La battaglia più immediata saranno le privatizzazioni di grandi imprese statali, che per i militari è la privatizzazione del patrimonio brasiliano.
La crisi politica brasiliana è un abisso senza fondo. Con il 3% di sostegno popolare il governo di Michel Temer è una barca alla deriva, senza rotta né timoniere. Non cade perché si sottomette alle multinazionali e all’agro-negozio, e perché chiunque verrà sarebbe uguale o peggiore. In questo clima politico, gli alti comandi militari hanno incominciato ad alzare la voce.
In poche settimane tre generali hanno fatto dichiarazioni pubbliche a favore dell’intervento dei militari per dare una soluzione alla crisi. La prima riguarda il generale Hamilton Mourao, che ha detto in pubblico che se le istituzioni non sono capaci di risolvere la crisi politica, “noi dovremo imporre questo”.
Il secondo è stato il generale in riposo Augusto Heleno, che era stato comandante delle forze brasiliane ad Haiti tra il 2004 ed il 2005. Il generale ha appoggiato Mourao, ha avvertito che non doveva essere sanzionato dal Ministero della Difesa e ha minacciato di “portare avanti delle azioni” nel caso che questo fosse suctocesso.
La terza dichiarazione è stata del comandante militare del Sud, la guarnigione più potente, generale Edson Leal Pujol, che ha fatto un appello alla popolazione a scendere nelle strade per chiedere un intervento militare contro la corruzione.
Diversi analisti brasiliani affermano che i militari stanno muovendo le loro pedine prima della possibile destituzione di Temer per corruzione. Alcuni vanno più lontano e affermano che si tratta di bloccare un possibile trionfo di Luis Inacio Lula da Silva nelle elezioni del 2018. In effetti, secondo i sondaggi Lula è il preferito dall’elettorato in tutti gli scenari immaginabili, anche se raccoglie un maggiore rifiuto.
Un analista prudente come l’ex cancelliere Celso Amorim, ha recentemente dichiarato che “nell’attuale scenario il fattore militare ha peso”. Il fatto irrefutabile è che i militari stanno pensando sulla congiuntura politica, qualcosa che è espressamente proibito dalla Costituzione.
La seconda questione è che i militari sono divisi. Il comandante dell’Esercito, generale Eduardo Villas Boas, si è rifiutato di sanzionare il generale Mourao. I militari che hanno fatto delle dichiarazioni a favore di un golpe contro la democrazia non appartengono al medesimo settore di Villas Boas.
Il 26 settembre il comandante dell’Esercito ha citato una riunione con ufficiali generali in servizio e della riserva, alla quale hanno partecipato tre ex comandanti e il capo del Gabinetto della Sicurezza Istituzionale durante i due governi di Lula (2003-2010). Uno degli aspetti centrali è stato “assicurare la coesione, la gerarchia e la disciplina”, fatto che indica che in seno alle forze armate i tre aspetti sono compromessi.
Il terzo elemento da tenere in conto è il sostegno che i militari golpisti hanno in una parte considerevole della società civile. L’ex militare Jair Bolsonaro, con posizioni di ultradestra, marcia secondo i sondaggi dietro a Lula, con il 20% delle intenzioni di voto. Bolsonaro ha fluide relazioni con il settore militare di cui si fa portavoce Mourao, che a sua volta è il referente dei civili che appoggiano un intervento militare.
Nell’ottobre del 2015, Mourao fu sanzionato dall’allora presidente Dilma Rousseff, per dichiarazioni simili a quelle effettuate alcune settimane fa. Era responsabile del Comando Militare del Sud e fu castigato con il trasferimento ad un compito burocratico di economia e finanze. A partire dal quel momento è stato l’icona dei manifestanti contro Dilma. Un enorme pupazzo gonfiabile alto 12 metri, simbolizza Mourao con una fascia presidenziale a tracolla sul petto. A marzo dovrà passare nella riserva e non sono pochi coloro che propongono che sia candidato alla presidenza.
La quarta questione ha origine nell’importanza delle Forze Armate nella recente storia del Brasile. Hanno avuto un’enorme influenza durante la lunga dittatura (1964-1985) e l’hanno persa completamente nella Costituzione del 1988 che li ha relegati al controllo delle frontiere. Mai hanno perso l’appetito che oggi si manifesta nel permanente intervento su temi relativi alla sicurezza pubblica.
Durante il mese di settembre quasi mille soldati sono intervenuti nella favela Rocinha, la più conosciuta ed emblematica di Rio de Janeiro. Come sempre i violenti scontri tra gruppi di narcotrafficanti sono stati la scusa, ma la realtà indica che i militari stanno sperimentando forme di controllo sociale, come trasferendo nelle favelas la loro esperienza nei quartieri poveri di Haiti, acquisita durante la partecipazione alla Missione di Pacificazione delle Nazioni Unite (MINUSTAH).
L’organizzazione umanitaria Giustizia Globale, ha emesso un comunicato con il quale afferma: “Operazioni come questa sono il frutto di una politica genocida di guerra contro le droghe, che viola i diritti degli abitanti delle favelas e vittimizza soprattutto i giovani neri. La logica reale della perpetuazione di questa politica, intanto, ha radici molto più profonde, che includono il lucroso mercato illegale di armi e droghe e la corruzione degli agenti dello stato”.
I militari brasiliani non hanno mai rinunciato a dirigere il paese, in modo diretto o indiretto. Sono stati molto critici con il governo di Fernando de Henrique Cardoso (1996-2002), perché firmò il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) e privatizzò imprese statali strategiche come l’industria aeronautica Embraer, al punto che molti uomini in divisa lo considerano come un “governo traditore”.
Sotto Lula i militari si sono visti favoriti (e le voci critiche neutralizzate) con la definizione della Strategia Nazionale di Difesa che ha iniziato la modernizzazione dell’armamento e la costruzione dei sottomarini nucleari, oggi completamente bloccati.
Dopo la partecipazione di Temer all’assemblea delle Nazioni Unite, le voci contro il presidente sono cresciute in modo esponenziale, giacché ha aderito al “protocollo aggiuntivo” al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) che impedisce ogni sviluppo nucleare del paese. Per un certo tempo i militari più nazionalisti avevano appoggiato Temer perché è riuscito a bloccare la sinistra e l’ambientalismo, giacché sostengono che la difesa dell’integrità dell’Amazzonica è a rischio con il monitoraggio internazionale della sua conservazione ambientale.
La battaglia più immediata saranno le privatizzazioni di grandi imprese statali, come l’Eletrobras, che per molti militari non è altro che denazionalizzare il patrimonio brasiliano. Se qualcuno pensa che ci sarà stabilità in Brasile, dovrà aspettare per lo meno fino al 2019, una volta che si risolverà la successione di Temer nella quale le Forze Armate giocheranno un ruolo decisivo.
Sputnik
09/10/2017
tratto da La Haine
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “Militares al acecho en Brasil” pubblicato il 09-10-2017 in La Haine, su [https://www.lahaine.org/mundo.php/militares-al-acecho-en-brasil] ultimo accesso 16-10-2017 |