È nata una nuova destra adeguata ai tempi dell’estrattivismo e del saccheggio-pirateria contro i popoli; una destra posteriore allo stato del benessere, che non aspira più allo sviluppo, ma a consolidare le disuguaglianze, la segregazione della metà povera, meticcia, indigena e nera del nostro continente. Una destra implacabile che si è formata sul rifiuto di quanto è popolare, della sovranità nazionale, delle leggi e delle costituzioni.
Sul terreno educativo, questa nuova destra cerca di sbarazzarsi dei precedenti impegni, tra i quali la laicità e la libertà di insegnamento, per adeguare il sistema educativo al periodo di guerra e scontro che attraversiamo. L’obiettivo è riprendere il controllo dell’insieme del sistema educativo, dai ministeri fino all’aula, consolidando un’educazione anti emancipatoria, nella quale il controllo della popolazione è l’obiettivo quasi escludente.
12 anni in Brasile fa nacque l’organizzazione non governativa Scuola Senza Partito, molto attiva nelle reti sociali e nei grandi media, strutturata con deputati e consiglieri dei più diversi partiti per far approvare le proprie proposte. Nella sua pagina web (escolasempartido.org/) si può accedere al programma di sei punti intitolato Doveri dei professori, nel quale si evidenzia che il professore non promuoverà in aula le proprie idee, né perseguiterà gli alunni che professano idee differenti, né farà propaganda politico-partitica, si limiterà ad esporre in modo neutro il programma, e conferisce ai genitori la scelta della “educazione morale” che vogliono per i propri figli.
Alcuni “principi” della Scuola Senza Partito sembrano condivisibili. Nonostante ciò, implicano obiettivi che ci fanno retrocedere di più di un secolo. Da un lato, separano tra l’azione di educare e quella di istruire. Per loro l’educazione è responsabilità della famiglia e della chiesa, mentre i professori devono limitarsi a istruire, ossia a trasmettere conoscenza come se questa fosse neutra, astorica, decontestualizzata.
La seconda è ciò che considerano come “indottrinamento” in aula. Parlare di femminismo, omofobia o di diritti riproduttivi, per esempio, sarebbe così come imporre una “ideologia di genere” nelle scuole. Tutto quello che si allontana dalla materia è considerato “indottrinamento”, situazione che nei progetti di legge che ha presentato la Scuola Senza Partito in vari municipi e nei parlamenti degli stati sarebbe considerata come “crimine di molestia ideologica” e “abuso di autorità”, punibili con il carcere e pene aggravate.
Nel comma “per arrestare l’indottrinatore”, nel suo web, appare una lunga lista di situazioni comuni nelle aule, come “diffamare personalità storiche, politiche o religiose”, tra le molte altre. Il docente dovrebbe menzionare Hitler, Pinochet o Mussolini senza altro, come una qualsiasi altra personalità, senza stabilire differenze, lasciando ai genitori l’esclusività di esprimere opinioni. La stessa cosa riguardo ai genocidi, ai femminicidi e così, perché è rigorosamente proibito menzionare valori. Considerano che i dibattiti sulla diversità sessuale, contemplati nei curricula di molti paesi, sarebbero in questo caso “incostituzionali”.
Una delle attività più gravi promosse dalla Scuola Senza Partito è lo spionaggio dell’attività docente per poi denunciarla. Sotto l’epigrafe “Pianifica la tua denuncia”, chiede agli alunni e ai loro genitori di annotare con cura o di filmare i momenti in cui il docente starebbe “indottrinando” gli alunni. Promuovono comportamenti che portano i giovani a trasformarsi in poliziotti dei docenti.
Uno degli obiettivi centrali della nuova destra sul terreno educativo è la svalutazione dei docenti che sarebbero colpevoli di tutti i mali dell’educazione, dal fracasso scolastico fino alla bassa qualità dell’insegnamento. In questo modo riescono a sviare l’attenzione dai problemi strutturali dell’educazione, mirando solo alle conseguenze e occultando le loro cause. Il professore è sempre sospetto di sinistrismo. Parallelamente, pensano che gli alunni non abbiano capacità di formare le loro proprie convinzioni e che debbano essere soggetti all’autorità paterna, ecclesiastica o docente.
Come c’era da aspettarsi, i professori hanno reagito con campagne di denuncia del progetto, che è già stato approvato nello stato dell’Alagoas, Brasile, e sarà affrontato in altri. Ma non dobbiamo dimenticare che quello che propongono in questa fase, non solo in Brasile, è di tappare la bocca al movimento studentesco che è in crescita, in particolare agli studenti della secondaria, che sono quelli meno suscettibili di essere cooptati dalle istituzioni statali e della sinistra elettorale.
In effetti, la crisi politica brasiliana è modellata dalle manifestazioni del giugno del 2013; una crisi che è lontana dall’essersi chiusa con l’illegittima destituzione della presidente Dilma Rousseff. Anche il Cile, il regime neoliberista modello per la sua stabilità, attraversa una crisi di legittimità a causa del potente movimento studentesco, che dal 2011 ha aperto crepe attraverso le quali stanno passando diversi attori sociali. Uno dei più importanti impresari, Andrónico Luksic, riconosce che “il paese sta cadendo” ed evidenzia in questa crisi il ruolo del movimento per l’educazione (goo.gl/qpXIsA).
In altri paesi succede qualcosa di simile. In pieno governo reazionario di Horacio Cartes, in Paraguay, gli studenti si sono mostrati come un potente attore. Nuove nidiate di giovani ribelli sono presenti in quasi tutti i paesi. Senza parlare del Messico, dopo lo spartiacque che è stato Ayotzinapa.
Buona parte degli obiettivi che in Brasile si propone la Scuola Senza Partito sembrano utopie di ordine che contano su scarsi appoggi. Nonostante ciò, non li si deve sottostimare. Quando le crisi politiche si aggravano, appaiono potenti biforcazioni; la destra si toglie il velo per mostrarsi per quello che è: il partito dell’ordine, disposto a passare sopra a tutto. Sono le sinistre quelle che devono decidere se scelgono le istituzioni o di accompagnare le resistenze.
29-09-2016
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “El proyecto educativo de la nueva derecha” pubblicato il 29-09-2016 in La Jornada, su [http://www.jornada.unam.mx/2016/09/29/opinion/019a1pol] ultimo accesso 05-10-2016. |