Inizio della fine dell’Accordo Transpacifico (TPP)


Paul Walder

Una analisi dal Cile.

Il governo cileno, che nello scorso febbraio ha sottoscritto il TPP (Accordo Transpacifico di Cooperazione Economica), aveva in agenda la sua ratificazione da parte del Legislativo entro l’anno, pratica che dopo diversi spostamenti e ostacoli ha cominciato ad essere rinviata, con la possibilità di ripiegare sugli ultimi mesi dell’anno. Gli scenari interni, politico e sociale, si sono rarefatti e quello globale è in un interregno. Le elezioni negli Stati Uniti, che saranno effettuate nel prossimo novembre, saranno una data chiave che definirà il futuro di questo Trattato. Perché è negli USA, fulcro e promotore di questa nuova ondata di trattati commerciali globali, dove si sono dispiegate le maggiori incertezze. I due candidati alla Presidenza, Hillary Clinton e Donald Trump, hanno dichiarato la propria apposizione al TPP, fatto che suggellerebbe la sua sorte.

In questo frangente, il Cile, come pezzo subordinato dell’impero, prima di decidere aspetterà le mosse esterne. Questa è la percezione che hanno nella Piattaforma Cile Migliore senza TPP, ente che riunisce 130 organizzazioni sociali che si oppongono alla ratifica del Trattato. Nonostante questo, secondo la Piattaforma, il Cile non è totalmente libero dal fatto che il trattato entri in vigore, anche con un eventuale rifiuto parlamentare. “Per la sua entrata in vigore, il TPP deve essere ratificato dai Parlamenti di almeno sei paesi sottoscrittori, che devono a loro volta rappresentare almeno l’85% del PIL del totale dei paesi membri. Gli Stati Uniti rappresentano il 67%, ciò implica che sia una condizione necessaria che gli USA approvino il TPP affinché questo entri in vigore”.

L’attuale scenario, che trascende tanto l’azione del Potere Legislativo come, a partire da ora, la capacità di pressione delle organizzazioni, si dispone intorno ai fattori interno e globale. Ambedue i fronti giocano contro questo trattato di ultima generazione, che allargherà la deregolazione dei mercati e rafforzerà la protezione degli investimenti a favore delle grandi compagnie con evidenti e comprovati effetti sui lavoratori e i consumatori.

L’analisi sul fronte interno che effettua Cile Migliore senza TPP punta sul molto sfavorevole clima sociale e politico per il governo, che si presenta poco propizio a continuare a darsi da fare per un trattato commerciale di una tale grandezza e di implicazioni negative per le comunità. Senza dubbio, affermano, un nuovo fuoco del conflitto sociale si aprirebbe per l’Esecutivo. In questo scenario bisogna considerare anche il basso sostegno politico al governo, che agli inizi di agosto ha segnato dei minimi storici, con una presidenza sotto il 19 per cento di appoggio e un gabinetto con uno scarso 13 per cento. Tutto questo aggiunto all’imminente ingresso in un periodo elettorale, che a partire da ottobre in poi, con le elezioni municipali, non darà tregua.

In questo scenario di piccoli conflitti politici e di crescenti mobilitazioni sociali, l’opposizione al TPP, che si estende a più di un centinaio di organizzazioni rappresentative di numerosi territori e settori, ha anche una delle sue molteplici punte poste nel massiccio ripudio cittadino e dei lavoratori alle AFP (imprese amministratrici di fondi pensione, ndt). In mezzo al fragore per un cambiamento del sistema di capitalizzazione individuale, la Fondazione Sol ha avvertito che un’eventuale ratifica del TPP da parte del Congresso sarebbe ancor di più una chiusura alla possibilità di cambiare il modello previdenziale per l’accesso ad un sistema di ripartizione amministrata dallo stato, in quanto il TPP rafforza la protezione degli investimenti stranieri.

Protezioni degli investimenti comunque vada

Nei documenti del TPP conosciuti attraverso WikiLeaks e altre fughe di notizie, uno dei punti più rischiosi che finirebbero con gravi danni ed una effettiva perdita di sovranità degli stati, sono i forti poteri concessi alle compagnie, nella loro grande maggioranza statunitensi. Sotto le norme per la soluzione delle controversie proposte dal TPP, le grandi imprese possono denunciare gli stati di fronte ad un tribunale commerciale internazionale per aver introdotto nuove leggi -da quelle che proteggono il consumatore per dei cambiamenti come vuole la cittadinanza con il sistema delle AFP- che danneggiano i loro investimenti e affari.

La Piattaforma Cile Migliore senza TPP avverte che il meccanismo che il trattato stabilisce permette alle imprese transnazionali di porsi ad un livello di uguaglianza di fronte agli stati e tende a favorire i reclami delle imprese, poiché sono presentati in istituzioni di arbitrato come il Ciadi (tribunale della Banca Mondiale) che oggi si trovano fortemente messi in questione per il loro orientamento a favore delle grandi transnazionali. Questo, perché considerando come base giuridica delle loro decisioni solo i trattati di protezione degli investimenti, lasciano al margine le leggi dello stato accusato e l’altra normativa del diritto pubblico internazionale. Allo stesso tempo, la composizione dei tribunali arbitrali favorisce l’impresa querelante, quella che designa uno dei tre giudici e interviene nella designazione del presidente. Questo succede anche dentro una lista di avvocati la cui obiettività è stata messa in questione, dato che esiste una vera industria dell’arbitrato motivata dagli elevati onorari di questi giudici, a cui si aggiunge che molti di loro sono stati dipendenti di grandi multinazionali, fatto che costituisce un grave conflitto di interesse.

Lo scorso maggio, l’attivista antiglobal Susan George ha fatto una riflessione intorno al fratello gemello del TPP, che è il TTIP (Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti), tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, patto senza dubio più simmetrico di quello arcinoto al quale il Cile si è abbonato. Per la George, questi trattati sono un regalo alle grandi compagnie transnazionali giacché le si dà la libertà di denunciare i governi se non le piacciono le leggi che questi approvano.

Ci sono molti esempi della giudiziarizzazione della protezione degli investimenti anche senza il TPP o il TTIP. Il governo dell’Egitto, cita la George, ha aumentato il salario minimo e allora la Veolia, un’impresa francese, ha denunciato lo stato sentendosi obbligata ad aumentare i suoi costi lavorativi. L’Ecuador, intanto, è stato castigato con una multa di 1.800 milioni di dollari.

Un altro episodio dell’evidente orientamento imprenditoriale è stato il caso clamoroso della Metalclad Corporation contro il Messico sotto le norme del Nafta o Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord. Nel 1997 il tribunale arbitrale ha deliberato contro il Messico a seguito del rifiuto del permesso municipale per iniziare a realizzare un progetto minerario e della decisione dello stato messicano di trasformare la zona in un Parco Nazionale. Allora il Messico fu obbligato a indennizzare danni per 16,7 milioni di dollari.

Il perverso legame TPP e AFP

Il caso delle AFP si adatta alla perfezione a queste condizioni. È un affare che amministra più di 180 miliardi di dollari, concentrando in poche mani e transnazionalizzando. Oggi tre AFP, Provida (MetLife) Habitat (Camera delle Costruzioni) e Capital (gruppo internazionale Sura), amministrano quasi l’80% dei fondi dei lavoratori cileni. Insieme a queste, appare Cuprum (del gruppo internazionale Principal) e Planvital (controllata dal gruppo italiano Generali).

Il TPP migliora senza dubbio la protezione degli investitori incorporando il criterio della legittima aspettativa di guadagno, utilizzato dai tribunali arbitrali per allargare le proprie competenze. Quantunque il TPP chiarisca che il mero fatto che un governo colpisca l’aspettativa dell’investitore non sia sufficiente per costituire un reclamo, il TPP riconosce espressamente che l’aspettativa di legittimo guadagno merita protezione, pregiudicando la posizione degli stati nei processi arbitrali.

Tutto quanto precedentemente detto avrà conseguenze negative per il Cile. Per incominciare, la diminuzione della capacità normativa degli stati. A causa di ciò, diverse organizzazioni, non solo in Cile, ma in tutti i paesi partecipanti, e anche autorità dell’ONU, hanno fatto un appello ad opporsi al TPP.

Il fattore globale

Ma senza dubbio è il fattore estero quello che gioca con più forza contro il TPP. Le dichiarazioni dei due candidati alla Presidenza degli Stati Uniti hanno riconosciuto che il TPP, allo stesso modo degli altri trattati di libero commercio, come lo stesso Nafta, hanno eliminato milioni di posti di lavoro, quelli che sono andati in altre latitudini insieme agli investimenti. Nei loro discorsi, Clinton e Trump -promettendo di rivitalizzare l’economia e la creazione di posti di lavoro- hanno segnalato gli accordi commerciali globalizzatori come il fattore che ha danneggiato l’economia statunitense. Per questo, ambedue si oppongono al TPP.

La Clinton, che guida i sondaggi, ha affermato che, vincendo a novembre, si opporrà al TPP per difendere il lavoro negli USA. “Bloccherò qualsiasi accordo commerciale che distrugga posti di lavoro e ribassi i salari, incluso il TPP”, ha dichiarato in una manifestazione della campagna elettorale, riferendosi alle insinuazioni di poter cambiare opinione una volta che giungesse alla Casa Bianca, dato che lo ha difeso quando era segretaria di stato nel governo di Barack Obama. “Ora mi oppongo, mi opporrò dopo le elezioni e mi opporrò come presidente”, ha insistito.

Nel suo discorso, in una zona un tempo emblematica dello sviluppo industriale statunitense e oggi molto colpita dagli effetti della globalizzazione e degli accordi commerciali, la Clinton ha spiegato una parte del suo piano economico: “Troppe imprese hanno fatto pressioni per ottenere accordi commerciali per poter vendere i propri prodotti all’estero e, al loro posto, si sono trasferite fuori”, con la conseguente perdita di posti di lavoro statunitensi. Come effetto di questo fenomeno, la ricchezza si è concentrata in modo inedito nei padroni del capitale portando a sua volta alla povertà milioni di lavoratori oggi precarizzati e licenziati.

Come misura economica, la Clinton propone di “investire dieci miliardi di dollari nelle associazioni “Fallo negli USA” per appoggiare una rinascita manifatturiera” del paese.

Le proposte, tanto di Trump come della Clinton puntano ad un sostanziale cambiamento nelle politiche economiche degli USA negli ultimi decenni, portate avanti dalle grandi compagnie in cerca di minori costi di produzione con la tutela dei propri governi e degli organismi finanziari internazionali. Queste dichiarazioni, che cercano di conquistare il sostegno elettorale tra gli atterriti lavoratori, senza dubbio vanno contro gli interessi dei grandi capitali, per cui stendono un velo di dubbio sulla sua reale applicazione. Perché è un fatto che la globalizzazione finanziaria, industriale e commerciale ha rafforzato e consolidato le grandi compagnie nordamericane.

Nonostante questo, c’è l’altra faccia, quella che subiamo dal Cile e da tutti i paesi al sud degli Stati Uniti: la concentrazione della ricchezza, l’aumento della disuguaglianza e il malessere sociale. Il TPP, che cerca solo di ampliare queste estreme contraddizioni del capitale, fa scoppiare l’opposizione nel medesimo establishment dell’impero. Ma in paesi dipendenti come il Cile i suoi politici corrotti continuano con un discorso servile ed ingannevole che favorisce solo le grandi compagnie.

Pubblicato in “Punto Final”, Cile, edizione Nº 858, 19 agosto 2016.

24-08-2016

Punto Final

tratto da Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Paul WalderComienzo del fin del Acuerdo Transpacífico (TPP)” pubblicato il 24-08-2016 in Rebeliónsu [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=215851] ultimo accesso 29-08-2016.

 

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