Haiti: Di fronte ad un governo senza legittimità, in tutto il paese aumentano le proteste


María Torrellas

Intervista a Henry Boisrolin, membro del Comitato Democratico Haitiano, che attualmente risiede a Córdoba, Argentina.

– Haiti sta vivendo un momento complesso perché è scomparsa la MINUSTAH -forza di occupazione dell’ONU-, ma ne è venuta un’altra che è mascherata. In un paese con un governo imposto dagli Stati Uniti, dalle compagnie e che vive una nuova ingerenza, che momento sta attualmente attraversando il tuo paese?

– “La situazione è come l’hai ben descritta. In primo luogo, il quadro dell’occupazione continua, è un cambiamento di nome, nulla di più, e soprattutto l’uscita dei militari, i componenti che la MINUSTAH (Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione di Haiti) aveva, si ritrovano anche dentro la MINUJUSTH: Missione delle Nazioni Unite di Appoggio alla Giustizia di Haiti, che è come si chiama ora il nuovo marchingegno di intervento e tutela verso il nostro paese.

Evidentemente, come in alcune occasioni abbiamo detto, l’attuale presidente non ha legittimità, perché è un uomo che è stato eletto -in elezioni fraudolente-, con dei risultati totali che gli hanno dato circa 400-500 mila voti, su un elettorato di 6 milioni e 200 mila aventi diritto. Fatto che significa che questo uomo non ha legittimità. Sappiamo anche che è la continuità del governo di Martelli e che il popolo non può aspettarsi assolutamente nulla da lui.

Già con le prime misure ha dimostrato che il suo governo ha il progetto di consolidare il neoliberalismo e di consolidare il potere; il neoduvalierismo, questo significa che vogliono rifondare e ricreare le forze armate haitiane sulla medesima base della precedente forza armata haitiana. Ora vogliono installare un Consiglio Elettorale Permanente sulla base del Consiglio Elettorale Provvisorio rifiutato, ripudiato e praticamente non accettato dai tre quarti della popolazione”.

– Parli del dittatore Duvalier e dopo di tutta la sua famiglia.

– “La famiglia Duvalier prese il potere nel 1957 decretando una presidenza a vita. Duvalier prima di morire passò il potere a suo figlio e quest’ultimo fu abbattuto nel 1986, dopo un grande movimento popolare. A partire da lì, questa irruzione delle masse sulla scena politica haitiana, in maggior o minore grado, è sempre stata presente, perché le masse non hanno potuto ottenere realmente dei risultati concreti per quanto riguarda le proprie rivendicazioni. Allora, ad Haiti non è possibile trovare una soluzione ad un qualsiasi problema delle masse, senza rompere le catene della dominazione imperialista. La dipendenza di Haiti è fondamentale per comprendere l’impoverimento del paese. Allora, di fronte a questa situazione, noi non possiamo, da nessun punto di vista, credere che Haiti conoscerà un periodo di pace, di transizione, ecc. Quello è falso. E c’è la presa di coscienza che è nelle strade che si risolve la cosa”.

– Quali sono i punti più importanti che chiedono i settori in lotta di Haiti?

– “I punti in comune che i settori popolari reclamano sono: primo, la rinuncia dell’attuale Presidente, secondo, la fine dell’occupazione, terzo, che ci sia un governo di transizione capace di rispondere ad alcuni punti concreti che il movimento popolare chiede e si fa anche un appello ad una Conferenza Nazionale delle forze politiche-popolari e dopo ad un’Assemblea Costituente”.

– Un’Assemblea Costituente come quella del Venezuela e della Bolivia?

– “Più o meno simile perché sono realtà differenti. Intendendo che la nostra Costituzione del 1987 ha molti difetti, e che è stata anche violata migliaia di volte, i settori popolari credono che in questo momento ci siano nuove sfide che lì non sono state contemplate”.

– Sarebbe da globalizzare nel paese tutta la lotta.

– “Esattamente. Anche il movimento di contestazione, a differenza di altri movimenti degli ultimi anni, ora punta a nazionalizzare il conflitto. Che significa questo? Non solo protestare a Port-au-Prince, ma anche in differenti città”.

– L’idea sarebbe di bloccare tutto il paese, che coloro che sono intervenuti non possano governare?

– “Sì, l’idea è questa, bloccare il paese, perché non c’è una soluzione possibile con questo governo che mente una volta sì e un’altra anche. Agli operai hanno dato un aumento salariale così insignificante, che hanno insultato le necessità della gente. Nel piano rurale succede la stessa cosa, come anche nel piano del lavoro per la gioventù, quotidianamente emigrano centinaia di giovani haitiani verso il Cile, come dire, in un anno l’emigrazione haitiana in Cile ha raggiunto più di 100 mila persone. Questo è tremendo. La fuga dei giovani, per la terribile situazione che attraversa il paese, è qualcosa che non può più essere nascosta, dove guardiamo, la società haitiana è in crisi e non c’è nulla che indichi almeno una illusione o una speranza; allora è una crisi profonda. È per questo che noi facciamo sempre un appello alla solidarietà dei movimenti popolari latinoamericani per poter comprendere che ciò che sta succedendo là non può essere risolto da soli”.

– Come hai ben detto, quando ci accompagnano la situazione diventa meno difficile. Recentemente è stata convocata una grande manifestazione in varie parti del paese.

– “Così è, nella città di Hinche e a Port-au-Prince dove è stata effettuata una mobilitazione con 10 teste, come dire, si è usciti da 10 luoghi diversi convergendo sulla strada che conduce all’aeroporto internazionale, un modo di bloccare il paese nelle sue vie aeree. Allora, si aprono nuove possibilità. Ma stanno reprimendo molto: con gas, proiettili, civili che sono dei privati armati su auto dello stato senza targa e che aprono il fuoco sui manifestanti. È una situazione che ogni volta conduce a maggiori scontri, alcuni stanno anche proponendo la possibilità reale di una guerra civile. Io credo che dobbiamo puntare ad abbattere il governo, a che possa essere formata questa Assemblea Costituente e a scacciare dal paese, una volta per tutte, le forze d’occupazione”.

– Da ultimo Henry, voglio che ci racconti della tua visita a New York al “Museo dei Black Panthers”, che è il Movimento Nero dei 60 che nei quartieri lottò con l’autodifesa, la cultura, e che in quel momento fu decapitato, mettendogli le droghe, facendogli cause assolutamente costruite nelle carceri. Come hai visto la situazione di questi settori lì?

– “Io ho creduto che dopo tanti anni mi sarei incontrato con gente del tutto sconfitta, ed è successo tutto il contrario. Mi sono incontrato con gente che cerca di fare critiche e autocritiche, si sono riorganizzati. Stanno facendo un lavoro politico ad Harlem (nord di Manhattan), dove ora hanno un problema perché lì i cosiddetti “bianchi ricchi” stanno comprando appartamenti e li stanno ristrutturando, come dire, si stanno distruggendo i luoghi emblematici del movimento, un modo di distruggere la memoria, di togliere ai neri quello che avevano come proprio. Loro sono coscienti di questo, allora nei corsi di formazione a cui ho partecipato ho visto che c’è uno studio profondo degli errori commessi dai Black Power. Il ruolo che ha giocato la droga, che come tu hai detto, è stato uno degli elementi utilizzati per distruggere il movimento dall’interno. Oltre alle infiltrazioni che furono fatte e ai limiti di alcuni dirigenti che caddero in una specie di lumpen-proletariato. Tutte queste cose sono state  riproposte e ridiscusse.

Ora, nell’ambito del trionfo di Trump ho visto che la gente sente la necessità di affrontare l’aperto risorgere dal razzismo, che non era sparito negli USA, e questo è molto importante. Ho anche visto con loro che c’è una lettura abbastanza chiara riguardo al contenuto di classe, questo è un salto qualitativo importante, anche nella stessa lettura di Martin Luther King che, anche se all’inizio era per la lotta pacifica, alla fine della sua vita incominciò a vedere anche il tema di classe, forse no a livello di Malcom X, ma fu giustamente a quel punto che decisero il suo assassinio”.

– Sì, a quell’epoca, i settori giovani si andarono radicalizzando e anche Martin Luther King si andò radicalizzando in una lotta oltre che etnica, di classe.

– “Esattamente, io credo che negli USA sia importante vedere questo, e mi sono incontrato con gente che non ha perso la speranza nel senso che tutto avanzi, ogni cambiamento positivo deve partire dalla lotta. Sono stato varie volte nel Centro Culturale e lì ho visto una partecipazione di donne abbastanza interessante, anche con incarichi direttivi. La responsabile della sala del Museo dove sono le foto, è una donna, la preparazione della Conferenza è stata a carico di una donna nordamericana afro.

Ciò che ho visto è stata molto poca partecipazione di gente giovane delle secondarie anche se sì in generale di giovani, e non so con certezza a quali ragioni questo risponda. E un’altra cosa che mi è sembrata interessante è che non ho visto solo intellettuali ma anche lavoratori, allora c’è un contenuto di classe abbastanza interessante. Un’altra cosa che ho osservato nei principali viali di Harlem (Martin Luther King, Malcom X, ecc.), è che a volte in un medesimo isolato, c’erano due chiese, un’altra cosa che è stata imposta per poter influire sulle coscienze della gente che vive lì, mi sto riferendo alle Chiese protestanti che stanno cercando di dominare e controllare gli abitanti di Harlem.

L’Harlem che ho visto ora è abbastanza diverso da quello che avevo conosciuto prima. Ora ho visto un Harlem meticciato, come dire, c’è una politica di espulsione del nero nordamericano dai luoghi emblematici, ma loro stanno resistendo e magari possano avere una giusta vittoria in tutto quello che sta succedendo”.

Proteste di oggi ad Haiti portando le foto delle e dei governanti indesiderati dal popolo:

14 novembre 2017

Resumen Latinoamericano

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
María TorrellasHaití. Ante un gobierno sin legitimidad, aumentan las protestas en todo el país” pubblicato il 14-11-2017 in Resumen Latinoamericanosu [http://www.resumenlatinoamericano.org/2017/11/14/haiti-ante-un-gobierno-sin-legitimidad-aumentan-las-protestas-en-todo-el-pais/] ultimo accesso 16-11-2017.

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