiamarli paramilitari, perché questo è il termine appropriato”, afferma.

Genesi

Padre Javier parla di due versioni, una ufficiale e un’altra che lui ha indagato.

La prima. Il paramilitarismo che nacque negli anni 80, frutto della decisione di corporazioni economiche, che per difendersi dalla guerriglia costruirono eserciti privati e li finanziarono; dopo giunse il narcotraffico a finanziarli di più.

Quella reale e indagata da lui: Nel 1962, essendo presidente Guillermo León Valencia, giunse in Colombia una missione dell’esercito nordamericano, da una scuola speciale di guerra nella Carolina del Nord, creata dopo la Seconda Guerra Mondiale per mantenere la sicurezza degli Stati Uniti e del suo emisfero. Analizzarono la situazione della Colombia e dettero istruzioni segrete, ordinando ai governi colombiani di incominciare ad addestrare gruppi misti di civili con militari, e di prepararli ad attività terroriste paramilitari per combattere i simpatizzanti del comunismo.

Dice che nel 1962, in Colombia, non c’erano guerriglie né gruppi armati d’opposizione, perché le guerriglie liberali avevano già consegnato le armi. “Il presidente Valencia, un giorno di Natale dell’anno 65, dà corso al Decreto 3398 con il quale cambia il nome del Ministero della Guerra con quello della Difesa, e autorizza la formazione di gruppi di civili come ausiliari della forza pubblica, armati. Lì nasce la base legale del paramilitarismo”.

Aggiunge che si incomincia a configurare una dottrina militare che va concretizzandosi nei cosiddetti Manuali di Controinsurrezione. Il primo, una traduzione di una manuale dell’esercito degli Stati Uniti, pubblicato nel 1963, tutti cercano di coinvolgere la popolazione civile nella guerra, contro tutto ciò che sembra comunismo. “Gli Stati Uniti entrano a dirigere tutto il problema della sicurezza in Colombia e i suoi organismi, con un permesso di permanenza, dapprima di 400 ufficiali dell’esercito nordamericano. Oggi sono per lo meno 800. Si è tornati a riaffermare quel paramilitarismo che fu creato in quell’epoca, con ogni base legale. Anche se il Governo non lo voleva accettare nei dialoghi dell’Avana, ma gli è toccato accettare e redigere un nuovo capitolo al punto tre dell’accordo di pace, quello della lotta contro questo fenomeno che loro chiamano gruppi criminali, alcuni successori del paramilitarismo, ma non paramilitari”.

Certezze

“A dimostrazione, un esempio: nella comunità di pace di San José de Apartadó (Chocó), tre settimane fa si sono trovati contemporaneamente paramilitari e militari nel villaggio Luis Eduardo Guerra, della frazione Mulatos. Pochi giorni fa un ragazzo, che avevano accusato di falsi delitti ed era stato circa tre anni in carcere, raccontava che erano giunti i militari per le denunce della comunità per domandargli: di qui sono passati dei civili armati? Lui ha risposto: no, ma sono da quelle parti, e se voi non state attenti attaccheranno anche voi. Allora, loro -militari- hanno risposto come si azzardava a dire questo se sono molto amici. Questa relazione tra militari e paramilitari, che in molte zone del paese è stata così evidente e comprovata, continua allo stesso modo”.

Padre Javier insiste che bacrim (bande criminali, ndt) è una parola che il Governo ha inventato per cancellare il titolo di paramilitari, perché ne continuano ad utilizzare le forme e i linguaggi, identici al passato; difendendo le politiche governative, le azioni militari, l’ideologia anticomunista e pro-liberale, attaccando e perseguitando i movimenti sociali siano sindacali, contadini e perfino le giunte di azione comunali. “Stanno minacciando di morte o uccidono quelli che protestano o quelli che si oppongono ad un’impresa mineraria. Allora, qual è la differenza con il passato? Non ne vedo nessuna”.

Prove

“La frazione di San José de Apartadó è supermilitarizzata, nonostante le sentenze della Corte che proibiscono che in mezzo alla popolazione civile siano poste delle stazioni di polizia e basi militari. Al tempo del presidente Uribe, in un’estremità posero il bunker della Polizia e in un’altra la base militare, sopra la scuola dei bambini. La comunità se ne andò via da lì il 1 aprile 2005, quando entrarono la Polizia e l’Esercito, e se ne andarono in una proprietà di campagna, e da quel momento la zona ricominciò a ripopolarsi, e la prima ripopolazione è con i paramilitari, dopo è stato con altra gente che giungeva.

“Un famosissimo paramilitare di Apartadó si è stabilito lì, e la polizia e l’esercito passano il tempo parlando in un granaio che lui ha messo a disposizione. Ultimamente la frazione si è andata riempiendo di giovani paramilitari che se la prendono con la comunità. Il 22 dicembre passato un paramilitare ha commentato ad un membro della comunità che avevano un piano per attaccarli e che avrebbero ucciso il coordinatore generale, ma che l’ordine era che questo fatto dovesse avere l’aspetto di una rapina.

“La comunità ha denunciato questo attraverso le reti sociali il 22 dicembre, e il 29 sono giunti  a giustiziarlo. Un primo paramilitare giunge a vedere a che ora entra il coordinatore in un negozio di cacao, e quando si presenta prende il cellulare e avvisa. Giungono gli altri quattro in moto, armati, e incominciano a spingere vari di coloro che stavano vicino affinché entrassero in un piccolo ufficio del cacao per poter cercare denaro e rubare qualcosa.

“Alcuni bambini che erano vicino hanno visto la cosa molto sospetta e hanno incominciato a gridare che stavano entrando i paramilitari. Sono venuti altri e uno ha incominciato a sparare, ma quelli della comunità gli hanno afferrato il braccio e il tiro è andato al suolo. Sono venuti altri della comunità e hanno incominciato a disarmarli e immobilizzarli. Ci sono riusciti con due. Gli altri visto la situazione difficile, hanno preso le proprie moto e se ne sono andati arrabbiati. Ci sono stati vari feriti perché quando hanno visto che gli toglievano il revolver hanno tirato fuori un machete e divincolandosi sono state tagliate varie dita.

“È arrivata la Polizia alla quale li abbiamo consegnati, io ero lì, e la gente ha detto no, voi siete quelli che ci hanno ucciso da per tutto. È giunta la Difensoria e la Procura, e nemmeno hanno voluto consegnarli a loro. Ha chiamato il vicepresidente e il ministro degli interni e abbiamo detto che li avremmo consegnati ad un alto funzionario. Tutto quel pomeriggio lo abbiamo passato in negoziati, l’altro giorno è giunto il viceministro degli Interni, è stata fatta una cerimonia e sono stati consegnati con un verbale.

Sono stati trattati molto bene, gli è stato dato cibo, gli sono state curate le ferite, ma l’altro giorno erano già liberi e tutto il mondo li ha visti nelle strade di Apartadó. La cosa peggiore è che hanno incominciato a minacciare, hanno fatto una denuncia contro la comunità per sequestro, pratica che è in corso. Dicono che sono stati violati i loro diritti umani perché li hanno legati. Questa è la giustizia che abbiamo”.

La sua proposta: il cuore

Ciò che suggerisce padre Javier è toccare il cuore del paramilitarismo, e questo è toccare la relazione tra l’Esercito, la Polizia e questi gruppi, che è ciò che li protegge e gli dà sicurezza.

“L’esperienza di San José ci dimostra che quando avvengono tutte queste atrocità (massacri, scomparse, bombardamenti, distruzione di abitazioni e di coltivazioni) si fa la denuncia, ma tutto è inutile. Non ho mai potuto vedere che gli investigatori andassero ad affacciarsi presso la brigata a domandare chi c’era a prestare servizio in quei luoghi. Per molti anni ho chiesto queste informazioni al Ministero della Difesa, mai me le hanno volute dare. Mi sono rivolto alla Corte Costituzionale che ha ordinato che me le dessero, ma in 10 anni hanno disatteso gli ordini della Corte con scuse come che è un’informazione riservata o che va contro il dovuto processo.

“La Corte tira fuori un’altra ordinanza dicendo che nessun argomento di quelli è valido e che hanno disatteso, ma non l’hanno nemmeno rispettata. Alcuni paramilitari si sono affidati alla Legge di Giustizia e Pace e ad una sentenza anticipata, gli hanno sistemato tutti i crimini, ma non sono paramilitari importanti, i capi continuano a stare lì. Il cuore si toccherebbe quando c’è un crimine, immediatamente si sospende il capo dell’unità più vicina e si fa una rapida indagine per sapere fino a dove c’è stata la complicità, attiva o passiva, di quella unità. E se in una settimana si prova che c’è stata complicità, viene il secondo passo che è la destituzione, ma questo lo hanno eliminato dal piano all’Avana”.

* Javier Giraldo Moreno, sacerdote gesuita, difensore dei diritti umani, fondatore della Commissione Intercongregazionale di Giustizia e Pace, è stato segretario per l’America Latina del Tribunale Permanente dei Popoli, Premio John Humphrey alla Libertà, nel 1997, ha pubblicato tre libri raccontando casi di impunità.

3 giugno 2018

La Patria

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Martha Lucía GómezEl paramilitarismo sigue vivo, asegura el sacerdote Javier Giraldo, experto en derechos humanos” pubblicato il 03-06-2018 in La Patria su [http://www.lapatria.com/manizales/el-paramilitarismo-sigue-vivo-asegura-el-sacerdote-javier-giraldo-experto-en-derechos] ultimo accesso 05-06-2018.

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