Dick & Miriam Emanuelsson

Un poliziotto e sei militari. Questa è oggi la proporzione in Honduras per affrontare le proteste per la “monumentale frode elettorale” del 26 novembre 2017. Nella foto unità dell’Esercito che vanno a reprimere le proteste a Villanueva, all’uscita sud est della capitale verso.

Tegucigalpa / 2018-01-20 / “Qui non c’è legge, costituzione o trattato internazionale che sia rispettato. Qui c’è una spaventosa repressione nello stile dei dittatori come Somoza o Pinochet”, dice il deputato del partito Libertà e Rifondazione (Libre) e coordinatore di Via Campesina in Honduras, Rafael Alegría. Il popolo honduregno vive totalmente indifeso, aggiunge.

Lo abbiamo intervistato durante l’occupazione della strada Panamericana nel quartiere Villanueva, all’uscita di Tegucigalpa verso il Nicaragua. Villanueva è un quartiere combattivo e i suoi abitanti sono la classica espressione di una popolazione che è stata abbandonata da uno stato e da un modello economico che l’hanno lasciata in estrema povertà.

Durante l’occupazione di sabato scorso, l’Esercito e la Polizia Militare hanno sparato proiettili e noi due reporter siamo stati di fronte ai fucili R-15 o AKA-47, nonostante le raccomandazione della rappresentante dell’ONU, che il giorno precedente l’inizio dello Sciopero Nazionale (20-27 gennaio), avesse sollecitato le autorità e il governo honduregno a NON usare le Forze Militari ma la Polizia Nazionale e a non usare le armi da fuoco per controllare l’ordine pubblico.

È stato tutto il contrario.

I militari hanno sparato proiettili vivi, hanno gassato case con “Tetti di Cartone”, cantava il cantautore Ali Primera, e macchine con gas al peperoncino, una sostanza terribile per gli occhi, la pelle e il sistema respiratorio.

Foto: Miriam Emanuelsson

23 gennaio 2018

Resumen Latinoamericano